Quel fastidioso dolore alla radice del pollice causato dalla rizoartrosi

L’artrosi che colpisce l’articolazione del pollice può diventare assai “invalidante”, rendendo difficoltose anche le più normali attività quotidiane. L’ortopedico Michele Pavoni spiega quali sono i sintomi e le terapie più indicate, chirurgiche e non, per affrontare questa patologia.

Si chiama rizoartrosi, dal greco ‘riza’ che significa radice. Infatti è un’artrosi che si sviluppa alla radice del pollice, coinvolgendo l’articolazione trapezio-metacarpale. “Si manifesta con dolore e difficoltà a svolgere semplici gesti quotidiani come aprire un barattolo, la portiera dell’auto o girare una chiave. Nei casi più avanzati, quando l’usura meccanica della cartilagine comporta un conflitto anatomico tra metacarpo e trapezio, la patologia può diventare veramente invalidante”, spiega il dottor Michele Pavoni, ortopedico specialista della chirurgia della mano e dell’avambraccio presso l’Ortopedia e la Traumatologia, diretta dal dottor Claudio Zorzi (vedi foto in fondo).

Dottor Pavoni, quali sono i soggetti più a rischio di sviluppare questa patologia?

La rizoatrosi ha un’incidenza maggiore nella popolazione femminile, soprattutto nella fascia di età post-menopausale, in particolare se è presente l’osteoporosi. Ma di fatto non è un evento raro nemmeno tra i pazienti giovani, soprattutto lavoratori manuali o pazienti con lassità legamentosa. Anche se nelle persone dopo i 60 anni tutte le radiografie evidenziano una struttura più severa a carico di questa articolazione.

Perché l’articolazione del pollice è più soggetta ad artrosi rispetto alle altre della mano?

L’articolazione trapezio-metacarpale subisce dal punto di vista meccanico una sollecitazione più severa rispetto alle altre, proprio per la sua funzione di opponibilità. La sua conformazione a ‘sella’ è unica nel nostro corpo ed è strutturata in modo tale per cui ogni chilo di pressione esercitata sul polpastrello del pollice corrisponde a 13 chili sull’articolazione trapezio-metacarpale.

Si sviluppa principalmente nella mano dominante?

Nella grande maggioranza dei casi il problema si manifesta prima nella mano dominante, ma non è una regola assoluta. Ho trattato situazioni in cui l’usura della cartilagine era più accentuata nella mano controlaterale. Inoltre non sempre esiste una correlazione tra il grado di degenerazione e il grado di dolore. In altre parole la radiografia può mostrare una degenerazione veramente severa, ma il paziente lamenta un dolore accettabile. Viceversa, ci sono situazioni in cui lo stadio di usura non è elevato ma la sintomatologia è invalidante.

Può manifestarsi in entrambe le mani?

E’ quasi sempre bilaterale e questo è dovuto al fatto che alcuni morfotipi costituzionali sono più soggetti a sviluppare la patologia rispetto ad altri.

Una volta diagnosticata quali sono le terapie?

L’approccio è conforme al grado di usura della cartilagine. Negli stadi precoci, sono indicate le terapie fisiche, in particolare le diverse forme di elettroterapia antalgica come Tecar, laserterapia e ultrasuoni. Inoltre è indicato l’utilizzo di un tutore specifico che ha come obiettivo quello di ridurre al massimo la frizione articolare. Sempre nell’ambito delle cure conservative possiamo avvalerci di terapie infiltrative.

In cosa consistono?

Si tratta di una o più iniezioni di un farmaco a livello dell’articolazione. Inizialmente, in fase preliminare, può essere impiegato l’acido ialuronico, ma poi si può procedere con il gel piastrinico (PRP) o con il lipogems, una procedura di nuova generazione estremamente promettente che si serve delle cellule mesenchimali contenute nel tessuto adiposo al fine di ridurre l’infiammazione e rallentare il processo degenerativo dell’articolazione. Sono terapie efficaci, ma con un limite. Mentre per le grandi articolazioni, come il ginocchio o l’anca, si ha un volume articolare tale da poter iniettare una quantità di farmaco adeguata al difetto della cartilagine, per quanto riguarda l’articolazione trapezio-metacarpica, soprattutto nelle fasi di artrosi più avanzate, il volume articolare è talora virtuale.

Quando si ricorre alla chirurgia?

Nel momento in cui le terapie conservative non siano più efficaci e la situazione diventi veramente invalidante sia dal punto di vista sintomatico sia per quanto riguarda l’uso dell’articolazione.

