Il sostegno psicologico ai pazienti prosegue anche da remoto
Anche in emergenza Covid, prosegue in presenza o da remoto (on line o telefonicamente) il sostegno psicologico ai pazienti seguiti già dal Servizio di Psicologia Clinica che allarga la sua disponibilità anche agli altri pazienti che ne sentano la necessità
Il Servizio di Psicologia Clinica dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria prosegue l’attività di supporto psicologico, di psicoterapia e di valutazione psicologica in presenza e anche a distanza (on line o telefonicamente).
“Quindi invitiamo tutti i pazienti già seguiti dai nostri psicologi a non disdire gli appuntamenti già fissati e a chiamarci per poter comprendere meglio come poter proseguire con i percorsi avviati”, afferma il dottor Giuseppe Deledda, responsabile del Servizio di Psicologia Clinica.
“La mia équipe tratta prevalentemente pazienti oncologici o con malattie croniche. Comprendo perfettamente il timore di queste persone di recarsi in ospedale – prosegue -. Vorrei però innanzitutto rassicurarli: il “Sacro Cuore Don Calabria” ha messo in atto tutte le misure affinché l’ospedale sia un luogo più sicuro possibile. Tuttavia rimaniamo a disposizione anche per colloqui on line o telefonici. E’ importante proseguire un percorso già avviato, soprattutto in questo momento in cui la recrudescenza della pandemia, e il distanziamento fisico che impone, acuisce l’ansia di coloro che vivono già una malattia”.
Un invito rivolto soprattutto a chi si avvale già del Servizio di Psicologia clinica e ai pazienti dell’Irccs di Negrar, “ma anche a tutti i pazienti che sentono il bisogno di un supporto psicologico. Le modalità e i tempi verranno concordati di volta in volta”, sottolinea il dottor Deledda.
Il numero da contattare è lo 045.6013048 dal lunedì al venerdì dalle ore 10.00 alle ore 13.00. Si può anche scrivere anche all’indirizzo e-mail: psicologia@sacrocuore.it e si verrà quanto prima contattati.
Covid 19: facciamo il punto sui farmaci oggi efficaci
Per il trattamento della Covid 10 non esistono farmaci specifici, ma alcuni farmaci usati per altri patologie si sono dimostrati efficaci. Quali sono? E il plasma autoimmune può essere veramente una soluzione? Il dottor Andrea Angheben, responsabile del reparto di Malattie Infettive e Tropicali, fa il punto sullo sviluppo medico-scientifico nella lotta contro il Coronavirus
La pandemia di COVID-19 ha come non mai messo in evidenza la fragilità dei sistemi socio-sanitari e del processo di produzione delle evidenze scientifiche sulle scelte diagnostiche e terapeutiche. Il tutto, condito con l’appiattimento e la disponibilità delle notizie e delle informazioni al pubblico, ha generato una crisi nella presa di decisioni da parte sia delle autorità di salute pubblica che da parte degli operatori sanitari alle prese con la difficile gestione dei malati di COVID-19.
Tuttavia pur in questo contesto o anzi forse grazie ad esso, vi sono stati degli enormi passi avanti nella diffusione delle informazioni scientifiche: per fare un esempio le riviste scientifiche che normalmente permettono la lettura degli articoli dietro pagamento di una quota, ora offrono gratuitamente la consultazione di qualsiasi articolo che riguardi la nuova pandemia. Inoltre la comunità scientifica si è mossa con straordinaria rapidità e costante sforzo per raccogliere evidenze che possano guidare i sanitari nella loro condotta e la salute pubblica nelle scelte di politica sanitaria.
LE CURE QUASI “MIRACOLOSE”
Abbiamo tutti sentito però parlare di cure efficacissime, se non miracolose durante la prima ondata della malattia, poi smentite. E abbiamo tutti idee discordanti sull’efficacia del plasma iperimmune o sull’immunità di gregge applicata alla pandemia di COVID-19.
