Quando produciamo melatonina? L'importanza del dosaggio per la cura dei disturbi del sonno
L’IRCCS di Negrar nell’ambito di un percorso diagnostico volto ad indagare i disturbi del sonno, effettua il dosaggio di melatonina, un esame importante per stabilire quando il nostro organismo secerne naturalmente questo ormone amico del buon riposo
Melatonina. Un nome diventato familiare anche grazie alla pubblicità, che presenta questo prodotto farmaceutico come la panacea per il buon sonno. La melatonina con il sonno ci azzecca, ma prima di essere una pillola “da banco” è un ormone prodotto dal nostro organismo attraverso la ghiandola pineale (o epifisi), collocata al centro della scatola cranica. Questa ghiandola riceve informazioni dai neuroni della retina e quando cala il buio inizia a produrre la melatonina, favorendo così il sonno.
Ne consegue che la difficoltà ad addormentarsi o la tendenza ad avere sonno molto presto o addirittura l’insonnia possa essere causata da una alterata produzione di melatonina, per quanto riguarda la tempistica, anche a causa delle nostre abitudini, rispetto a un orario convenzionale di addormentamento. Pertanto, nell’ambito di un percorso diagnostico volto ad indagare i disturbi del sonno, diventa importante stabilire quando il nostro organismo secerne naturalmente la melatonina.
L’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria esegue questo esame presso il Laboratorio di Analisi Chimico-Cliniche, diretto dal dottor Antonio Conti, anche alla luce dell’esperienza pluriennale del Centro di Medicina del Sonno, di cui è responsabile dottor Gianluca Rossato. Il dosaggio della melatonina non è stato inserito dal Ministero della Salute nei Livelli essenziali di assistenza, cioè tra le prestazioni a cui si può accedere tramite Sistema Sanitario Nazionale. Pertanto è a pagamento. Per accedervi è necessario prenotare un appuntamento presso la segreteria di Neurologia al numero 045.6013644 (dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12.30). Qui un medico consegnerà il kit per la raccolta della saliva e illustrerà le modalità di raccolta. La consegna dei campioni presso il Laboratorio Analisi deve essere preceduta dalla prenotazione allo 045.6013081 o sul sito www.sacrocuore.it bottone “Prelievo senza coda”
Dottor Rossato, quali sono le proprietà della melatonina?
La melatonina ha due proprietà fondamentali: ipnotica e cronobiotica. La prima è in grado di indurre e migliorare il mantenimento del sonno, mentre l’attività cronobiotica serve per sincronizzare il ritmo biologico (cioè il nostro orologio biologico interno) con il ritmo luce-buio (orologio esterno).
Quando la ghiandola pineale secerne la melatonina?
Solitamente il processo inizia all’imbrunire, grazie alle informazioni provenienti dai neuroni della retina. Quindi intorno alle 19.30-22 (per i bambini 19.30-21), in genere 2-3 ore prima dell’orario dell’addormentamento. La curva di secrezione raggiunge il picco intorno alle 3-4 del mattino per poi azzerarsi al momento del risveglio.
Per quali disturbi del sonno è indicato il dosaggio della melatonina?
Tutti quei disturbi che sono legati alle alterazioni del ritmo circadiano sonno-veglia. Per esempio: sindrome da fase ritardata di sonno o da fase anticipata di sonno, disturbo del sonno dei turnisti, jet lag, sindrome da ritmo sonno-veglia irregolare o ritmo non 24h. Ma il dosaggio può essere di aiuto in caso di insonnia, soprattutto nelle persone che hanno superato i 55 anni, e o nei disturbi del sonno quando è presente anche una malattia neurodegenerativa.
Come avviene il dosaggio?
La melatonina può essere dosata tramite un prelievo di sangue, attraverso le urine o la saliva. Attualmente il metodo più semplice e validato scientificamente è il dosaggio salivare. Prevede la raccolta di 5 campioni di saliva ad intervalli di 1 ora. Il primo campione viene raccolto a -3 ore dal consueto orario di addormentamento e l’ultimo a + 1 ora.
Quali informazioni avremo dal dosaggio?