Quali sono gli approcci chirurgici?

La soluzione chirurgica descritta per prima, ma che in casi selezionati è ancora attuale, è l’artrodesi. Cioè la “fusione” dell’articolazione in modo tale che il trapezio e il metacarpo diventino un unico segmento. E’ una procedura indicata negli stadi di usura abbastanza precoci e in particolare nei lavoratori manuali. La tecnica chirurgica prevede che le estremità del metacarpo e del trapezio vengano regolarizzate, in modo da potersi accoppiare anatomicamente e in una posizione funzionale. L’accoppiamento così ottenuto va quindi stabilizzato con mezzi di sintesi – fili, cambre, viti – per consentire la ‘fusione’ delle ossa. Questa procedura ha però un limite: andando a sacrificare la mobilità dell’articolazione trapezio-carpale, il dolore scompare, ma vengono sovraccaricate le articolazioni adiacenti. Quindi nel tempo può essere necessario un nuovo intervento. Tutte le altre soluzioni chirurgiche prevedono invece l’eliminazione dell’interfaccia trapezio-metacarpale. Nel nostro ospedale oltre all’artrodesi effettuiamo l’artroplastica in sospensione o la sostituzione protesica dell’articolazione.

Artoplastica

L’intervento consiste nella rimozione parziale o totale del trapezio e attraverso una plastica tendinea si garantisce stabilità al metacarpo. Mentre l’impianto di protesi prevede invece la sostituzione dell’articolazione, come avviene per esempio per il ginocchio, l’anca e la spalla. Sono comunque tutte tecniche chirurgiche mininvasive e gli interventi vengono tutti effettuati in anestesia generale o in anestesia del plesso, in pratica viene ‘addormentato’ il braccio. Dal punto di vista estetico normalmente si ottiene un buon risultato.

E’ necessaria la riabilitazione?

Al fine di un buon recupero funzionale, la fisioterapia post operatoria riveste un ruolo molto importante e deve essere fatta.


I sonographer: tre nuove figure per il Laboratorio "europeo" di Ecocardiologia

Il Laboratorio di Ecocardiografia, a cui è stato rinnovato l’accreditamento europeo, si arricchisce di tre nuove figure, poco conosciute in Italia: sono i sonographer, tecnici sanitari dedicati all’esame ecocardiografico. Eseguono autonomamente l’indagine diagnostica, il cui referto spetta sempre al medico

Si chiamano sonographer e sono tecnici sanitari dedicati all’esame ecocardiografico, professionisti ormai presenti da anni nel sistema sanitario di molti Paesi europei, ma emergenti in Italia. L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria è il primo ospedale nella provincia di Verona a servirsi di queste figure presso il Laboratorio di Ecocardiografia afferente alla Cardiologia, diretta dal dottor Giulio Molon, con ricadute positive sulle liste di attesa per una prestazione molto richiesta. I tre sonographer sono un ulteriore elemento di eccellenza per un Laboratorio che recentemente ha ricevuto il rinnovo dell’accreditamento da parte della Società Europea di Imaging Cardiovascolare già ottenuto nel 2014.

“L’ecocardio è un esame ecocardiografico di primo livello per la diagnosi di molte delle patologie del cuore – spiega la dottoressa Laura Lanzoni, responsabile del Laboratorio -. I sonographer lo eseguono autonomamente secondo una sequenza stabilita e standardizzata da linee guida internazionali. Spetta comunque sempre al medico, disponibile in ogni momento dell’esame, la stesura del referto dopo aver effettuato una sorta di ‘controllo di qualità’ dell’esame eseguito o dopo averlo integrato se necessario”.

Per diventare sonographer è necessario frequentare un corso di laurea e successivamente un master universitario in tecniche ecocardiografiche di primo livello, al quale possono accedere tecnici perfusionisti e di radiologia o laureati in scienze infermieristiche. “Con l’introduzione di tre sonographer abbiamo praticamente azzerato le liste di attesa per i pazienti ricoverati che possono così accedere all’esame in tempi brevissimi durante il ricovero nel momento in cui viene richiesto dal medico e abbiamo ridotto quelle per i pazienti esterni – sottolinea la dottoressa-. Inoltre, cosa molto importante, il cardiologo, sgravato dall’incombenza delle numerose ecocardiografie, può dedicarsi a esami di secondo livello come l’ecostress o gli eco transesofagei”.