TERAPIE CHE SI SONO DIMOSTRATE INEFFICACI
Idrossiclorochina, antiretrovirali (lopinavir ad esempio), azitromicina sono alcuni tra i farmaci utilizzati con tanta speranza nelle prime fasi, ma rivelatisi inefficaci alla prova dei fatti, ovvero quando hanno cominciato ad uscire i dati degli studi più rigorosi (i trials randomizzati controllati).
ALLORA PERCHE’ SONO STATE IMPIEGATE?
Allora perché i medici li hanno utilizzati inizialmente? Si deve sapere che la scelta di questi farmaci si è basata sulle evidenze allora disponibili ovvero sul fatto che in vitro (cioè in laboratorio) questi farmaci avevano dimostrato di essere in grado di inibire o uccidere il SARS-CoV-2 (l’agente patogeno causa di COVID-19) e inoltre vi era una esperienza pluriennale nel loro utilizzo per altre patologie, per cui la preoccupazione per eventuali eventi avversi era ridotta. Infine la conoscenza dello sviluppo della malattia COVID-19 (la patogenesi) confortava nella scelta di tali farmaci: gli antivirali bloccano la replicazione del virus, gli agenti immunomodulanti controllano la tempesta infiammatoria correlata all’azione virale che conduce alla difficoltà respiratoria eccetera.
I TRE FARMACI CHE HANNO DATO RISULTATI
Alla prova dei fatti però, come dicevo, è emerso che solamente tre farmaci, attualmente in uso, hanno degli effetti positivi: il remdesivir, un antivirale sviluppato per i virus a RNA, primo tra tutti l’Ebola-virus; l’eparina a basso peso molecolare che contrasta il rischio di formazione di coaguli tipico della malattia e il cortisone, che ha degli effetti benefici nel ridurre la mortalità da COVID-19 contrastando il processo di danno polmonare.
IL PLASMA AUTOIMMUNE
Il plasma iperimmune contiene anticorpi contro il virus, raccolti e concentrati da donatore e sviluppa la sua azione inibendo il virus. Ci sono due grossolane nozioni che però vanno condivise: la prima è che per trattare un caso di COVID-19 è necessario raccogliere plasma da più donatori, quindi non si può aspettare che questa terapia sia per tutti…; la seconda è che il contrasto all’azione virale è maggiormente esercitato nelle fasi iniziali di malattia che come tutti sanno cominciano con quadro asintomatico o poco sintomatico, ma perde di significato una volta che sono innescati i processi infiammatori che conducono all’espressione clinica più severa della patologia. La cura pertanto andrebbe somministrata per tempo e ciò non è così semplice come sembra. Detto questo, nonostante i tentativi fatti di utilizzare il plasma iperimmune e di collocarne l’uso quando si ritiene più giusto, le prove degli studi randomizzati controllati (tre pubblicati sinora) ci dicono che non è chiaro se causi un beneficio nel ridurre la mortalità e vi sono stati degli eventi avversi anche gravi che non è escluso possano essere correlati al plasma stesso. Insomma ancora non sappiamo, ma sono 138 gli studi clinici in corso.
GLI STUDI DELL’IRCCS DI NEGRAR
L’IRCCS Sacro Cuore è impegnato in vari studi che riguardano COVID-19 in particolare con l’obiettivo di definire l’accuratezza dei test diagnostici (per una diagnosi affidabile e sicura) e l’efficacia di alcuni farmaci (ivermectina, remdesivir). Lo studio COVER che mira a valutare la sicurezza dell’ivermectina (utilizzata a dosaggio antivirale nell’adulto con COVID-19 non ricoverato in ospedale) e la riduzione della carica virale, è attualmente in corso. Lo studio RCT-TCZ, coordinato dall’Azienda USL-IRCCS di Reggio Emilia si è invece recentemente concluso ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista JAMA Internal Medicine. Lo studio mirava a definire l’efficacia del farmaco tocilizumab, indicato come efficace anche nel ridurre la mortalità in precedenti studi metodologicamente meno rigorosi. L’indagine ha coinvolto 24 centri in Italia ed ha arruolato 126 pazienti. Purtroppo è stato interrotto anche prima del completamento degli arruolamenti perché le evidenze raccolte non hanno mostrato l’efficacia del tocilizumab somministrato precocemente (cioè appena il paziente mostrava di iniziare ad aggravarsi) nel prevenire la progressione della malattia rispetto alle cure classiche che non prevedono il farmaco.
