Il prof. Targher nominato presidente triveneto della SID si conferma tra i ricercatori più influenti del mondo

Per il terzo anno consecutivo il prof. Giovanni Targher, responsabile dell’UOS di Malattie metaboliche dell’IRCCS di Negrar, viene inserito nella prestigiosa lista Highly Cited Researchers che comprende i ricercatori più citati al mondo. Inoltre è stato eletto presidente della Società Italiana di Diabetologia della Sezione Veneto e Trentino Alto Adige.

Il professor Giovanni Targer – responsabile dell’UOS di Malattie Metaboliche dell’IRCCS di Negrar e ordinario di Endocrinologia nel Dipartimento di Medicina dell’Università di Verona – è per il terzo anno consecutivo tra i ricercatori più citati al mondo. Il suo nome infatti compare ancora nella lista degli Highly Cited Researchers, stilata ogni anno da Clarivate, una delle società più accreditate nel fornire servizi basati sull’analisi di dati e informazioni relativi alla ricerca scientifica e accademica. 

Un prestigioso riconoscimento al quale è seguita sabato 23 novembre l’elezione a presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) della Sezione Veneto e Trentino Alto Adige per il biennio 2024-2026.

Il professor Targher è stato confermato nell’importante classifica insieme ad altri due ricercatori dell’Ateneo scaligero: Corrado Barbui, docente di Psichiatria e direttore del dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento, e Giuseppe Lippi, docente di Biochimica clinica afferente al Dipartimento di Ingegneria per la medicina di innovazione e attuale preside della facoltà di Medicina. Invece Marianna Purgato, docente di Psichiatria nel Dipartimento di Neuroscienze, biomedicina e movimento entra per la prima volta nella classifica.

“Essere identificato per il terzo anno consecutivo tra i ricercatori più influenti al mondo In base alle pubblicazioni scientifiche è un’enorme soddisfazione”, afferma il prof. Targher. “Questo significa che il lavoro di ricerca che con il mio gruppo proseguo da 25 anni sulla relazione fra steatosi epatica (MASLD) e rischio di sviluppare complicanze cardiometaboliche e renali continua a suscitare interesse nella comunità scientifica internazionale. Condivido questo importante traguardo con i miei collaboratori, con l’amministrazione dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria dove sto proseguendo con ottimi risultati la mia attività scientifica e la governance dell’Università di Verona per avermi messo nella condizione poter proseguire i mei studi”.


L'Hospice "Don Luigi Pedrollo", un ambiente familiare dedicato ai pazienti nella fase terminale della malattia

L’Hospice “Don Luigi Pedrollo” è stato studiato per offrire strutturalmente al paziente un’accoglienza residenziale simile a quella familiare. Le 10 stanze, infatti, situate al piano terra, sono dei piccoli appartamenti in cui i pazienti possono portare anche i loro effetti personali. In linea con la funzione propria degli hospice, anche in quello del “Sacro Cuore Don Calabria” il prendersi cura è rivolto non solo al paziente, ma anche ai familiari. Per loro sono stati realizzati spazi comuni, dove possono incontrarsi e nell’eventualità condividere l’esperienza che stanno vivendo. Spazi come la cappella, il soggiorno e anche una tisaneria.

L’Hospice “Don Luigi Pedrollo”,  inaugurato lo scorso 6 novembre dal presidente della Regione Veneto, Luca Zaia,  rientra nella Rete di Cure Palliative dell’ULSS 9. Gli hospice sono dedicati ai pazienti – non necessariamente oncologici – in fase terminale di vita, non più responsivi alle terapie convenzionali, ma che necessitano di cure palliative non erogabili a domicilio, cioè di trattamenti per il controllo dei sintomi (in particolare dolore, insufficienza respiratoria e distress psicologico), oltre che un supporto psicologico e spirituale. L’hospice può essere anche una sistemazione temporanea nel caso in cui il caregiver (colui, in genere un familiare, che si prende cura del paziente) sia momentaneamente impossibilitato ad assistere il proprio congiunto a domicilio oppure quando si verifica una stabilizzazione di malattia che permette al paziente di ritornare a casa, dopo un periodo di ricovero nella struttura.

L’accesso all’hospice è gestito dalla COT- Centrale Operativa Territoriale dell’ULSS 9 a cui il medico ospedaliero o di medicina generale invia la richiesta di ricovero. Pertanto possono essere accolti tutti i cittadini del territorio della “Scaligera”, non solo i pazienti dell’IRCCS di Negrar. Alla richiesta di accesso segue una valutazione multidimensionale finalizzata a definire un Piano di assistenza individuale (PAI) per ogni paziente. Il personale che opera nell’hospice è formato da medici, infermieri, psicologici, assistenti sociali e spirituali.

Dott. Roberto Magarotto

“L’erogazione delle cure palliative richiede competenza e professionalità perché la qualità di vita del paziente è un obiettivo primario quando egli è in fase terminale”, ha sottolineato il dottor Roberto Magarotto, responsabile medico dell’Hospice,  oncologo ed esperto di cure palliative. “Questo hospice è il coronamento di un lavoro sulle cure palliative iniziato nel nostro ospedale nel 2007, quando è stata aperta nel reparto di Oncologia medica una sezione (8 letti) dedicata ai pazienti che necessitano di terapie di supporto – ha continuato -. Il lavoro è proseguito nel 2012 con la certificazione da parte di ESMO (European Society for Medical Oncology), rinnovata ogni tre anni, di Centro integrato di Oncologia e Cure palliative, dove integrato significa l’associazione dei trattamenti oncologici attivi alle cure continuative (che nel concreto non differiscono da quelle palliative) affinché il paziente possa affrontare nel miglior modo possibile tutto il percorso di cura. Infine nel 2021 è stato attivato un team   intra-ospedaliero di cure palliative per i pazienti pre-terminali e terminali ricoverati in tutti i reparti”.