Per i sonographer sono disponibili corsi tecnico-pratici organizzati sia dalla Società Italiana di Ecocardiografia sia dall’European Association of Cardiovascular Imaging (EACVI), la stessa Società scientifica che ha rinnovato l’accreditamento europeo al Laboratorio di Ecocardiografia di Negrar. “Siamo molto orgogliosi di questa riconferma che è un’ulteriore garanzia di sicurezza per il paziente che afferisce al nostro Laboratorio – sottolinea la dottoressa Lanzoni –. Il rinnovo è il risultato soprattutto dell’accreditamento individuale di molti degli otto medici che lavorano presso il Laboratorio, quindi di un percorso articolato e impegnativo dal punto di vista dei singoli cardiologi. Un percorso che per il medico richiede molto studio e il superamento di un esame composto da uno scritto e due prove tecnico-pratiche, mentre per il Laboratorio entrano in campo anche requisiti strutturali e di dotazioni tecnologiche. Nel 2014, quando abbiamo ottenuto la certificazione, erano solo 5 i centri in Italia ad avvalersene, oggi sono 9”.

Nella foto da sinistra: dottoressa Clementina Dugo, dottor Luca Ghiselli, dottoressa Laura Lanzoni (responsabile del Laboratorio di Ecocardiografia), dottor Andrea Chiampan, dottor Stefano Bonapace, Michele Urban (sonographer), Sara Bulgari (sonographer), dottor Giulio Molon (direttore della Cardiologia), dottoressa Elena Giulia Milano e Nicoletta Andreassi Dal Ben (sonographer)


Il Papa: "Il sostantivo 'persona' viene sempre prima dell'aggettivo 'malata'"

Si rivolge così Papa Francesco agli operatori sanitari nel Messaggio per la Giornata Mondiale dell’ammalato che si celebra in tutto il mondo domani 11 febbraio. Un appuntamento che sarà celebrato anche dalla Cittadella della Carità con una Messa presso la Cappella dell’Ospedale Don Calabria

Domani, 11 febbraio, si celebra in tutto il mondo la XXVIII Giornata mondiale del malato. E’ stata istituita nel 1992 da San Giovanni Paolo II che ha scelto come data la memoria liturgica della Madonna di Lourdes. L’11 febbraio del 1958, infatti, è il giorno in cui la Vergine apparve per la prima volta a Bernadette Soubirous nella cittadina ai piedi dei Pirenei, meta ogni anno di milioni di pellegrini, tra cui moltissimi ammalati.

Papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata si rivolge agli ammalati (“Gesù guarda l’umanità ferita. Egli ha occhi che vedono, che si accorgono, perché guardano in profondità, non corrono indifferenti, ma si fermano e accolgono tutto l’uomo, ogni uomo nella sua condizione di salute, senza scartare nessuno, invitando ciascuno ad entrare nella sua vita per fare esperienza di tenerezza”) e agli operatori sanitari. A quest’ultimi dice: “Nell’esperienza del limite e del possibile fallimento anche della scienza medica di fronte a casi clinici sempre più problematici e a diagnosi infauste, siete chiamati ad aprirvi alla dimensione trascendente, che può offrirvi il senso pieno della vostra professione. Ricordiamo che la vita è sacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabile e indisponibile”. Alleghiamo il messaggio completo

Anche la Cittadella della Carità celebra questa giornata con una Messa che si terrà nella Cappella dell’Ospedale Don Calabria alle 16, presieduta da don Luca Masin, parroco di Negrar. L’iniziativa è promossa dal Consiglio Pastorale Ospedaliero, dal Gruppo di volontariato Fr. Francesco Perez-Ospedale di Negrar, dal gruppo Unitalsi e la Caritas parrocchiale.

Messaggio di Papa Francesco

Coronavirus: tra scienza e fake news

L’epidemia di nuovo coronavirus (2019-nCoV) ha scatenato (non solo sui social) “una grave infezione” di false notizie., che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito ‘Infodemia”. Nell’articolo alcune tra le più frequenti domande riguardo alla nuova infezione virale proveniente dalla Cina

In questo momento siamo di fronte a una pandemia di infezione da nuovo Coronavirus?

Attualmente non è in atto una pandemia propriamente detta, in quanto questa implica la diffusione rapida di un virus in varie aree geografiche del mondo. Siamo di fronte ad un’epidemia con un focolaio epidemico nella città cinese di Wuhan, con alcuni focolai endemici in altre parti della Cina e la presenza di casi sporadici nel resto del mondo, quasi tutti d’importazione.