L’analisi dei campioni descriveranno il bio-ritmo del soggetto. Solitamente per chi va a coricarsi alle 23, l’organismo inizia a produrre melatonina alle 21. Le cose cambiano per esempio negli anziani che vanno a letto molto presto e la cui produzione di melatonina inizia alle 18 o nei giovani che si addormentano molto tardi, con una produzione di melatonina che inizia a notte inoltrata. In questi casi è necessario “rieducare” il soggetto a un ritmo sogno-veglia più convenzionale, tramite indicazioni comportamentali. Il dosaggio di melatonina diventa poi particolarmente importante in coloro che soffrono della sindrome del turnista. Può capitare che i lavoratori che svolgono turni di notte, a lungo andare, non riescano più a dormire. La sindrome del turnista diagnosticata prevede la possibilità della sospensione dei turni almeno per sei mesi. In questo arco di tempo viene prescritta la melatonina esogena al fine di riportare l’orario di addormentamento a quello naturale, e la fototerapia per bloccare la produzione di melatonina al momento del risveglio.
Ma l’assunzione di melatonina può comportare dei rischi?
L’assunzione di melatonina è un trattamento medico e pertanto ha alcune indicazioni. Usarla senza valutazione medica per un po’ di insonnia o non dà nessun risultato o può contribuire a peggiorare l’insonnia se non si sono comprese le cause. L’assunzione di melatonina esogena infatti può modificare la secrezione di quella endogena, alterandone la tempistica di produzione e anche la quantità, che, per una sorta di equilibrio, diminuisce non senza conseguenze sul riposo.
I Rotary di Verona donano 15 caschi per la respirazione assistita
Un dono prezioso arriva dai Rotary veronesi: 15 caschi per la ventilazione assistita non invasiva, dispositivi utilizzati in Terapia intensiva per i pazienti affetti da Covid-19, ma che vengono impiegati da tempo per le insufficienze respiratorie, non tali da richiedere l’intubazione
Non si ferma la solidarietà legata all’emergenza Covid-19. Ieri mattina i Rotary Club della provincia di Verona hanno consegnato all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar 15 C-Pap, un dispositivo per la ventilazione assistita non invasiva che purtroppo abbiamo imparato a conoscere nel corso dei momenti più difficili della pandemia.
Il C-Pap – acronimo di Continuous Positive Airway Pressure – si presenta come un casco, all’interno del quale, grazie al collegamento con un ventilatore automatico, si crea una pressione positiva generando una miscela di ossigeno e aria. Viene impiegato in pazienti con insufficienza respiratoria, ma non tale da richiedere l’intubazione.
La donazione dei 15 caschi monouso rientra nel service “Terapia Intensiva Verona” che ha coinvolto gli 11 Rotary Club presenti nel Veronese. Altri C-Pap sono stati donati agli ospedali di Borgo Trento, Borgo Roma, Villafranca e Peschiera.
“Le cronache degli ultimi mesi hanno legato questo insolito “casco da astronauta” all’infezione da Covid, ma i C-Pap vengono impiegati da tempo all’interno delle rianimazioni per le insufficienza respiratorie”, ha spiegato il direttore della Terapia intensiva dell’Ospedale di Negrar, Massimo Zamperini. “Pertanto questa donazione è molto importante per il mio reparto anche al di là dell’emergenza Coronavirus, che ci auguriamo rimanga solo un ricordo”.
“Ringrazio di cuore il Rotary per l’attenzione al nostro ospedale – ha detto l’amministratore delegato, Mario Piccinini -. Siamo stati in prima fila fin dall’inizio dell’emergenza arrivando ad allestire 100 posti letto dedicati ai pazienti Covid, di cui 14 di terapia intensiva e 12 di semintensiva. Sono stati mesi difficili, durante i quali però è fiorita una grande solidarietà che ci ha supportato nell’affrontare la situazione. Questa donazione è un prezioso esempio”.