 

 

 

 

 

 

L’Hospice “Don Luigi Pedrollo” è stato studiato per offrire strutturalmente al paziente un’accoglienza residenziale simile a quella familiare. Le 10 stanze, infatti, situate al piano terra, sono dei piccoli appartamenti in cui i pazienti possono portare anche i loro effetti personali. I monolocali sono dotati di angolo cottura, tavolo da pranzo, servizi igienici privati e divano-letto per la permanenza anche notturna di un’altra persona. In linea con la funzione propria degli hospice, anche in quello del “Sacro Cuore Don Calabria” il prendersi cura è rivolto non solo al paziente, ma anche ai familiari. Per loro sono stati realizzati spazi comuni, dove possono incontrarsi e nell’eventualità condividere l’esperienza che stanno vivendo. Spazi come la cappella, il soggiorno e anche una tisaneria.

Gli ampi locali di degenza sono affacciati tutti verso l’esterno: alcuni danno direttamente sul giardino, mentre i rimanenti godono di un balcone privato, nel rispetto totale della privacy. Come per tutta la Cittadella della Carità, in cui l’Hospice è situato, è stato curato particolarmente il verde all’esterno della struttura, un ampio prato dove sono stati impiantati degli ulivi. Un ulivo è stato collocato anche all’interno del cavedio al centro dell’edificio a pianta quadrata.

 

 

 

 

 

Il piano terra, di 1.350 mq, oltre i monolocali, ospita uno studio medico, l’ambulatorio medico e infermieristico, un soggiorno comune, il bagno assistito, la cappella, una sala riunioni e alcuni uffici tra cui quello dell’assistente sociale. Nel seminterrato (1.180 mq) si trovano gli spogliatoi del personale, tre celle del commiato e i vani tecnici.

DON LUIGI PEDROLLO (1888-1986)

Il Servo di Dio Luigi Pedrollo nacque a San Gregorio di Veronella il 31 dicembre 1888. Venne ordinato sacerdote nel 1912 e poco dopo entrò nell’Opera fondata da don Giovanni Calabria. Don Pedrollo fu sempre molto vicino a don Calabria, tanto da diventare il suo vicario e, dopo la morte del Fondatore, il suo primo successore. Sotto la sua guida vennero aperte le prime missioni della Congregazione, inoltre venne costruito l’ospedale geriatrico “Don Calabria” di Negrar.

Morì in concetto di santità il 16 febbraio 1986. Attualmente è in corso la sua causa di canonizzazione.


Due nuovi mammografi: esami più confortevoli ed intelligenza artificiale

I due nuovi mammografi sono digitali e dotati di tomosintesi. Sono stati studiati per esami più confortevoli e predisposti per le biopsie sotto guida mammografica con mezzo di contrasto. Ad aumentare l’accuratezza diagnostica interviene anche l’intelligenza artificiale, grazie alla quale si ottiene una migliore qualità di immagini, magnificando la visualizzazione di quelle che possono essere alterazioni neoplastiche iniziali e calcificazioni submillimetriche. 

La Radiologia senologica dell’IRCCS di Negrar – di cui è responsabile la dottoressa Anna Russo – è la prima in Italia a dotarsi dei mammografi Amulet Sophinity (della multinazionale giapponese Fujifilm Healthcare) inaugurati alla presenza del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia. Le due nuove macchine, che vanno a sostituire le   precedenti acquisite nove anni fa, sono mammografi con tomosintesi – la tecnica mammografica digitale riguardo alla quale diversi studi hanno dimostrato la capacità di aumentare il numero dei tumori diagnosticati – ma con molteplici caratteristiche innovative.

 

L’équipe di Radiologia Senologica con il primario, dottor Giovanni Foti (il primo da sinistra)

Dr.ssa Anna Russo

“Innanzitutto sono state studiate per il comfort della paziente”, sottolinea la dottoressa Russo, nell’équipe del Dipartimento di Diagnostica per immagini diretto dal dottor Giovanni Foti. “Il tumore mammario colpisce nel corso della vita una donna su otto (56mila le nuove diagnosi nel 2023) ed è ormai consolidato che più la diagnosi è precoce, migliore è la prognosi, eppure sono ancora troppe le mancate adesioni ai programmi di prevenzione – ha sottolineato la dottoressa Russo –  Una della ragioni principali è il dolore causato in corso di mammografia dalla compressione della mammella necessaria per ottenere immagini diagnostiche. Inoltre è sempre il dolore a causare movimenti involontari che possono compromettere l’esame. Queste macchine, invece, oltre ad avere una struttura più ergonomica, dispongono di una funzione innovativa di controllo automatico della riduzione della compressione, che consente di alleviare il dolore senza alterare la qualità dell’immagine e diminuire l’accuratezza della diagnosi”.

Ulteriori innovazioni riguardano l’integrazione di procedure diagnostiche e interventistiche eseguite con mezzo di contrasto

Mammografia sotto guida di mezzo di contrasto

A partire dal 2016 siamo stati tra i primi ospedali in Italia ad impiegare la mammografia con mezzo di contrasto, esame di secondo livello che ha la specificità di fornire non solo le immagini morfologiche del tumore, ma anche quelle funzionali, andando a visualizzare i vasi sanguigni neoformati, che sono la spia di tumori in fase iniziale – ha proseguito la dottoressa – Grazie all’expertise acquisita e all’avanzamento tecnologico di questi mammografi, a breve avremo l’opportunità di eseguire anche la biopsia mammografica con mezzo contrasto, senza ricorrere alla Risonanza Magnetica, come avviene solitamente. Si riducono così i tempi diagnostici e vengono meno i limiti dell’indagine con RM: tempi lunghi di organizzazione ed esecuzione, disagio per le donne che soffrono di claustrofobia o anziane, che non riescono a rimanere a lungo nella stessa posizione oppure portatrici di dispositivi come i pace maker, che devono essere preventivamente spenti”.