Quali differenze ci sono rispetto all’epidemia di SARS e di MERS?

Questa epidemia è simile a quelle precedenti – quella della SARS nel 2002 e della MERS a partire dal 2012 – in quanto ha come protagonista un coronavirus, che ha avuto come fonte un animale ed è passata all’essere umano, e quindi ha assunto le caratteristiche di un’infezione che si diffonde tramite goccioline emesse con tosse o starnuti da una persona malata. Si differenzia dall’epidemia provocata dalla SARS e della MERS (partita dall’Arabia Saudita), per il minore tasso di mortalità. Il 2019-nCoV (o nuovo coronavirus) ha un tasso di decessi del 3%, contro il 10% della SARS e il 30% della MERS. Tuttavia, rispetto a queste ultime, pur non avendo un’alta mortalità, la nuova infezione è una malattia che comporta un grosso impegno del sistema sanitario, nel senso che il 25-30% delle persone contagiate si aggravano al punto tale da richiedere il ricovero e, in molti casi, le cure intensive. Pertanto la preoccupazione nasce dal fatto che ogni Paese deve essere pronto, nell’ipotesi in cui si sviluppasse localmente un’epidemia, ad accogliere in ospedale un alto numero di pazienti.

Il virus è trasmissibile da persone asintomatiche?

E’ stato dimostrato in letteratura che la malattia può essere trasmessa anche da soggetti pochi giorni prima di sviluppare i sintomi. Tuttavia dalla curva epidemica si deduce che le persone asintomatiche hanno un ruolo marginale rispetto alle persone con sintomi nella diffusione del contagio. Un dato confortante, altrimenti dovrebbero essere isolati anche coloro che non manifestano problemi di salute e ciò sarebbe difficile da attuare.

Chi sono i soggetti più a rischio? È vero che nei bambini sotto i 15 anni il virus risulta meno pericoloso e violento?

Per quanto riguarda i bambini e i ragazzi, non possiamo ancora dire con certezza se hanno un rischio meno elevato di contrarre l’infezione. Quello che possiamo dire, in base al basso numero di ricoveri pediatrici, è che i bambini non sviluppano gravi complicanze respiratorie. Forse acquisiscono il virus, ma manifestano la malattia in maniera più lieve. Tra gli adulti i soggetti più a rischio non tanto di contrarre il virus, ma di sviluppare complicanze anche gravi a livello respiratorio, sono, come succede per l’influenza, le persone sopra i 65 anni di età e i malati affetti da patologie croniche, oncologiche e in stato di immunodeficienza.

Non si trovano più mascherine nelle farmacie. Ma è un dispositivo utile in questo momento?

La mascherina è sempre utile per prevenire il contagio se ad indossarla è il malato. Una regola che vale per tutte le patologie a trasmissione respiratoria. La presenza delle mascherine nelle sale di attesa dei Pronto Soccorso e l’invito ad indossarle se si ha febbre, tosse o raffreddore non è dovuta alla cosiddetta emergenza coronavirus, ma a una normale misura di prevenzione che dovremmo attuare tutti soprattutto nella stagione influenzale.

I prodotti made in China possono trasmettere il virus?

No, gli oggetti realizzati in Cina non presentano nessun rischio di trasmissione

E’ pericoloso frequentare bar, ristorati e negozi gestiti da cinesi? Il cibo cinese può essere un veicolo di contagio?

Le evidenze scientifiche attuali dimostrano che il virus non si trasmette per via alimentare. Inoltre in Europa è vietata l’importazione di animali vivi o di carne cruda dalla Cina. In Italia i casi di infezione sono d’importazione. Pertanto se un cinese non è stato nelle zone a rischio è contagioso quanto un italiano. Qualsiasi forma di discriminazione nei confronti della comunità cinese o asiatica oltre ad essere immotivata, è una grave forma di inciviltà.


Ciascuno di noi può fare qualcosa per sconfiggere il cancro

Il 4 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata contro il cancro. Un momento per sensibilizzare l’impegno di tutti nella lotta di questa malattia, dai governi alle singole persone. Si può iniziare rispettando di più la nostra salute e mettendo in pratica le 12 regole della prevenzione

I am and I will”: Io sono, io farò. È questo il motto della Giornata Mondiale contro il cancro 2020, che si celebra, come ogni anno, il 4 febbraio. Con questo motto viene sottolineata l’importanza dell’impegno individuale nella lotta contro il tumore, attraverso piccoli gesti quotidiani (stili di vita salutari) fino all’impegno all’interno di Associazioni di pazienti e al confronto con le Istituzioni.