“Quando è scoppiata la pandemia ci siamo chiesti cosa potevamo fare come Rotary per aiutare il territorio. Vista la pressione sull’assistenza sanitaria abbiamo voluto intervenire proprio in questo ambito – ha raccontato Giuseppe Palleschi, past president del Rotary Verona Nord -. La generosità dei soci non si è fatta attendere: abbiamo raccolto 250mila euro con i quali abbiamo potuto acquistare non solo i caschi per la ventilazione non invasiva, ma anche ecografi, tablet e mascherine. Grazie al dottor Sergio Albanese, nostro socio e direttore dell’Otorinolaringoiatria di Negrar, abbiamo subito sondato le esigenze del “Sacro Cuore Don Calabria” e ci siamo attivati. Un’opportunità che per noi del Rotary Club Verona Nord assume un ulteriore significato in quanto l’ospedale gravita sul territorio di nostra competenza”.
Alla consegna erano presenti anche Gino Abati, Giuseppe Caruso e Maria Vittoria Lonardi rispettivamente co-prefetto, segretario e socia del Rotary Club Verona Nord. Inoltre hanno presenziato il dottor Fabrizio Nicolis, direttore sanitario, e la dottoressa Lorenza Cipriano, farmacista, sempre del “Sacro Cuore Don Calabria”.
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Il nuovo Centro prelievi "apre" ai donatori di sangue
Da oggi le donazioni di sangue si effettuano al primo piano della nuova struttura d’ingresso dove è stato trasferito, dal “Sacro Cuore”, il Centro prelievi. La palazzina è raggiungibile da viale Rizzardi oppure direttamente dai parcheggi interrati con ingresso in via Ghedini. Per i donatori il parcheggio è gratuito
Da oggi, 29 luglio, le donazioni di sangue vengono effettuate al primo piano della nuova struttura d’ingresso, dove è stato trasferito – dall’ospedale Sacro Cuore – il Centro prelievi.
Le donazioni si possono fare dal lunedì al venerdì dalle ore 8.00 alle ore 10.30 e la seconda domenica del mese (come da calendario) sempre nella stessa fascia oraria. E’ necessaria la prenotazione telefonando al numero verde 800310611 (gratuito da rete fissa) o allo 0442.622867 (per chiamate da cellulare) oppure scrivendo a prenota.trasfusionale@aulsslegnago.it
Il nuovo Centro prelievi si raggiunge a piedi da viale Rizzardi o direttamente dai tre piani interrati di parcheggi con ingresso da via Ghedini (a fianco dell’ex ingresso di Casa Perez). Il parcheggio per i donatori è gratuito: per annullare il biglietto basta consegnare in portineria il foglio di avvenuta donazione consegnato dal personale del Centro prelievi.
Al primo piano per la donazione si accede direttamente senza effettuare l’accettazione.
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Perché donare il 5Xmille al"Sacro Cuore": lo spiega un video
Guarda il video della campagna “5Xmille” a favore della ricerca sanitaria dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria: solo con la solidarietà possiamo sconfiggere le malattie, ridonando speranza nel futuro a molte persone
“Insieme nella ricerca, più forti nella cura”: non è solo uno slogan, ma una convinzione. La solidarietà è il motore della vita sociale e lo è anche della ricerca. Il 5Xmille non è una semplice donazione, ma un mezzo attraverso il quale ciascuno di noi può contribuire a sconfiggere le malattie e dare nuova speranza a coloro che soffrono. Clicca il bottone qui sotto DONA ORA e potrai vedere il video di presentazione della nostra campagna e avere tutte le informazioni su come devolvere il 5Xmille a favore della ricerca sanitaria dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria.
Anche in epoca Covid, al "Sacro Cuore" il papà entra in sala parto
La pandemia costringe ad adottare misure ‘restrittive’ per la sicurezza di tutti. Ma il “Sacro Cuore Don Calabria” non ha voluto togliere ai futuri papà la gioia di assistere alla nascita del loro figlio, anche a coloro che, positivi al Covid, non possono essere fisicamente presenti in sala parto. Ecco come
La nascita di un figlio, di ogni figlio, è un momento irripetibile, sia per la mamma e sia per il papà, che l’Ostetricia del “Sacro Cuore Don Calabria” ha voluto preservare anche e nonostante il Covid 19, assumendo tutte le misure necessarie perché il partner possa stare vicino alla partoriente senza venir meno alla sicurezza della futura mamma, del bambino, dei sanitari e delle altre degenti.