Ad aumentare l’accuratezza diagnostica interviene anche l’intelligenza artificiale, grazie alla quale si ottiene una migliore qualità di immagini, magnificando la visualizzazione di quelle che possono essere alterazioni neoplastiche iniziali e calcificazioni submillimetriche. “Inoltre è un valido supporto diagnostico – prosegue la dottoressa Russo –  grazie all’auto-acquisizione di una molteplice quantità di dati, la IA può aiutare il medico radiologo ad individuare lesioni che all’occhio umano potrebbero anche sfuggire. A confermarlo uno studio che abbiamo pubblicato l’anno scorso su Radiologia Medica che ha visto la revisione di 200 mammografie sia negative che patologiche, senza e con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. E’ emerso che l’accuratezza diagnostica è stata maggiore con il supporto dell’AI, in particolare per le mammografie lette da medici più giovani e con meno esperienza”.

Non da ultimo, il modulo di IA integrato nei nuovi sistemi consente la replicabilità dell’esame da un controllo all’altro: infatti il tecnico di radiologia può posizionare la mammella esattamente nella posizione del precedente esame grazie alle guide che compaiono sul piano di appoggio. Viene facilitato così il confronto tra i diversi esami.


Inaugurazione dell'Hospice e di due nuovi mammografi alla presenza del presidente del Veneto Luca Zaia

Doppia inaugurazione, mercoledì 6 novembre, all’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar: il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha tagliato il nastro dell’Hospice, la nuova struttura, intitolata a don Luigi Pedrollo, primo successore di San Giovanni Calabria, dedicata ai pazienti terminali. Inoltre ha inaugurato i due nuovi mammografi della Radiologia Senologica dotati di intelligenza artificiale

 

L’IRCCS di Negrar sviluppa ulteriormente l’ambito oncologico con due importanti novità. Si tratta in primo  luogo del potenziamento della dotazione tecnologica per la diagnosi precoce del tumore del seno con l’acquisizione di due mammografi con intelligenza artificiale, unici in Italia. Inoltre è stato istituito l’hospice, intitolato al primo successore di San Giovanni Calabria, don Luigi Pedrollo. Con la struttura residenziale dedicata ai pazienti nella fase terminale della malattia, si consolida l’attività del Cancer Center del Sacro Cuore, l’organizzazione grazie alla quale la persona affetta da neoplasia viene presa in carico dalla diagnosi alla cura, dalla riabilitazione a tutta la durata del follow up, fino all’accompagnamento con le cure palliative.

La benedezione dell’Hospice “Don Luigi Pedrollo” impartita dal Casante dell’Opera Don Calabria, don Massimiliano Parrella

L’inaugurazione delle due realizzazioni si è tenuta questa mattina alla presenza del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia e di altre autorità, tra cui il Prefetto di Verona, Demetrio Martino, il direttore generale e il direttore sanitario dell’ULSS 9, Patrizia Benini e Denise Signorelli, il sindaco di Negrar, Fausto Rossignoli, il comandante provinciale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, colonnelli Francesco Novi e Italo Savarese. Era presente anche Silvano Pedrollo, pronipote dell’indimenticabile sacerdote, che ha voluto e realizzato, tra le tante cose, anche l’Ospedale Don Calabria.

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia e a destra fratel Gedovar Nazzari, presidente dell’IRCCS di Negrar

“L’attenzione integrale per i nostri pazienti è il filo conduttore delle due inaugurazioni di oggi. Un’attenzione che vogliamo avere in ogni fase della malattia e in ogni momento del percorso che gli ammalati, insieme ai loro cari, devono fare in ospedale”, ha detto il presidente dell’IRCCS di Negrar, fr. Gedovar Nazzari. “In particolare siamo felici di intitolare l’hospice a don Luigi Pedrollo, vicario e primo successore di san Giovanni Calabria, i cui tratti caratteristici erano proprio la grande umanità e sensibilità”.

 

Al centro l’amministratore delegato dell’Irccs di Negrar, Claudio Cracco

Il nostro Ospedale negli anni ha sviluppato una forte vocazione oncologica sia in ambito clinico-assistenziale  che di ricerca, investendo in professionalità e tecnologie innovative, affinché il paziente con malattia tumorale potesse usufruire di una presa in carico a 360°, in tutte le fasi della malattia”, ha esordito l’amministratore delegato, Claudio Cracco. “Un percorso che ha portato alla certificazione di Cancer Center da parte della più grande organizzazione europea degli istituti oncologici, OECI, e l’ingresso nella rete ministeriale Alleanza contro il Cancro. Gli interventi che inauguriamo oggi si inseriscono in questo contesto – ha sottolineato -. Da un lato l’adozione di due nuovi mammografi di ultima generazione, acquisiti in occasione dell’ottobre rosa, mese della prevenzione del cancro al seno, in grado di elaborare una diagnosi sempre più accurata e precoce. Dall’altro l’istituzione dell’hospice, previsto dalla programmazione sanitaria regionale, come completamento della presa in carico non solo del paziente oncologico, ma di tutti quei malati per i quali è necessario un accompagnamento medico con cure palliative per il controllo del dolore, nonché un supporto psicologico e spirituale”.

 

Il personale dell’Ospedale presente all’inaugurazione e gli ospiti

“Il modo di fare sanità del “Sacro Cuore Don Calabria” è di assoluta eccellenza ha detto il presidente Luca Zaia – Il Veneto è la regione a statuto ordinario che conta il minor numero di strutture private, ma vanta un modello di privato accreditato, come questo, che condivide con il pubblico un progetto e le sfide che oggi la sanità ci pone. Il privato infatti è l’alter ego del pubblico – ha sottolineato – perché opera per la stessa missione: curare i cittadini. E sottolineo con umanità, elemento che fa la vera differenza nell’erogazione delle cure. L’Ospedale di Negrar con l’IRCCS per le malattie infettive e tropicali e il Cancer Center, ma non solo, è presidio della nostra regione che continua a fare sempre di più e sempre meglio. Lo prova questa doppia inaugurazione. Da una parte due mammografi di ultima generazione che vanno nella direzione della prevenzione del tumore del seno che in Veneto funziona. E dall’altra l’hospice che ci tenevo ad inaugurare perché queste strutture sono un grande segno di civiltà. Io considero gli hospice più importanti degli ospedali, perché è all’ultimo miglio che si tocca con mano la qualità del servizio”.