L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Cancer Care Center, e Fondazione AIOM, di cui è presidente il direttore dell’Oncologia Medica di Negrar, Stefania Gori, aderiscono alla giornata promossa dall’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC), organizzazione non governativa che rappresenta associazioni impegnate nella lotta ai tumori in oltre 160 Paesi.

Una campagna mondiale per creare consapevolezza e fare cultura a proposito di tumori, prevenzione e ricerca scientifica, con l’obiettivo di spingere i governi – così come le singole persone – ad attivarsi e mobilitarsi nella lotta contro il cancro. Uno sforzo che consente di salvare milioni di vite anche grazie a piccole azioni quotidiane.

Nel 2019 in Italia sono stati diagnosticati 371mila nuovi casi di tumore, il 40% dei quali, potrebbero essere evitati seguendo uno stile di vita sano: no al fumo, alimentazione corretta e attività fisica costante.

LE 12 REGOLE DELLA PREVENZIONE

1. Non fumate: il 30% di tutti i tumori è collegato al consumo di tabacco

2. Non consentite che si fumi a casa vostra

3. Moderate il consumo di alcol: l’unica vera bevanda indispensabile per l’organismo è l’acqua. È necessario berne almeno 1,5/2 litri al giorno

4. Seguite una dieta sana ed equilibrata

  • consumate regolarmente frutta e verdura (soprattutto crude), legumi, pane, pasta, riso ed altri cereali integrali;

  • limitate i cibi molto calorici (ricchi di zucchero e di grassi);

  • evitate le bevande zuccherate;evitate le carni conservate;

  • limitate le carni rosse cotte alla brace;

  • limitate i cibi ricchi di sale

5. Praticate attività fisica moderata almeno 5 volte la settimana

6. Mantenete un peso corporeo sano (l’obesità e l’elevata assunzione di grassi costituiscono importanti fattori di rischio da evitare)

7. Non utilizzate lampade solari: in questo modo è possibile ridurre il rischio di melanoma e di altri tumori cutanei

8. Proteggetevi dalle malattie sessualmente trasmissibili: è bene utilizzare sempre il preservativo durante i rapporti occasionali

9. Evitate l’uso di sostanze dopanti: steroidi anabolizzanti comportano un aumento del rischio di tumori, in particolare a fegato, prostata e reni

10. Fate partecipare i vostri bambini ai programmi di vaccinazione per:

  • Epatite virale B, per i neonati

  • Papillomavirus (HPV), per gli adolescenti

 11. Per le donne:

  • allattare al seno riduce il rischio di cancro: se puoi, allatta il tuo bambino;

  • la terapia ormonale sostitutiva in post menopausa può aumentare il rischio di tumore.

12 Partecipate ai programmi di screening organizzati di diagnosi precoce per:

  • Tumori del colon-retto

  • Tumori della mammella

  • Tumori della cervice uterina


L'Opera Don Calabria si prepara al dodicesimo Capitolo

Nella primavera 2020 si svolgerà il dodicesimo Capitolo Generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, Congregazione fondata da San Giovanni Calabria alla quale appartiene anche l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria.

Con l’assemblea della Famiglia calabriana in America Latina di lingua spagnola, in corso in questi giorni a Buenos Aires, si conclude la fase degli incontri preparatori al XII Capitolo Generale dei Poveri Servi della Divina Provvidenza. Un’assemblea analoga si era tenuta lo scorso 24 gennaio anche in Italia, coinvolgendo i rappresentanti di tutte le Case europee della Congregazione, tra cui l’IRCCS di Negrar.

Il Capitolo Generale, intitolato “La profezia della comunione”, si svolgerà nella prossima primavera e chiamerà a raccolta 38 religiosi provenienti da tutte le missioni calabriane, insieme a 27 laici collaboratori e 11 religiose Povere Serve della Divina Provvidenza. Per l’ospedale di Negrar parteciperà il presidente fratel Gedovar Nazzari, che è anche Economo Generale dei Poveri Servi.