Per questo in prossimità della presunta data del parto – circa una settimana prima dei monitoraggi programmati – sia la gestante che il partner vengono sottoposti gratuitamente al tampone naso-faringeo per la ricerca del virus SARS Cov2.
Se il travaglio inizia prima dell’esecuzione del tampone o del referto di quest’ultimo, il padre può assistere ugualmente al travaglio e al parto con tutte le precauzioni necessarie e rimanere in reparto, sempre con mascherina e mantenendo il distanziamento, per le prime due ore successive alla nascita. Alla partoriente, invece, il tampone viene fatto all’ingresso in reparto. Appena possibile anche il papà viene sottoposto a tampone e potrà accedere in reparto nei giorni seguenti se il suo tampone e quello della mamma sono entrambi negativi.
Il partner NON può entrare in sala parto SOLO se all’ingresso in ospedale nei punti del triage gli vengono rilevati sintomi riconducibili al Covid-19, se la gestante è positiva al tampone o sospetta tale o se sottoposto alla misura dell’isolamento domiciliare fiduciario perché positivo a Covid-19 o per contatto ravvicinato con persona positiva. Anche in queste circostanze il “Sacro Cuore Don Calabria” ha voluto creare il modo affinché il futuro papà possa assistere alla nascita: tramite tablet o videochiamata.
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Le radiazioni che curano le "tempeste del cuore"
STAR o radioterapia stereotassica ablativa per le aritmie ed è una procedura innovativa che coniuga cardiologia e radioterapia, quest’ultima impiegata tradizionalmente per la cura dei tumori. L’IRCCS di Negrar è il primo centro in Italia per numero di interventi e per aver impiegato in questo trattamento uno speciale corpetto che rende la metodica totalmente non invasiva anche per quanto riguarda la diagnostica
La sensazione è quella dello svenimento imminente, ma prima della perdita di coscienza interviene il defibrillatore. E non senza dolore. Una condizione sopportabile quando le tachicardie ventricolari causate da gravi cardiomiopatie dilatative sono rare, ma nei casi in cui si scatenano anche una ventina di “storm aritmici” al mese non rispondenti ai farmaci, l’aspettativa e la qualità di vita peggiorano fatalmente. E’ il caso dei tre pazienti che da marzo ad oggi (l’ultimo giovedì scorso) sono stati sottoposti all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) a un trattamento innovativo e non invasivo chiamato STAR o radioterapia stereotassica ablativa per le aritmie.
Si tratta di una metodica promettente che coniuga cardiologia e radioterapia, questa normalmente impiegata nella cura di tumori. Essa richiede un’elevata esperienza nell’impiego di alte tecnologie sia nel campo radioterapico che cardiologico. Per tutti questi motivi sono ancora pochi i centri al mondo ad effettuarla: l’IRCCS di Negrar è quello che registra in Italia la casistica più alta con tre pazienti finora trattati ed è l’unico ospedale ad effettuare un trattamento totalmente non invasivo, anche per quanto riguarda la parte diagnostica, grazie all’utilizzo di uno speciale elettrocardiogramma indossabile dal paziente come un corpetto.
Per la cura multidisciplinare delle gravi cardiopatie si apre quindi una nuova prospettiva che potrebbe interessare i 750 pazienti in Italia affetti da queste patologie, una piccola ma importante percentuale, in termini di costi umani e sanitari, delle 15mila persone portatrici di pacemaker.
La procedura si svolge in un’unica seduta della durata di pochi minuti, nel corso della quale le aree del cuore dove nascono le aritmie vengono colpite da un fascio di radiazioni ionizzanti con precisione millimetrica, creando una cicatrice omogenea tale da interrompere il “cortocircuito” cardiaco. Il trattamento non ha richiesto ricovero e dopo brevissimo periodo di osservazione i pazienti sono ritornati a casa. Attualmente le loro condizioni sono buone.