L'Opera Don Calabria riceve il 43° Premio Masi dedicato a virtù e bellezza

L’Opera fondata dal santo veronese ha ricevuto il premio “Grosso d’Oro Veneziano”, riservato a personalità ed enti che hanno contribuito a diffondere un messaggio di cultura nel mondo generando solidarietà e progresso. A ritirarlo è stato fratel Gedovar Nazzari. Economo della Congregazione e Presidente del “Sacro Cuore”, nella cerimonia dello scorso 25 ottobre insieme agli altri vincitori del Premio Masi.

C’è anche l’Opera Don Calabria tra i vincitori del 43° Premio Masi. La cerimonia di premiazione si è svolta venerdì 25 ottobre a Monteleone 21, presso il nuovo centro polifunzionale Masi nel cuore della Valpolicella.

Il premio consegnato all’Opera fondata da San Giovanni Calabria, di cui fa parte anche il “Sacro Cuore”, è il “Grosso d’Oro Veneziano”, riservato a personalità ed enti che hanno contribuito a diffondere un messaggio di cultura nel mondo generando solidarietà e progresso. Un riconoscimento prestigioso dedicato alle migliaia di persone, laici e religiosi, che ogni giorno portano avanti la loro missione nelle Case calabriane sparse nei cinque continenti.

A ritirare il premio in rappresentanza di tutta l’Opera è stato fratel Gedovar Nazzari, economo generale della Congregazione e presidente dell’ospedale di Negrar, il quale ha portato anche un video-messaggio di saluto del Casante dal Brasile. Nell’edizione di quest’anno, dedicata al tema del circolo virtuoso della bellezza, sono stati premiati anche l’imprenditore Riccardo Illy, la scrittrice ambientalista Sara Segantin e lo scultore Arcangelo Sassolino (tutti insigniti con il Premio Masi Civiltà Veneta) e l’imprenditrice Donatella Cinelli Colombini (Premio internazionale Civiltà del Vino).

Prima della premiazione c’è stata la tradizionale firma della botte da parte dei vincitori nella cantina Masi. L’evento è proseguito al centro Monteleone 21 con la cerimonia vera e propria. A moderare la serata il giornalista Alessandro Milan che ha chiamato sul palco gli ospiti, prima a uno a uno e poi tutti insieme per un vero e proprio talk show sui vari aspetti della bellezza rappresentati dai vincitori, ognuno nel proprio ambito. A fare gli onori di casa è stato Sandro Boscaini, vicepresidente di Fondazione Masi e patron dell’azienda, insieme alla Presidente della Fondazione Isabella Bossi Fedrigotti.

La cerimonia, accompagnata dall’ensemble Unixono, composto da otto elementi dell’Orchestra Sinfonica dei Colli Morenici diretti dal Maestro Ferraresi, si è conclusa con la consegna del premio ai vincitori. Per l’Opera il premio, oltre alla riproduzione in oro per opera del maestro orafo Alberto Zucchetta del Grosso Veneziano, la moneta che per secoli ebbe corso legale nella Serenissima, è consistito anche in un contributo a sostegno di progetti umanitari portati avanti in terra di missione.

Il Premio Masi è nato nel 1981 con il Premio Masi Civiltà Veneta, conferito a personaggi originari delle Venezie che si sono distinti nei campi della letteratura, dell’arte, del giornalismo, della scienza, dello spettacolo e dell’economia, e che con la loro opera hanno promosso e valorizzato le capacità della gente veneta nei più vasti campi dell’attività umana, facendosi portatori dei valori fondamentali di questa terra. Negli anni si sono aggiunti altri due premi: uno dedicato alla Civiltà del Vino e l’altro, il Grosso d’Oro Veneziano, dedicato ai valori della solidarietà e del progresso civile nel mondo.


Scoperta dell'IRCCS di Negrar: isolato il virus Oropouche nel liquido seminale. Ulteriori studi per verificare la trasmissione sessuale

Dopo aver diagnosticato i primi casi europei di Oropouche nello scorso mese di giugno, il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha isolato per la prima volta al mondo il virus Oropouche (OROV) nel liquido seminale di un viaggiatore, al quale era stata diagnosticata l’infezione oltre due settimane prima. Si teme una possibile trasmissione seessuale, non solo tramite vettore (zanzare e moscerini). Ma servono ulteriori studi per confermarlo

Dopo aver diagnosticato i primi casi europei di Oropouche nello scorso mese di giugno, il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha isolato per la prima volta al mondo il virus Oropouche (OROV) nel liquido seminale di un viaggiatore, al quale era stata diagnosticata l’infezione oltre due settimane prima.

La scoperta, pubblicata su Emerging Infectious Diseases rivista del CDC, agenzia federale USA per la prevenzione e il controllo delle malattie, apre nuovi e importanti scenari di salute pubblica e suggerisce che la trasmissione dell’infezione potrebbe avvenire anche tramite contatto sessuale oltre che attraverso la puntura di insetti.

“Sino ad oggi sapevamo che questa infezione si trasmette da uomo a uomo soltanto in maniera indiretta, ovvero attraverso la puntura di un insetto. La possibilità indicata dal nostro studio, che l’infezione possa essere trasmessa tramite rapporti sessuali, è un campanello d’allarme da non sottovalutare – commenta Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS di Negrar e uno degli autori della pubblicazione –. Non sono stati ancora descritti casi di trasmissione diretta interumana dell’infezione e il livello di rischio è molto basso per l’Italia, dove sono stati registrati 5 casi tutti importati. Tuttavia, i cambiamenti climatici e l’aumento degli spostamenti delle persone rendono necessari ulteriori studi per confermare la possibilità di una trasmissione da uomo a uomo. Resta importante anche monitorare costantemente, ad ogni livello, sia epidemiologico che clinico, l’andamento delle infezioni per poterle individuare con tempestività, evitando potenziali rischi, soprattutto per le persone più fragili”.