L’inaugurazione del Capitolo sarà a San Zeno in Monte, presso la Casa Madre dell’Opera Don Calabria, nel pomeriggio di domenica 3 maggio con una solenne celebrazione eucaristica. A seguire i capitolari si trasferiranno a Casa Tabor in San Zeno di Montagna dove si svolgeranno i lavori assembleari. Durante la prima settimana religiosi, religiose e laici lavoreranno insieme confrontandosi con stile sinodale sulle sfide che attendono l’Opera nei prossimi anni, cercando le strade più adeguate ai tempi attuali per annunciare il Carisma di don Calabria, ovvero l’annuncio del Regno di Dio fatto attraverso la vicinanza ai poveri e ai sofferenti.

La seconda parte del Capitolo sarà riservata ai religiosi che dovranno esprimersi sulle questioni più strettamente correlate alla vita della Congregazione. In questa fase ci saranno anche le elezioni per il Casante e il Consiglio Generale. L’evento si concluderà domenica 24 maggio nuovamente a San Zeno in Monte.

Il Capitolo, nel diritto canonico, è un’assemblea di religiosi dotata di personalità giuridica e autorità normativa. Si tiene ogni sei anni ed è l’occasione per verificare l’andamento della Congregazione e programmare il futuro, rinnovando gli incarichi e dando le linee di sviluppo per il successivo sessennio. La particolarità del Capitolo 2020 è che la Congregazione ha scelto di coinvolgere profondamente nel cammino preparatorio non solo i religiosi, ma anche i laici e le religiose che compongono la Famiglia calabriana nel mondo, promuovendo un percorso sinodale che rappresenta già un preludio a quel tema della comunione che sarà al centro dei lavori assembleari veri e propri.

Per maggiori informazioni si può consultare il sito dell’Opera Don Calabria: http://www.doncalabria.it/xii-capitolo-generale-65/


Nuovo coronavirus: ecco cosa sapere

Facciamo chiarezza sul nuovo coronavirus nato in Cina che sta diffondendo preoccupazione in tutto il mondo. Quali sono i rischi in Europa? Come si manifesta? Cosa dobbiamo fare se abbiamo in programma un viaggio all’estero? Rispondono alle domande il prof. Zeno Bisoffi e il dottor Andrea Angheben infettivologi del nostro Ospedale

Che cos’è il coronavirus 2019-nCov
Il coronavirus 2019-nCoV appartiene alla vasta famiglia dei coronavirus, chiamati così perché hanno la forma visibile al microscopio simile a una coroncina. I coronavirus sono noti in quanto sono causa di patologie banali come il raffreddore, ma anche molto gravi e contagiose come la Sindrome Respiratoria Mediorientale (MERS) e la Sindrome Acuta Grave (SARS). Il 2019 nCoV è un nuovo ceppo di coronavirus mai identificato prima nell’uomo.

Come nasce?
I coronavirus vengono veicolati all’uomo dagli animali. Per la SARS, nel 2002 sempre in Cina, sono stati gli zibetti. La MERS, invece, ha avuto come ospite intermedio il dromedario (Arabia Saudita 2012). Per il nuovo CoV il punto di partenza è stato identificato con il mercato all’ingrosso di frutti di mare e animali vivi della città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. Qui il 31 dicembre del 2019 sono stati segnalati all’OMS dei casi di polmonite da causa ignota. Il virus è stato identificato dal punto di vista genetico poco dopo dal CDC ( Centers for Disease Control) cinese.

Ha affinità con la SARS?
Essendo un coronavirus, geneticamente è simile, ma non uguale, al virus della SARS e a quello della MERS.

Come si trasmette?
Per via respiratoria come accade sostanzialmente per l’influenza.

Quali danni provoca?
Come tutti i coronavirus, il nuovo si presenta con febbre. Nei casi più gravi il paziente può andare incontro a complicazioni respiratorie che possono rivelarsi anche mortali.

Ci sono farmaci per curare questa infezione?
La malattia può essere trattata come i gravi casi di influenza, con terapie di supporto per combattere i sintomi e le complicanze. Ma contrariamente a quanto accade per l’influenza, non disponiamo per il momento di antivirali specifici.

Che rischi corriamo?
Il rischio che il virus si diffonda in Europa non può essere escluso a priori. Per questo sono state adottate anche in Italia dal ministero della Salute – su indicazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – misure sanitarie di prevenzione. A cominciare dagli aeroporti. Tra le misure preventive sono comprese anche quelle che devono adottare le Unità di Pronto Soccorso di ogni ospedale.