“Le linee guida prevedono il trattamento di questi pazienti con ablazione transcatetere che utilizza la radiofrequenza veicolata attraverso cateteri che vengono posizionati nel cuore, nel punto in cui è presente il ‘cortocircuito’ che fa scatenare le aritmie – spiega il dottor Giulio Molon, direttore della Cardiologia – Si tratta di una procedura ad alto rischio in persone il cui quadro clinico è già gravemente compromesso da infarti pregressi e da aritmie frequenti controllate dal defibrillatore. Il defibrillatore della prima paziente, che abbiamo trattato a marzo in piena pandemia, per esempio, ha registrato 104 aritmie in tre mesi, un ‘super lavoro” che ha portato alla sostituzione precoce del dispositivo. In questi casi le armi convenzionali che disponiamo – farmaci e ablazione transcatetere – sono inefficaci o ad alto rischio. La radioterapia, invece, dà buoni risultati. Se la terapia si dimostrasse efficace e sicura su ampi numeri potrebbe essere applicata in futuro a ogni tipo di aritmia”.
“STAR è un’estensione della radioterapia stereotassica, già nota come efficace e poco invasiva in oncologia, nel campo cardiologico”, spiega Filippo Alongi, direttore della Radioterapia Oncologica Avanzata del “Don Calabria” e professore associato all’Università di Brescia. “Impiegata correntemente per il trattamento dei tumori primitivi o metastatici, questo tipo di sistema consente l’erogazione di alte dosi direttamente sul tumore con estrema precisione e con un ridotto coinvolgimento dei tessuti sani circostanti. Lo stesso meccanismo avviene nelle aree del cuore che scatenano le aritmie le cui cellule, grazie alle radiazioni, subiscono un danneggiamento tale da portarle alla morte. Si viene così a formare una cicatrice omogenea che impedisce il formarsi del ritmo anomalo”.
Per identificare nel modo più accurato possibile il sito specifico da trattare e salvaguardare il resto del cuore, per la prima volta in Italia sono state utilizzati in questo trattamento esami diagnostici totalmente non invasivi come la risonanza magnetica cardiaca, la PET, la Tc e un innovativo sistema indossabile dallo stesso paziente.
“Tecnicamente è un Elettrocardiogramma – illustra Molon – ma si presenta come un corpetto totalmente coperto da elettrodi. Questo consente dopo esecuzione di Tc e dopo aver indotto la tachicardia ventricolare tramite defibrillatore, di aver un mappaggio tridimensionale completo del muscolo cardiaco all’interno del quale individuare perfettamente la sede da trattare”.
Il primo studio STAR, condotto su 5 pazienti, è stato pubblicato nel 2017 su New England Journal Medicine. “E’ una tecnica ‘giovane’, rimangono da definire i risultati come pure i rischi ed i possibili effetti indesiderati, sia a breve che a lungo termine. Serviranno dati più robusti e studi prospettici con numero di pazienti adeguato per poterne confermare la validità. Ma le premesse sono molto buone”, precisano i due primari.
Nella foto di copertina: da sinistra il dottor Giulio Molon, il professor Filippo Alongi e il dottor Niccolò Giaja Levra
Nella foto allegata: lo speciale elettrocardiogramma indossabile come un corpetto
Nel video: il dottor Molon e il professor Alongi spiegano la procedura. Sotto anche in english version
Il Centro prelievi si trasferisce nella nuova struttura d'ingresso
Nuova collocazione del Centro prelievi: dal “Sacro Cuore” alla nuova struttura d’ingresso di viale Rizzardi. Questo a partire da mercoledì 22 luglio. La nuova sede è raggiungibile direttamente in auto dai parcheggi interrati salendo prima al piano terra per l’accettazione e poi al primo piano per eseguire l’esame. E’ sempre attiva la prenotazione on line o telefonica.
A partire da mercoledì 22 luglio, il Centro prelievi dell’Ospedale di Negrar sarà trasferito dal “Sacro Cuore” nella nuova struttura con ingresso pedonale da viale Rizzardi, inaugurata lo scorso 19 giugno. Ai donatori di sangue, invece, la nuova sede sarà accessibile dal 29 luglio.
L’ingresso diretto alla palazzina è possibile dai parcheggi interrati di via Ghedini, salendo al piano terra dove sono collocati gli sportelli per l’accettazione. Svolta questa operazione, si passa al primo piano per effettuare il prelievo – in base al numero di chiamata – nei sette ambulatori dedicati.