Questo è un risultato negativo agli occhi dei più, ma è comunque importante perché ha permesso di evitare l’utilizzo in futuro di un farmaco non efficace (inizialmente raccomandato come miracoloso) e di definire ancora più precisamente quanto non si possa prescindere da un approccio rigoroso ad una patologia insidiosa come COVID-19.
Dr. Andrea Angheben
Responsabile del reparto di Malattie Infettive e Tropicali
Familiari dei pazienti Covid: orari per contattare i medici
Per i colloqui con i familiari, i medici del reparto Covid sono disponibili tutti i giorni dalle 12.30 alle 13. E’ premura dei medici contattare direttamente i familiari qualora le condizioni cliniche del loro caro subissero delle modifiche, richiedendo cure più intensive
L’intensificarsi dei ricoveri di pazienti affetti da Covid 19, costringe i medici che li hanno in cura a ridurre il tempo a disposizione per il colloquio con i familiari. E’ premura degli stessi medici avvisare i famigliari delle condizioni cliniche dei pazienti, soprattutto qualora queste si modifichino e siano richieste cure più intensive. I medici sono comunque contattabili tra le ore 12.30 e le ore 13.00 al numero 045.6013111 chiedendo il reparto di Malattie infettive e Tropicali
“Siamo consapevoli dei possibili disagi, ma chiediamo la comprensione di tutti i familiari affinché possiamo condurre il nostro lavoro nel migliore modo possibile”, afferma il dottor Andrea Angheben, responsabile del reparto del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali
La gestione del drenaggio dopo l'intervento al seno
Le infermiere della Chirurgia Senologica mostrano in un video i corretti passaggi per effettuare lo svuotamento del serbatoio collegato al drenaggio, offrendo alle pazienti un supporto per una procedura che può tranquillamente essere eseguita autonomamente e a domicilio fino alla prima visita di controllo
Dopo la dimissione e il ritorno a casa, la donna operata al seno dovrà gestire il drenaggio della ferita fino alla prima visita di controllo. Il tubo di drenaggio fuoriesce da un piccolo foro a livello dell’ascella, dove è fissato con un punto che ne assicura l’ancoraggio. Tale tubo è connesso ad un serbatoio di raccolta, che sarà necessario svuotare giornalmente, al mattino, fino al giorno prima della visita. Lo svuotamento del drenaggio non è un’operazione complessa e la paziente può svolgerla autonomamente al proprio domicilio, seguendo l’apposita procedura.
Nel video qui sotto le infermiere della Chirurgia Senologica del “Sacro Cuore”, diretta dal dottor Alberto Massocco, mostrano in modo dettagliato i passaggi da effettuare per una corretta gestione del drenaggio.
Indicazioni e consigli a cura della Chirurgia Senologica si possono trovare anche nel libretto allegato qui sotto.
Pandemia: il "Sacro Cuore" passa da 14 a 40 posti letto Covid
In risposta all’evolversi della pandemia, il “Sacro Cuore Don Calabria” amplia il numero dei posti letto dedicati ai pazienti Covid 19. Si passa da 14 a 40. Così suddivisi: 30 di Malattie Infettive, 7 di terapia semintensiva e 3 di terapia intensiva
In risposta all’evolversi della pandemia, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar si sta organizzando per l’ampliamento del numero dei posti letto dedicati ai pazienti Covid 19.
A partire da martedì 3 novembre, i posti letto passeranno dagli attuali 14 a 40. Così suddivisi: 30 di Malattie Infettive, 7 di terapia semintensiva e 3 di terapia intensiva. L’ampliamento è stato stabilito in accordo con l’assessore regionale alla Sanità, Manuela Lanzarin, e il direttore dell’Ulss 9, Pietro Girardi.