Quale procedura ha adottato il “Sacro Cuore Don Calabria”?
Al Pronto Soccorso sono disponibili in sala d’aspetto delle mascherine che devono essere indossate dal paziente che lamenti febbre o sintomi respiratori. Questo a prescindere che sia stato in Cina, perché, non dimentichiamo, che siamo in periodo di influenza e anche l’influenza è contagiosa e può comportare delle complicanze. Se invece il paziente presenta febbre, sintomatologia respiratoria ed è stato nelle zone a rischio negli ultimi 14 giorni o è stato esposto a un caso del nuovo coronavirus viene interpellato l’infettivologo e attivato immediatamente il processo di isolamento e cura nelle stanze apposite a pressione negativa. Diversamente se lo stesso paziente presenta un’infezione polmonare severa (SARI), sempre secondo le indicazioni del Ministero della Salute recepite dalla Regione, deve essere trasferito in terapia intensiva e appena possibile per quanto riguarda il Veneto nella terapia intensiva dell’Azienda Ospedaliera di Padova.

Come comportarsi quando si deve viaggiare?
Ci sono delle regole igieniche che dovrebbero essere rispettate sempre e in particolare quando si viaggia. La prima regola è lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con soluzioni alcoliche. Poi coprirsi sempre la bocca quando si tossisce e si starnutisce e una volta gettato il fazzoletto lavarsi le mani. Per ridurre l’esposizione alle malattie respiratorie, è bene evitare il contatto ravvicinato quando è possibile con chiunque mostri sintomi inerenti a queste patologie.

E per chi deve andare nelle zone a rischio?
In questo momento sarebbe opportuno posticipare i viaggi. Se questo non è possibile, è raccomandabile vaccinarsi contro l’influenza stagionale almeno due settimane prima della partenza per abbassare il rischio di contrarre il virus influenzale ed evitare di recarsi in mercati in cui si vendono animali vivi e prodotti alimentari sempre di origine animale. Nel caso di insorgenza dei sintomi rivolgersi – durante il viaggio o entro 14 giorni dal rientro – subito a un medico

Esiste un vaccino?
Il virus è stato isolato da pochi mesi, serve del tempo per sviluppare un vaccino

 

Prof. Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia e associato all’Università di Verona
Dottor Andrea Angheben, responsabile delle degenze del Dipartimento di Malattie Infettive e Tropicali e Microbiologia


Da tutta Italia per vedere da vicino le potenzialità di "Unity"

Un giorno dedicato alle potenzialità di “Unity”, l’innovativo sistema di radioterapia dotato di RM. Al “Live Day” di domani parteciperanno radioterapisti oncologici da tutta Italia e relatori internazionali. “Finora abbiamo trattato 30 pazienti. e i risultati sono più che soddisfacenti“, afferma il professor Alongi

Un “Live Day” tutto dedicato a “Unity”, il nuovo macchinario di Radioterapia utilizzato dall’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria dallo scorso ottobre. Venerdì 24 gennaio, 80 esperti provenienti da tutta Italia avranno la possibilità di assistere dal vivo ad alcuni trattamenti di radioterapia ad alta precisione, grazie a un acceleratore lineare integrato con una Risonanza Magnetica ad alto campo (1,5 Tesla), unico nel suo genere in Sud Europa.

“Unity” consente al radioterapista oncologo di monitorare e correggere in tempo reale la posizione e le caratteristiche del bersaglio tumorale da colpire con alte dosi di radiazioni e dei tessuti sani circostanti da proteggere. Il piano di cura viene così personalizzato, adattato e ottimizzato alle circostanze di ogni seduta.

“Finora sono stati sottoposti a terapia 30 pazienti, venti affetti da tumore alla prostata e dieci con metastasi nell’addome e pelvi. E i primi risultati sono soddisfacenti”, afferma Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata di Negrar e professore associato all’università di Brescia.Ai primi controlli, i pazienti con tumore alla prostata hanno avuto un significativo calo dei livelli di PSA nel sangue, mentre gli altri sono in attesa di esami diagnostici. Non si sono verificati episodi di grave tossicità e il ciclo di sedute per la prostata ha avuto una durata di solo 5 giorni contro alcune settimane con la radioterapia tradizionale. Ci sono tutti i presupposti per confermare che questo sistema innovativo possa essere, in casi selezionati, un’alternativa non invasiva all’intervento chirurgico”, sottolinea il radioterapista oncologo.