“La febbre Oropouche è una infezione tropicale causata dall’omonimo virus (OROV), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago, vicino al fiume Oropouche. Si tratta di un patogeno diffuso normalmente nella regione amazzonica e trasmesso all’uomo dalle punture di insetti: in particolare il culicoides paraensis, un moscerino diffuso in tutto il continente americano, dagli Stati Uniti sino all’Argentina, e la zanzara culex quinquefasciatus”, spiega Concetta Castilletti, responsabile dell’Unità di Virologia e Patogeni Emergenti dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, co-autrice della pubblicazione

“I sintomi della febbre Oropouche – prosegue Gobbi – si manifestano di solito dopo 3-8 giorni dalla puntura dell’insetto vettore, e sono in gran parte sovrapponibili a quelli di altre febbri virali tropicali come dengue, Zika o chikungunya: febbre alta (oltre i 39 °C) accompagnata da mal di testa, dolore retrorbitale e alle articolazioni, malessere generale, nausea e vomito.  Sono stati inoltre registrati sporadici casi di interessamento del sistema nervoso centrale, come meningite ed encefalite. Nel 60% circa dei casi, dopo la prima fase acuta, i sintomi si ripresentano, in forma meno grave: di solito da due a dieci giorni, ma anche dopo un mese dalla prima comparsa”.

L’ultimo aggiornamento pubblicato ai primi di settembre dall’ufficio per le Americhe dell’Organizzazione Mondiale della Sanità riporta che dall’inizio dell’anno ai primi giorni di settembre sono stati registrati quasi 10.000 casi in otto Paesi: Bolivia, Brasile, Canada, Colombia, Repubblica Dominicana, Cuba, Perù, USA, e due decessi confermati, tutti in Brasile, dove è stato riscontrato anche un caso di encefalite e diversi casi di trasmissione del virus durante la gravidanza: morti fetali, anomalie congenite del neonato, aborti spontanei.

“Il primo imperativo è quello di conoscere meglio questo virus sino ad oggi poco studiato – afferma Castilletti –. Per questo motivo, dopo aver isolato, il virus lo abbiamo messo subito a disposizione, in un’ottica di condivisione e collaborazione, di alcuni dei più importanti laboratori italiani ed esteri, tra cui l’Istituto Superiore di Sanità, l’Istituto Spallanzani di Roma, l’Istituto di Medicina Tropicale di Anversa, il Netherlands Centre for Infectious Disease Control, il Charité Universitätsmedizin di Berlino. Saranno inoltre fondamentali studi di competenza vettoriale, per verificare se le zanzare e i moscerini presenti alle nostre latitudini siano potenzialmente in grado di trasmettere l’infezione da Oropouche, ed a tal fine stiamo già collaborando con l’Istituto Superiore di Sanità”.


Si è spento il cardinale Eugenio Dal Corso, grande missionario nel nome di don Calabria

Monsignor Dal Corso era stato creato cardinale da papa Francesco nel 2019. Dopo la nomina era tornato in Angola, dove era stato vescovo, per fare il semplice cappellano nel piccolo villaggio di Caiundo. Da qualche anno viveva presso la Casa del Clero, dove si è spento domenica 20 ottobre in seguito ad un improvviso aggravamento delle condizioni di salute.

Nella serata di domenica 20 ottobre si è spento a Negrar (Verona) il cardinale Eugenio Dal Corso, religioso dell’Opera Don Calabria e vescovo emerito di Benguela, in Angola. Mons. Dal Corso, che aveva 85 anni, era stato creato cardinale da Papa Francesco il 5 ottobre 2019. Già da qualche anno si trovava ospite presso la Cittadella della Carità di Negrar, dove nei giorni scorsi le sue condizioni di salute si sono improvvisamente aggravate.

I funerali si svolgeranno giovedì 24 ottobre alle 14,30 nel duomo di Verona. Saranno celebrati dal vescovo mons. Domenico Pompili e trasmessi in diretta su Telepace.

 

IL MESSAGGIO DI DON MASSIMILIANO PARRELLA, CASANTE DELL’OPERA DON CALABRIA

Monsignor Dal Corso è stato un vero uomo di Dio, un grande dono per l’Opera Don Calabria e per la Chiesa tutta – commenta don Massimiliano Parrella, attuale Casante dell’Opera – nei suoi tanti anni di missione è sempre stato vicino agli ultimi e ai dimenticati della terra. Anche dopo che è stato creato cardinale, ha voluto continuare a prestare servizio come cappellano in una parrocchia sperduta dell’Angola, una delle più povere dove c’era bisogno di sacerdoti per portare avanti il lavoro pastorale. Ed è particolarmente significativo che sia morto proprio nella giornata mondiale delle missioni, che si celebrava ieri. Lui che è stato un grande missionario, trascorrendo in missione la maggior parte della sua vita, dapprima in America Latina e poi nella sua Angola, Paese che ha tanto amato. Il cardinale Eugenio è stato un vero Povero Servo secondo lo spirito di don Calabria: un uomo che ha vissuto la povertà e il distacco totale dai beni materiali fino alla fine, e contemporaneamente un servo che ha donato tutto se stesso per la Chiesa e per l’Opera”.

Il Presidente e la Direzione della Cittadella della Carità, unitamente a tutti i collaboratori, partecipano al cordoglio dei familiari e dell’Opera Don Calabria e affidano all’Amore di Dio Padre il caro card. Dal Corso, la cui vita dedicata agli ultimi è stata “Vangelo vivente”, realizzazione in pienezza del carisma di San Giovanni Calabria.

Maggiori informazioni sulla vita e la missione del cardinale Dal Corso si possono trovare sul sito dell’Opera Don Calabria al seguente link: https://www.doncalabria.org/news/cardinale-eugenio-dal-corso-618/

* Foto di copertina realizzata l’8 ottobre 2019 in occasione dell’inaugurazione della Riabilitazione Ortopedica che è stata benedetta proprio dal cardinale Dal Corso.