“Il ‘Sacro Cuore Don Calabria’, ospedale privato accreditato, fa parte integrante della rete ospedaliera veneta e come tale effettua un servizio pubblico – spiega l’amministratore delegato, Mario Piccinini -. Come è successo nella prima ondata della pandemia, anche in questo momento di recrudescenza siamo in prima linea per offrire risposte qualificate al territorio veronese e veneto”.
L’ospedale, pur incrementando i posti letto Covid, prosegue l’attività ordinaria medica, chirurgica, diagnostica, materno-infantile e ambulatoriale.
Dall’inizio della pandemia sono attive tutte le misure anti-contagio all’ingresso principale della struttura e ogni paziente prima del ricovero viene sottoposto a tampone molecolare. Al Pronto Soccorso sono stati predisposti percorsi separati per i pazienti sospetti Covid.
“Stiamo facendo ogni sforzo per rendere l’ospedale il più sicuro possibile, affinché chi ha bisogno di accertamenti, terapie e controlli non rimandi per la paura di contrarre il virus. Per molte patologie, soprattutto quelle oncologiche e cardiologiche, il tempo fa la differenza”, conclude il dottor Piccinini.
La riabilitazione dopo l'intervento al seno: gli esercizi in un video
Una mobilizzazione precoce e l’esecuzione costante di alcuni semplici esercizi permettono un rapido recupero delle funzionalità dopo l’intervento al seno. Nel video vengono mostrati questi esercizi con alcuni utili consigli da seguire per le pazienti operate
Dopo l’intervento al seno è fondamentale iniziare precocemente il percorso di riabilitazione, così da recuperare in modo tempestivo le funzionalità temporaneamente compromesse dall’operazione. Si tratta di esercizi che le pazienti possono tranquillamente eseguire a casa, seguendo le istruzioni del medico.
In questo video promosso dall’Unità di Chirurgia Senologica del Sacro Cuore, diretta dal dottor Alberto Massocco, in collaborazione con i professionisti del dipartimento di Riabilitazione, vengono mostrati gli esercizi consigliati alle pazienti operate. Fanno eccezione le pazienti che si sono sottoposte a ricostruzione mammaria, per le quali prima di iniziare la riabilitazione è fondamentale un consulto con il chirurgo plastico di riferimento.
Indicazioni e consigli a cura della Chirurgia Senologica si possono trovare anche nel libretto allegato qui sotto.
Ricercatrici del Sacro Cuore indagano sul perché il Covid colpisce più gravemente gli uomini
L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è centro coordinatore per l’Italia del Progetto di studio “Sex Difference”, ideato da Ilaria Capua, la nota virologa italiana. L’obiettivo? I protocolli di trattamento in base al sesso ed evidenze scientifiche per pianificare le misure di controllo dell’epidemia
L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria è centro coordinatore per l’Italia del Progetto di studio “Sex Difference”, ideato da Ilaria Capua (nella foto allegata), la nota virologa italiana, direttore dell’One Health Center dell’Università della Florida. Lo studio multicentrico si pone come obiettivo di scoprire le ragioni per cui se, come è accaduto in Italia, quello femminile è stato il sesso maggiormente colpito dall’infezione Covid-19 (dei 209.013 casi diagnosticati entro il 30 aprile, il 53,3% sono donne- fonte dell’Istituto Superiore della Sanità), secondo le casistiche internazionali i casi più gravi e i decessi sono in prevalenza maschili. Un dato confermato anche nel nostro Paese dove il rapporto di mortalità per l’infezione da Coronavirus è di circa 3:1 a favore delle donne.