Per ridurre l’attesa ed evitare gli assembramenti, rimane il sistema di prenotazione on line (su www.sacrocuore.it bottone “prelievo senza coda”) oppure telefonico al numero 045.6013081. In questo modo si può scegliere l’orario più adeguato alle proprie esigenze: dal lunedì al venerdì nella fascia dalle 6 alle 8.15 o il sabato dalle 7 alle 10.30. Con la prenotazione non è necessario prelevare il biglietto dal totem “elimina coda” collocato all’entrata, ma solo attendere di essere chiamati dagli sportelli dell’accettazione in base all’orario dell’appuntamento.
Il trasferimento di sede non è la sola novità del Centro prelievi. Nel processo di gestione del prelievo è stato introdotto un sistema di etichettatura robotica delle provette, che garantisce maggiore sicurezza nell’identificazione del prelievo. In pratica le etichette non vengono consegnate al paziente all’accettazione e poi applicate a mano sulle provette nel momento del prelievo, ma l’operatore sanitario preleva direttamente dal ‘robottino’ le provette già etichettate dopo aver digitato sullo stesso il numero di accesso del paziente.
“Come per tutta la palazzina, anche il nuovo centro prelievi è stato realizzato e organizzato tenendo conto delle esigenze del paziente”, spiega il dottor Antonio Conti, direttore del Laboratorio di Analisi cliniche. “Esigenze di sicurezza, innanzitutto. Ma anche di comodità. La nuova sede è raggiungibile direttamente dai parcheggi e ha a disposizione spazi più ampi di attesa oltre che un maggior numero di ambulatori per i prelievi. La prenotazione on line e telefonica inoltre ci permette di ridurre le attese e di evitare gli assembramenti. Chiedo solo un po’ di pazienza (soprattutto nei primi giorni) e la puntualità tenendo conto che sono in vigore tutte le misure di contenimento del contagio all’ingresso: misurazione della temperatura corporea, controllo dell’impiego corretto della mascherina e igenizzazione delle mani”.
I tre piani interrati del nuovo ingresso dispongono di 308 stalli per i parcheggi, di cui 48 dedicati ai disabili. Il costo minimo è di 1 euro, per le ore successive 30 centesimi ogni 15 minuti. Per i disabili, forniti di tesserino, il parcheggio è gratuito.
L'albero con le radici in alto, simbolo dell'Opera Don Calabria
L’artigiano veronese Marco Bonamini, maestro del ferro, descrive la splendida opera intitolata “La Quercia della Speranza”, un monumentale albero rovesciato, che con i suoi 7,5 metri copre un’altezza che va dal secondo a quarto piano della nuova palazzina d’ingresso dell’ospedale
«Le opere degli uomini cominciano con una grande base, e terminano in punta; mentre quelle di Dio cominciano con un punto, e si allargano sempre più. – Le opere degli uomini sono come una piramide che poggia in terra; quelle di Dio vi appoggiano appena la punta. – Noi abbiamo le radici in su»
(citazione contenuta in O. Foffano, Giovanni Calabria, Ferrara, 1956).
“Quando mi è stato proposto di realizzare l’opera da collocare all’interno dell’ospedale di Negrar ho pensato subito alla quercia. La quercia è una pianta forte, longeva che fissa le sue radici al terreno per poter resistere alle intemperie e sostenere la sua imponenza. Oggi io, quella imponenza, la identifico molto nella forza del luogo dell’ospedale, dove abitano persone bisognose di cure e – proprio perché bisognose -la identifico anche nella loro forza di spirito”.
Così Marco Bonamini, artigiano veronese e titolare della Bonamini Mario Maestro del Ferro S.N.C. Di Bonamini Marco, descrive di come è sorta l’idea della nascita della scultura “La Quercia della Speranza”, un albero rovesciato con le radici in alto che rappresenta l’Opera fondata da San Giovanni Calabria, la quale riceve nutrimento per vivere dal Cielo e non dagli uomini. L’opera è collocata nel vano luminoso nella parte centrale del nuovo ingresso dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria. Si tratta di un lavoro artistico monumentaleche con i suoi 7,5 metri (per 13 quintali di peso) copre un’altezza che va dal secondo a quarto piano (vedi i due video in fondo a questo articolo).