Nascono i Poli universitari IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, sedi dell'Università di Verona

Le due nuove sedi didattico formative dell’Università di Verona in via San Marco, dove sono state realizzate tre aule per le lezioni frontali, e all’IRCCS di Negrar, per la formazione nei reparti dei futuri medici e infermieri. Martedì 15 ottobre lo storico taglio del nastro

 

Università di Verona e IRCCS Sacro Cuore Don Calabria avviano i poli di formazione universitaria di alcuni Corsi di laurea della Macroarea di Scienze della vita e della Salute dell’Università scaligera.

L’ufficializzazione è avvenuta questa mattina con l’inaugurazione delle nuove aule a Verona, in via San Marco 121, uno dei poli universitari, l’altro è lo stesso Ospedale di Negrar che ospiterà i tirocini nei vari reparti individuati.

A tagliare il nastro della nuova struttura il Magnifico Rettore dell’Ateneo, Pier Francesco Nocini, il Direttore Generale della Ricerca con delega all’Università dell’IRCCS di Negrar, Mario Piccinini, insieme a fratel Gedovar Nazzari, come rappresentante legale dell’Opera Don Calabria.

All’evento erano presenti anche l’Amministratore Delegato dell’IRCCS di Negrar, Claudio Cracco, il Direttore Sanitario, Fabrizio Nicolis, il Direttore Generale dell’Università, Federico Gallo, il Delegato del Rettore alla Didattica, Federico Schena, il Presidente del Corso di Laurea magistrale in Farmacia, Cristiano Chiamulera, la Presidente del Corso di Laurea in Igiene Dentale, Nicoletta Zerman, e il Presidente dell’Esu di Verona, Claudio Valente.

Il professor Nocini, il dottor Piccinini e fratel Nazzari hanno firmato anche l’addendum alla convenzione del 13 dicembre 2022, il quale porta alla collocazione in via San Marco del Corso di laurea magistrale a ciclo unico di Farmacia e delle nuove sedi del Corso di laurea triennale in Igiene Dentale, del Corso di laurea magistrale biennale in Scienze delle professioni sanitarie e tecniche e del Corso di Laurea triennale in logopedia.

 

Nel polo universitario di Negrar, invece, saranno attivi i tirocini clinici curriculari delle Scuole di Specializzazione, dei Corso di laurea di Medicina e Chirurgia (IV-VI anno), Corso di laurea in Infermieristica (I-III anno).

Il polo universitario di via San Marco è stato realizzato al piano terra della palazzina D del complesso dove al piano superiore si trova una delle sedi del Centro Odontostomatologico dell’Ospedale, l’altra è all’IRCCS di Negrar.

All’interno del Centro, diretto dal dottor Stefano Orio, dallo scorso gennaio è operativa la Struttura autonoma di Odontoiatria infantile e igiene orale, diretta dalla professoressa Nicoletta Zerman docente di Odontoiatria Pediatrica e Odontoiatria Cosmetica e Estetica dell’Università di Verona nel corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria e del Corso di laurea in Igiene Dentale di cui è Presidente.

Una collocazione, quella delle aule, che viene incontro così alle esigenze didattico-formative degli studenti che si preparano nell’ambito delle cure dentali.
Le aule per le lezioni sono 3: rispettivamente da 116, 102 e 82 posti, dotate di tutti i dispositivi tecnologici necessario all’attività didattica.

L’area, di circa 600 mq, comprende anche quattro uffici dedicati al personale docente e amministrativo dell’ateneo e a fine mese sarà disponibile un ulteriore spazio dedicato allo studio. Inizialmente sono oltre 200 studenti che potranno usufruire di ambienti totalmente nuovi immersi in una zona verde, con ampia possibilità di parcheggio e raggiungibile facilmente anche con i mezzi pubblici.

 

 

dottor Mario Piccinini

“Quello che oggi celebriamo è un ulteriore, e storico, passaggio della collaborazione tra l’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria e l’Università di Verona – ha sottolineato il dottor Piccinini – attraverso la quale intendiamo perseguire una sempre maggiore integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca.  Questo polo universitario di Verona è stato realizzato per la formazione teorica degli studenti e teorico-clinica degli igienisti dentali, mentre il polo collocato all’Ospedale di Negrar è dedicato alla preparazione clinica, nelle varie unità operative, dei futuri medici, infermieri e specializzandi, che avranno l’opportunità di un’esperienza formativa accanto ad eccellenti professionisti e in un contesto con tecnologia all’avanguardia. Questo a vantaggio di tutta la comunità, perché più si ampliano e diversificano le opportunità formative, più avremo personale sanitario preparato. Di fatto siamo un ospedale di insegnamento e stiamo lavorando presso le istituzioni preposte, con il sostegno dell’Ateneo, per il riconoscimento ufficiale.

Prof. Pier Francesco Nocini

 “Come avevo promesso alle nostre studentesse, ai nostri studenti, ai colleghi e alle colleghe dell’ateneo e all’intera comunità territoriale nel dicembre di due anni fa, alla sigla del primo accordo tra la nostra Università e l’Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, – ha affermato il Magnifico Rettore Pier Francesco Nocini – abbiamo potenziato la rete formativa di alcuni corsi di laurea della Macroarea di Scienze della vita e della Salute e l’inaugurazione di oggi prosegue il percorso intrapreso. Vogliamo, infatti, che medici, infermieri, farmacisti, biologi e tecnici sanitari che prepariamo nella nostra Università garantiscano ai pazienti le migliori cure possibili.  Per raggiungere questo obiettivo abbiamo lavorato con impegno con l’obiettivo di poter realizzare un’integrazione concreta delle nostre attività formative, di ricerca e assistenziali con quelle di altre eccellenti realtà sanitarie come l’Irccs Sacro Cuore don Calabria. Sono sempre convinto che fare rete sia la strada maestra per il pieno raggiungimento degli obiettivi comuni, obiettivi che abbiamo condiviso in questi anni con l’Irccs di Negrar per migliorare i profili di cura dei nostri pazienti e per ottimizzare e rendere sempre più efficienti le risorse e potenzialità del nostro sistema sanitario regionale”.