“Sex Difference” ideato da Ilaria Capua
“Sex Difference” rientra in un progetto più ampio chiamato “E-ellow Submarine”, un sottomarino elettronico di pensatori provenienti da tutto il mondo che già durante i momenti più critici della pandemia si sono riuniti virtualmente (via Zoom), per trovare nuove linee guida in grado di condurre a una migliore gestione e preparazione delle crisi sanitarie. Quindi sotto la lente di ingrandimento sono finiti non solo la differenza di genere, ma anche il clima, gli animali, la vaccinazione contro l’influenza… fattori che potrebbero aver contribuito all’andamento dell’infezione. I gruppi di studio non sono formati solo da medici, ma anche da biostatistici, matematici, analisti, biologi…
L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria capofila per l’Italia
Per quanto riguarda l’Italia, allo studio hanno aderito per il momento anche l’Humanitas Ospedale di Milano e il Policlinico di Monza, ma il gruppo è aperto a nuove collaborazioni e progetti. All’ospedale di Negrar è stata assegnata anche una borsa di studio all’interno del “One Health Leonardo Followship program” dell’University of Florida per una biologa, la dottoressa Michela Deiana, che si dedicherà allo sviluppo del progetto.
Obiettivo: protocolli di trattamento in base al sesso
“Identificare le differenze con le quali il virus si manifesta (clinicamente e per quanto riguarda gli esiti) in base al sesso del paziente assume una importanza rilevante per definire i protocolli di trattamento e per pianificare le misure di controllo dell’epidemia”, spiega la dottoressa Anna Beltrame (nella foto a sinistra), infettivologa del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia e principale sperimentatore italiano dello studio a cui collabora anche la dottoressa Lucia Moro (nella foto a destra), sempre di Negrar. Non a caso più di una volta, in occasione dei numerosi interventi televisivi, la dottoressa Capua ha proposto che le prime a ritornare al lavoro dopo il lockdown fossero proprio le donne.
Le donne si infettano di più, ma meno gravemente
“Sia il sesso che il ruolo sociale influiscono sulla patogenesi delle malattie virali – prosegue -. Le donne sono più esposte alla infezioni, perché in genere sono loro ad occuparsi dell’accudimento dei familiari e il numero di donne impegnate come operatore sanitario è superiore a quello degli uomini. Ma il sesso femminile sviluppa l’infezione con un grado di gravità minore rispetto agli uomini”.
Non solo genere, ma anche ruolo sociale e stili di vita
Un ruolo lo hanno anche gli stili di vita. “Il decorso del Covid 19 è influenzato dalla presenza di altre patologie, tra cui diabete di tipo 2, ipertensione, malattie cardiovascolari – prosegue –. Queste condizioni sono prevalenti negli uomini e sono collegate a stili di vita più prettamente maschili (tabagismo, consumo eccessivo di alcol, sovrappeso)”. A marcare ancora di più la differenza interviene la risposta immunitaria, sia innata che acquisita, più efficace nelle donne. Non a caso le malattie autoimmuni colpiscono maggiormente il sesso femminile. “Alla base di una diversa risposta immunitaria ci sono gli effetti degli ormoni sessuali che variano nel corso della vita modificando la suscettibilità e la risposta clinica alle infezioni”.
Tuttavia poiché c’è ancora molta incertezza riguardo ai fattori rilevanti e ai potenziali meccanismi coinvolti nell’infezione SARS COV 2, “l’analisi di una corte di pazienti dal ricovero alle dimissioni (o al decesso) potrebbe fare chiarezza sull’argomento”, sottolinea Beltrame.
Studio retrospettivo con 1.600 pazienti
“Le strutture italiane arruoleranno 1.600 pazienti ricoverati per Covid 19 dal 20 febbraio al 30 maggio 2020 – continua l’infettivologa –. Trattandosi di uno studio retrospettivo, le informazioni sullo stato clinico al momento dell’ingresso in ospedale, sulle malattie in atto o pregresse, sugli stili di vita e sulla storia personale dei pazienti saranno tratte dalle loro cartelle cliniche. Il confronto sarà fatto su classi di età omogenee, avendo già osservato che le differenze sul decorso della malattia tra maschi e femmine sono più marcate nei giovani adulti”.
Degli oltre 1.600 pazienti arruolati, 400 saranno oggetto di studio anche per quanto riguarda i campioni sangue congelato donati dagli stessi pazienti a scopo di ricerca durante il ricovero. “Saranno testati il livello di alcuni ormoni (estradiolo, progesterone, testosterone e deidroepiandrosterone) per verificare quanto essi abbiano un ruolo protettivo nella donna in età fertile”, conclude la dottoressa Beltrame. I campioni di siero forniti da tutte le strutture aderenti allo studio saranno analizzati presso l’IRCCS di Negrar.