La giornata di studio di venerdì si svolgerà in due parti. Durante la mattinata si terranno alcune presentazioni sull’utilizzo di “Unity” nel mondo, moderate da Umberto Ricardi, presidente di Estro, la Società Europea di Radioterapia. Interverranno la dottoressa Alison Tree del Royal Marsden Hospital di Londra; il dottor Arjun Shagal del Saunnybrook Hospital di Toronto, mentre il professor Alongi e il dottor Ruggero Ruggeri illustreranno l’esperienza di Negrar rispettivamente dal punto del vista clinico e del fisico sanitario (vedi programma allegato).
L’evento si chiuderà con la visita alla sala dove è collocata “Unity” per i trattamenti live di alcuni pazienti.

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Le maculopatie: cause, diagnosi e cura

L’Oculistica del “Sacro Cuore” è stata protagonista stamattina del programma Tutta Salute di Raitre. La dottoressa Grazia Pertile in studio e il dottor Antonio Polito in collegamento da Negrar hanno parlato di diagnosi e terapia delle maculopatie

Cosa sono le maculopatie? Quali sono i sintomi e i fattori di rischio? Quanto è importante la diagnosi precoce e quali sono i più moderni trattamenti per affrontare queste patologie? Nel video la dottoressa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica, e il dottor Antonio Polito, responsabile dell’Attività di Retina Medica, rispondono a queste domande durante la trasmissione di Raitre “Tutta salute” condotta dal giornalista Michele Mirabella.


Pronto Soccorso del

Al Pronto Soccorso del "Sacro Cuore" record di accessi nel 2019

Pronto Soccorso del

Nell’anno appena concluso il Pronto Soccorso di Negrar ha raggiunto quasi 51mila accessi, oltre 9mila rispetto al 2016 Il primario Stefanini: “Numeri che indicano una crescita dell’attrattiva dell’ospedale: i cittadini sanno di trovare nella nostra struttura la risposta ai loro bisogni di salute”

Quasi 10mila accessi in più in tre anni. E’ il trend di crescita registrato dal Pronto Soccorso dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dal 2016 al 2019: l’anno scorso, infatti, si è chiuso toccando quota 50.972, con un incremento di 9.576 accessi rispetto a tre anni fa. Un record per l’Ospedale di Negrar e per l’équipe di 15 medici diretti dal dottor Flavio Stefanini.

 

A mio parere l’incremento del numero di accessi è determinato da più fattori concomitanti”, spiega il direttore del Pronto Soccorso di Negrar. Innanzitutto l’aumento fisiologico di accessi in tutti i Pronto Soccorso italiani, che ha raggiunto la media annua del 6-7%. La stragrande maggioranza sono codici bianchi e verdi, che per quanto riguarda la nostra struttura nel 2019 sono stati rispettivamente il 43,5% e il 44,7% del totale degli accessi”. La prevalenza di casi non complessi che arrivano in Pronto Soccorso non è sicuramente un fenomeno nuovo. “Da un lato esiste sicuramente un problema di uso improprio del Pronto Soccorso da parte del cittadino. Dall’altro è anche vero che il cittadino non sempre trova risposta in tempi relativamente rapidi sul territorio, quindi si reca nelle strutture di emergenza anche quando di emergenza non si tratta”.

 

Da un fattore di ordine nazionale a uno locale. “Il ridimensionamento del Pronto Soccorso dell’Ospedale Orlandi di Bussolengo – prosegue – ha comportato nell’ultimo anno un allargamento del bacino di utenza del nostro reparto di emergenza e anche un numero maggiore di casi complessi. L’anno scorso i codici rossi sono stati lo 0,5% (nel 2016 erano lo 0,3%) e i codici gialli l’11,1% (2016: 9,6%). Mi preme però sottolineare che abbiamo avuto maggiore affluenza anche da zone i cui Pronto Soccorso sono a pieno regime, come per esempio Verona capoluogo”.

 

Un indicatore, quest’ultimo, che rileva, per il dottor Stefanini, “una crescita dell’attrattiva del nostro ospedale in generale – sottolinea il dottor Stefanini -. L’eccellenza raggiunta, in particolare per quanto riguarda alcune patologie, ha generato un incremento di afflusso al Pronto Soccorso da parte dei cittadini che sanno di trovare nella nostra struttura un certo tipo di risposta”. Una risposta anche per quanto riguarda la tempista: nell’anno appena concluso la media di permanenza dei pazienti in Pronto Soccorso è stata di 2 ore e 46 minuti, mentre per quanto riguarda l’OBI (Osservazione Breve Intensiva), che prevede la permanenza fino a 48 ore prima delle dimissioni o del ricovero, la media è stata di 9 ore e 53 minuti.

elena.zuppini@sacrocuore.it