Nella foto da sinistra a destra: il dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario dell’IRCCS di Negrar, il dottor Federico Gallo, direttore generale dell’Università di Verona, il dottor Claudio Cracco, amministratore delegato dell’IRCCS di Negrar, il professor Cristiano Chiamulera, presidente del Corso di Laurea in Farmacia, la professoressa Nicoletta Zerman, presidente del Corso di laurea in Igiene dentale, il professor Pie Francesco Nocini, rettore dell’Università di Verona, il dottor Mario Piccinini, direttore generale della ricerca con delega all’Università dell’IRCCS di Negrar.


Dall'ospedale al rientro a casa: la presa in carico della persona con lesione midollare

Sabato 12 ottobre in Sala Perez è in programma un incontro organizzato dall’Unità Spinale del “Sacro Cuore” per parlare dei percorsi diagnostico-terapeutici e della continuità assistenziale tra ospedale e territorio nella presa in carico dei pazienti medullolesi dopo il rientro al proprio domicilio

Fare il punto sulla presa in carico della persona con lesione al midollo spinale e rafforzare la continuità assistenziale quando viene dimessa dall’ospedale e torna al proprio domicilio. Sono questi gli obiettivi dell’incontro intitolato “Percorsi diagnostico-terapeutici tra ospedale e territorio: la persona con lesione midollare”, in programma sabato 12 ottobre presso la Sala convegni “Fr. Francesco Perez” dell’IRCCS di Negrar (vedi programma). A organizzare l’evento è l’Unità Spinale del “Sacro Cuore”, che è uno dei tre centri di riferimento presenti in Veneto che associano una offerta riabilitativa per il trattamento sia delle lesioni midollari (Unità Spinale) che delle gravi cerebrolesioni acquisite (Neuroriabilitazione) – gli altri si trovano al San Bortolo di Vicenza e a Motta di Livenza.

Nel convegno sono previste due sessioni: la prima dedicata alla fase ospedaliera nella presa in carico di questi pazienti, mentre nella seconda si approfondirà la fase della cronicità, con le complicanze che possono verificarsi nel tempo, una volta tornati a casa, e il ruolo fondamentale dei medici di base e dei presidi territoriali nella gestione di tali situazioni. Per questo i principali destinatari dell’incontro sono proprio i Medici di Medicina Generale che lavorano sul territorio.

 

Dottor Giuseppe Armani, direttore della Riabilitazione Intensiva dell'Irccs Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Giuseppe Armani

“Quando si verifica una lesione del midollo spinale, le problematiche che si presentano sono molto complesse e richiedono un trattamento presso strutture altamente specializzate – spiega il dottor Giuseppe Armani, direttore dell’Unità Spinale di Negrar – L’iter terapeutico ospedaliero dura in genere qualche mese, dopodichè il paziente torna a casa e inizia la sua nuova quotidianità”. Una quotidianità molto diversa da prima, dove si dovrà fare i conti con deficit motori e della sensibilità più o meno consistenti a seconda del livello neurologico e della completezza della lesione midollare: si parla di tetraplegia o paraplegia se la lesione midollare interesserà, rispettivamente, il midollo cervicale o dorso-lombare.

Dopo il rientro a domicilio le condizioni della persona con lesione al midollo spinale tendono a cronicizzarsi ed è a questo punto che possono presentarsi complicanze specifiche che richiedono una adeguata presa in carico da parte del territorio. “Tra le problematiche più frequenti possiamo avere le lesioni da pressione, le infezioni a carico dell’apparato urinario e più in generale difficoltà nella gestione dell’alvo e della vescica neurologici – prosegue Armani – disfunzioni legate alla spasticità oltre che a modifiche della sfera sessuale. In tutti i casi sono problemi che spesso vanno indagati e trattati in modo diverso rispetto ad altri pazienti, perché nel soggetto medulloleso bisogna tener presente degli esiti della disfunzione neurologica determinata appunto dalla lesione midollare. Per questo è importantissimo che il medico di medicina generale riconosca tali complicanze e sappia indirizzare il paziente in modo corretto. Ad esempio in ospedale sono presenti servizi dedicati, come l’ambulatorio per il trattamento della spasticità e l’ambulatorio di videourodinamica e rieducazione delle funzioni autonome, con personale dedicato, dove si può effettuare la valutazione e il trattamento della disfunzione urologica e intestinale; inoltre in questa sede viene eseguito lo studio della fertilità, si provvede alla ricarica degli infusori intratecali di baclofene e si effettuano visite di chirurgia plastica per le lesioni da pressione.

Il lavoro di sensibilizzazione sui problemi e sulle potenzialità delle persone con lesione midollare è portato avanti dall’Unità Spinale insieme al Galm (Gruppo Animazione Lesionati Midollari), un’associazione nata proprio a Negrar nel 1977 per rappresentare e tutelare a Verona i pazienti con lesione spinale e conseguente paraplegia o tetraplegia. Già due anni fa da tale collaborazione è nata la pubblicazione di un “agile” opuscolo informativo che contiene le principali informazioni per la gestione dei problemi specifici legati a questa patologia. Un vademecum viene dato alla persona durante il ricovero e un altro al momento della dimissione con l’indicazione di farlo recapitare al proprio medico di base.

L’Unità Spinale del “Sacro Cuore”, nata pressappoco 30 anni fa, accoglie annualmente circa 40 persone con lesione midollare da causa traumatica e non traumatica, che possono presentare caratteristiche di completezza o incompletezza. Tra le cause non traumatiche vi sono quelle vascolari, particolarmente ischemiche, quelle infettive e quelle secondarie a lesione espansiva. L’età media delle persone ricoverate si aggira sui 55 anni, in risalita rispetto ai primi anni quando era sui 45 anni. Il reparto è dotato di una terapia sub-intensiva che permette di accogliere anche pazienti che richiedono stretto monitoraggio delle funzioni vitali, anche con necessità di supporto della funzione respiratoria.

La presa in carico della persona ricoverata avviene in modo interprofessionale e interdisciplinare con fattiva sinergia tra Reparto-Unità Spinale e Servizio di Medicina Fisica e Riabilitativa.