Covid, con mascherine e distanziamento la carica virale è fino a mille volte più bassa
Sono stati citati anche dal Washington Post i risultati dello studio dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria condotto su quasi 400 pazienti che si sono rivolti al Pronto Soccorso da marzo a maggio, ribadendo che più bassa è la quantità di virus ricevuta al momento del contagio, meno gravi sono i sintomi della malattia
Più bassa è la quantità di virus che riceviamo al momento del contagio, meno gravi potranno essere i sintomi della malattia. Una tesi ribadita a sostegno dell’utilizzo della mascherina, dell’igiene frequente delle mani e del distanziamento fisico e dimostrata per la SARS e la MERS, ma solo supposta finora per quanto riguarda il nuovo Coronavirus. A supportarla scientificamente arriva però uno studio dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona), appena pubblicato su Clinical Microbiology and Infection e presentato in anteprima alla conferenza sul Coronavirus promossa alcune settimane fa dalla Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive. I risultati dell’indagine sono stati citati anche dal Washington Post nell’ambito di un’inchiesta sul calo di mortalità da Covid 19 nel mondo (vedi servizio del Tg2 in fondo a questo articolo).
Quella realizzata dal team di ricerca del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e microbiologia, diretto dal professor Zeno Bisoffi, è un’analisi retrospettiva sui 373 pazienti che hanno avuto accesso al Pronto Soccorso dal 1 marzo al 31 maggio. L’obiettivo era quello di verificare se la diminuzione della carica virale avesse influito non solo sul numero assoluto di pazienti Covid che si sono rivolti al Pronto Soccorso, ma anche sulla gravità della malattia.
“A metà marzo marzo il Paese è entrato in lockdown e il nostro pronto soccorso nello stesso mese ha registrato 281 accessi di persone positive che sono scese di oltre un terzo (86) in aprile e a 6 a maggio”, spiega l’infettivologa Dora Buonfrate (a destra nella foto). “Nello stesso periodo la percentuale dei pazienti per i quali si è reso necessario un ricovero in terapia intensiva è passata dallo 6,7% a marzo, 1,1% ad aprile e 0 a maggio”.
“Inoltre da marzo a maggio abbiamo rilevato con l’analisi molecolare sui tamponi naso-faringei una quantità di virus anche mille volte inferiore. Cosa che conferma quanto supposto da studi precedenti: una bassa carica virale corrisponde a una malattia meno grave”, prosegue la biologa Chiara Piubelli, responsabile della ricerca biomedica (a sinistra nella foto).
Questa progressiva diminuzione non può essere imputata né alla tempistica con cui è stato effettuato il tampone né alle terapie messe in atto sui pazienti. “L’intervallo di tempo tra l’insorgenza dei sintomi e il test molecolare non è cambiato significativamente nel tempo – precisa Piubelli -: una media di 7 giorni a marzo e di 5 giorni ad aprile. Inoltre la gestione del paziente è stata parzialmente modificata nel corso della pandemia, ma la valutazione clinica utilizzata per decidere il ricovero in ospedale e in terapia intensiva è rimasta sostanzialmente la stessa”.
A fare la differenza invece sono state le misure di blocco che, creando un ambiente a bassa trasmissione del virus, hanno determinato manifestazioni cliniche meno gravi. “Una conclusione che conferma la validità delle misure di contenimento del virus: uso della mascherina, igiene frequente delle mani e distanziamento fisico. Solo così possiamo ridurre la carica virale sui contagiati e fare in modo che il sistema sanitario non vada in crisi per il ricorso agli ospedali, in particolare alle terapie intensive. E insieme scongiurare nuove drastiche misure di chiusura”, sottolinea la dottoressa Buonfrate.
Ma il virus non può aver subito mutazioni? “Studi precedenti hanno rilevato mutazioni genetiche del virus, ma non per quanto riguarda la sua contagiosità”, concludono le due ricercatrici.