Al fine di garantire percorsi univoci e strutturati alle persone dopo un evento acuto disabilitante, sia di origine midollare che cerebrale, è attiva da molti anni una procedura di presa in carico tra Azienda Ospedaliera di Verona, l’Ospedale di Negrar e l’Ulss 9; un medico esperto della Neuroriabilitazione-Unità Spinale di Negrar accede, con cadenza settimanale, alla Terapia Intensiva a indirizzo Neurologico e reparti di Neurochirurgia della A.O.U.I. di Verona per visitare le persone che sono state segnalate e proporne un percorso.


Congresso nazionale SIF: l'oggi e il domani della diagnosi e della cura delle patologie venose

Dal 10 ale 12 ottobre si tiene a Verona il Congresso nazionale della SIF- Sicietà Italiana di Flebologia, sotto la presidenza del dottor Paolo Tamellini, responsabile della Chirurgia flebologica  dell’IRCCS di Negrar. Gli esperti nazionali ed internazionali faranno punto sulla diagnosi e la terapia della patologie venose, vere e proprie malattie sociali dal momento che  ne soffre oltre il 30% della popolazione. Si tratta di una malattia benigna, le cui possibili complicanze però  possono portare a esiti decisamente invalidanti con costi sanitari e sociali enormi.

Le patologie venose sono una vera e propria malattia sociale dal momento che  ne soffre oltre il 30% della popolazione. Si tratta di una patologia benigna, le cui possibili complicanze però  possono portare a esiti decisamente invalidanti con costi sanitari e sociali enormi.

Palo Tamellini, chirurgo vascolare IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar
Dr. Paolo Tamellini

Nonostante ciò in Italia non esiste una scuola di Specializzazione universitaria in Flebologia. Il flebologo è un medico – spesso chirurgo vascolare –  che nel suo percorso formativo e professionale si è dedicato alla diagnosi e al trattamento delle patologie delle vene. Un concetto, quello della mancanza di una specializzazione accademica, che sarà sottolineato anche nel corso del 38° Congresso nazionale della SIF, la più grande Società Italiana di flebologia (600 soci), che si tiene a Verona dal 10 al 12 ottobre sotto la presidenza del dottor Paolo Tamellini, responsabile della U.O.S.  di Chirurgia Flebologica Ambulatoriale dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (qui il programma)

“Il Congresso avrà una particolare attenzione per i giovani medici – sottolinea il dottor Tamellini – Il programma infatti prevede due corsi teorico-pratici accreditati ECM, uno di Diagnostica eco-color-doppler e uno sulla terapia compressiva per le malattie venose. Crediamo che una società scientifica debba avere una particolare sensibilità verso le nuove generazioni e come priorità la condivisione di esperienze, perché questa è l’unica via possibile per offrire delle opportunità future non solo ai giovani medici, ma soprattutto ai pazienti”.

Il Congresso, nelle varie sezioni, spazierà nel vasto ambito della patologia venosa. A cominciare dalla malattia che interessa il sistema venoso superficiale, la cui manifestazione più diffusa sono le varici, definite popolarmente vene varicose. “Negli ultimi anni sono state introdotti trattamenti che hanno rivoluzionato la terapia sclerosante, cioè di chiusura di quelle vene o capillari ‘malati’, espressione di insufficienza venosa – prosegue il dottor Tamellini-. La  scleroterapia oggi viene praticata attraverso la somministrazione endovenosa, sotto guida ecografica, di schiuma sclerosante. Altra innovazione rivoluzionaria è l’ablazione endovasale termica, mediante Laser o Radiofrequenza. Sono tutte metodice mini-invasive che consentono di trattare le vene senza ‘strapparle’, a beneficio di una ripresa quasi immediata del paziente, che il giorno seguente l’intervento può riprendere le normali attività quotidiane”.

Si parlerà inoltre di patologia trombotica  a carico del sistema venoso profondo, possibile e temuta causa di embolia polmonare.  Altro argomento saranno le malattie del sistema linfatico, il quale concorre, insieme a quello venoso, al drenaggio dei liquidi dai tessuti. “Una delle manifestazioni  patologiche  di questo sistema è il linfedema, un accumulo patologico di linfa  alle estremità degli arti, altra condizione estremamente invalidante se non riconosciuta e trattata – sottoliena  il flebologo -. Si tratta di una malattia in aumento in quanto sono sempre più frequenti interventi oncologici demolitivi che comprendono anche lo svuotamento linfonodale radicale. Come accade nel caso dei tumori della mammella che richiedono l’asportazione chirurgica dei linfonodi ascellari, ma anche gli interventi  per le neoplasie ginecologiche o urologiche (prostata). In Italia sono ancora pochi i centri che si occupano di queste malattie, che vengono trattate con fisioterapia, bendaggi e nelle forme più gravi con la chirurgia”.

Infine il Congresso toccherà’ una terra di frontiera visitata solo da alcuni pionieri: la chirurgia delle vene profonde. “La tecnica è mutuata dall’emodinamica cardiologica con l’introduzione di un catetere attraverso la vena femorale, la dilatazione del tratto chiuso ed infine il rilascio di uno stent. E’ una tecnica che richiede oltre un elevato expertise, anche sofisticate e costose tecnologie, per ora disponibili solo in pochi centri”.

La Chirurgia flebologica dell’IRCCS di Negrar ogni anno esegue circa 200 interventi  per varici agli arti inferiori e oltre 100 procedure di scleroterapia dei grossi tronchi. Offre un ambulatorio dedicato per la diagnosi eco-color-doppler delle patologie venose e un ambulatorio dedicato al trattamento delle ulcere cutanee.  In collaborazione con il Servizio di Fisioterapia offre il trattamento ambulatoriale del linfedema nei casi indicati. Dispone inoltre del bagaglio tecnico e delle competenze per eseguire procedure sul sistema venoso profondo e sta esplorando l’introduzione di nuove tecnologie quali l’infiltrazione di cellule mononucleate per il trattamento delle ulcere refrattarie.