Test Covid: a cosa servono le diverse tipologie
Molecolari, antigenici e sierologici. Rapidi e non rapidi. Tampone o su sangue. Si moltiplica la tipologia dei test Covid 19. Ognuno ha la sua indicazione e devonono essere impiagati a seconda dello scopo, diagnostico o epidemiologico. Si attende la validazione dei test molecolari su saliva
Si moltiplica ormai la tipologia dei test Covid, creando anche un po’ di confusione nell’opinione pubblica, soprattutto in questa fase in cui la diagnostica ha un ruolo fondamentale nel tracciamento dei positivi per il contenimento della diffusione del virus. Facciamo un po’ di chiarezza.
TEST MOLECOLARE
Il test molecolare è il gold standard per la diagnosi di infezione. Il campione ottenuto da tampone oro-rino-faringeo viene analizzato con metodiche di biologia molecolare real time RT-PCR (Reverse Transcription-Polymerase Chain Reaction) che rileva geni specifici dell’RNA di SARS-CoV-2. L’analisi viene eseguita in Laboratori individuati dalle autorità sanitarie regionali, uno di questi è il Laboratorio di Microbiologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Per avere l’esito sono necessarie dalle 2 alle 6 ore. Sono in fase di validazione test molecolari sulla saliva, molto più semplici per quanto riguarda la raccolta del campione.
TEST ANTIGENICO
Il test antigenico ricerca le proteine (antigeni) di SARS-CoV-2 su tampone rino-faringeo, sfruttano la metodica lateral flow (Immuno-cromatografia su card) con lettura ottica o fluorimetrica. I tempi di risposta sono molto brevi (circa 15 minuti), ma la sensibilità e specificità di questo metodo sono inferiori a quelle del test molecolare. Emerge quindi la necessità di confermare i positivi con un ulteriore tampone molecolare.
In ragione della sua rapidità, l’indicazione all’uso di questo test è per la tracciabilità dei contatti, per circoscrivere un eventuale focolaio epidemico, o quando molte persone debbano essere sottoposte a screening in breve tempo.
Fanno parte di questi test genici anche i test salivari per la ricerca dell’antigene del SARS-CoV-2. Il vantaggio di questi test è rappresentato dal campione, la saliva, che può facilmente essere raccolta, rendendo più semplice e beneaccetto il prelievo, specie nei bambini. Un piccolo svantaggio è legato alla necessità di processare il campione in Laboratorio per ottenere performances analitiche migliori e paragonabili al test antigenico rapido da tampone.
TEST SIEROLOGICO
I test sierologici ricercano nel sangue gli anticorpi anti SARS COV 2 (IgA, IgG e IgM), quindi non sono indicati per la diagnosi di infezione in atto, in relazione al tempo della comparsa di questi anticorpi in circolo rispetto al momento del contagio, ma possono essere utili per studi di prevalenza di malattia nella popolazione. I test sierologici “rapidi” sfruttano la metodica lateral flow (Immuno-cromatografia su card), su sangue ottenuto da digito-puntura, a lettura ottica o fluorimetrica. I tempi di risposta sono di circa 15 minuti, ma generalmente sensibilità e specificità sono insoddisfacenti. I test sierologici “classici” vengono eseguiti, invece, in Laboratorio, prevedono un prelievo di sangue e sfruttano metodiche ELISA o CLIA o IFA. Sensibilità e specificità sembrano essere migliori rispetto ai test sierologici rapidi.
Ha collaborato il dottor Antonio Conti, direttore del Laboratorio di analisi cliniche e medicina trasfusionale
Al "Sacro Cuore " senza il pensiero del parcheggio
Con i 318 posti auto del nuovo ingresso unico dell’ospedale, sale a oltre 600 posti la capianza delle aree parcheggio di Negrar. Un obiettivo raggiunto grazie alla collaborazione tra il “Sacro Cuore Don Calabria” e il Comune della Valpolicella per consentire alle tante persone che ogni giorno si rivolgono alla struttura ospedaliera di parcheggiare in piena comodità
Sono 318 i nuovi posti auto che l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria ha attivato con l’apertura del nuovo ingresso di viale Rizzardi. Questi vanno ad aggiungersi ai 70 già esistenti del parcheggio “Sacro Cuore” di via Salgari, portando il “sistema parcheggi” di Negrar a una capienza di 608 posti, di cui oltre 200 comunali. I parcheggi, distribuiti su 5 aree, hanno il costo di 1 euro all’ora e sono tutti gratuiti per le persone disabili munite di tesserino.
Lo sviluppo nel tempo di diverse aree di parcheggio è frutto della collaborazione tra Comune e Ospedale, con l’obiettivo condiviso di migliorare l’accoglienza degli ospiti che giungono a Negrar per i più svariati motivi, non solo di salute. Tuttavia l’esigenza di nuovi posti auto è diventata più pressante con l’incremento progressivo dell’attrazione sanitaria da parte del “Sacro Cuore Don Calabria”, con molti pazienti che arrivano anche da fuori regione.
“Il nuovo ingresso unico del “Sacro Cuore Don Calabria” è stato concepito mettendo al centro le esigenze e il confort del paziente – spiega l’amministratore delegato, Mario Piccinini -. E la possibilità di parcheggiare in totale comodità influisce non poco sulla serenità di chi si reca in ospedale. Inoltre con i nuovi parcheggi abbiamo voluto dare anche il nostro contributo al miglioramento della viabilità del paese per il quale stiamo collaborando con l’amministrazione comunale da tempo”.
“La positiva collaborazione con la Direzione dell’Ospedale e con i tecnici sta portando ancora una volta importanti e significativi risultati per il nostro territorio con la sistemazione della mobilità vicina alla struttura ospedaliera – afferma il sindaco Roberto Grison -. Il servizio che oggi offre l’Ospedale è oggi riconosciuto e apprezzato anche fuori dai confini regionali, e vede un incremento importante di richieste. La risposta che abbiamo dato è la diretta conseguenza del grande lavoro e della qualità del nostro servizio sanitario. A questo i primi grandi meriti”.
PARCHEGGIO SAN GIOVANNI CALABRIA
L’ingresso del nuovo parcheggio “San Giovanni Calabria” si trova in via Ghedini e si raggiunge prendendo la quarta uscita della grande rotonda con la Meridiana. Per la maggior parte coperto, è composto da 3 piani interrati collegati direttamente – tramite scale o ascensori – al piano terra dell’ingresso unico dell’ospedale e al piano 1 dove sono collocate rispettivamente le accettazioni/prenotazioni per viste ed esami e il Centro prelievi/donatori di sangue con l’area pre-ricovero. Il “San Giovanni Calabria” è munito di telepass (al piano – 1 e – 2) e per facilitare le operazioni veloci (come il ritiro dei referti o lo stesso prelievo) è gratuito per i primi 15 minuti. Il costo è di 1 euro all’ora e 30 centesimi ogni quarto d’ora successivo. In ogni piano di parcheggio sono disponibili delle carrozzine per coloro che hanno difficoltà di deambulazione. Altre carrozzine si possono trovare all’ingresso, dove è presente del personale dedicato all’accoglienza.
PARCHEGGIO COMUNALE VIA GHEDINI
Lo stesso costo anche per il parcheggio comunale di via Ghedini che si trova di fronte al “San Giovanni Calabria, con 112 posti auto scoperti.
PARCHEGGIO COMUNALE VIALE RIZZARDI
Sempre comunale è l’area parcheggi di viale Rizzardi, a fianco del nuovo ingresso unico dell’Ospedale, dotata di 88 posti e il costo della sosta è di 1 euro all’ora.
PARCHEGGIO “SACRO CUORE” E PARCHEGGIO COMUNALE VIA SALGARI
Nei pressi dell’ospedale “Sacro Cuore”, in via Salgari, si trovano il parcheggio coperto dell’ospedale (70 posti) e quello scoperto comunale (20 posti). Il primo, con pagamento all’uscita, ha lo stesso costo del “San Giovanni Calabria” e del comunale di via Ghedini.