Perché una quercia? Così risponde Bonamini
“La quercia come segno della vita. La vita è un dono e Qualcuno ce l’ha donata. Ciascuno di noi ha la responsabilità di averne cura. E’ inevitabile quando pensiamo alla responsabilità far riferimento a ciò che la alimenta, dove poggia e prende vigore. Per una persona che si ammala e che viene curata, in ballo ha proprio la vita ed il suo senso. La cura prestata dalla sapienza dei medici è per ridonare la vita nella salute ed ha effetto maggiore qualora l’ammalato trova la voglia di vivere, la voglia di reagire. La quercia ha la caratteristica di una vita secolare perché nella sua natura c’è la fortezza, c’è la resistenza e nella sua maestosità la tendenza ad aprirsi al cielo, alla luce!
La quercia come segno di ospitalità.
L’esempio ci viene incontro dalla Bibbia: Abramo, senza eredi e senza più speranza, si riposa all’ombra della Quercia di Mamre. Quando vede arrivare tre viandanti, con un gesto inusuale, corre loro incontro e, riconoscendo in essi la presenza dell’Altissimo, li implora di accettare la sua ospitalità. La quercia diviene il luogo dell’accoglienza. L’ospedale è il luogo dell’accoglienza, prima ancora della cura.
La quercia come segno di legame con il cielo e ponte per la Speranza.
La quercia rovesciata è per Marco il simbolo della conversione dell’uomo e delle sue opere. E’ necessario (lo abbiamo visto in questo periodo di pandemia) ritornare all’origine divina, ritornare a Colui che ci dona la vita e che per primo ci ha accolto, con tutta la nostra fragilità umana. Per rinascere più saldi, forti e nuovi. La vita eterna prende nutrimento dall’energia celeste. Come diceva don Calabria: “L’Opera è il rovescio del mondo, ha i suoi fondamenti non in terra ma in cielo”. Noi abbiamo le radici della nostra vita ancorate in su, al cielo. La nostra quercia (la vita) dipende dalle nostre radici. Sia come tradizione, sia come sguardo verso Qualcuno che ci ha fatti.
Un accenno alla tecnica costruttiva dell’opera
Si parla di ferro battuto proprio perché si sono prese delle lamiere, arroventate al calor rosso sulla forgia e battute a mano sull’incudine, per dare loro la forma dell’albero. Le singole parti sono state saldate assieme. Anche le foglie sono state formate sull’incudine, dando loro quel movimento che nella realtà ne sono caratteristica. Se ben si guardano, sono sì tutte simili, ma anche tutte diverse perché battute (create) a mano, con fatica e sudore.
Chi è Marco Bonamini
La sensibilità estetica, l’interiorizzazione e la successiva realizzazione artistica dei sentimenti umani, il maestro Marco l’ha acquisita alla scuola del padre Mario. Questo lungo apprendistato ha permesso a Marco di avere la sensibilità necessaria alla realizzazione dell’ulivo, sempre in ferro battuto, esposto nel Cenacolo a Gerusalemme quale simbolo della compresenza delle tre religioni monoteiste; della creazione del monumento reliquiario a San don Calabria, con le mani imploranti e che si trova in un posto tanto caro al Santo in quanto organizzava i campiscuola per i ragazzi (Castelcerino di Soave) ed a molte altre opere (vedi ad esempio il memorial ai donatori di sangue di Cazzano di Tramigna) tutte improntate alla valorizzazione dell’Uomo e della sua aspirazione al Bene ed alla solidarietà umana.
Boom di nascite: ecco come il "Sacro Cuore" sta affrontando l'emergenza
La chiusura del Punto Nascita del maggiore Ospedale cittadino ha comportato un sovraccarico di attività presso il “Sacro Cuore Don Calabria”, come in tutta la provincia. Si consiglia pertanto alle future mamme di telefonare sempre prima di recarsi in ospedale; sarà poi il personale a valutare se si rende necessario il dirottamento in un’altra struttura con maggiore disponibilità logistica in quel momento, al fine di garantire la massima sicurezza per la donna e il bambino.
Come è noto, il 12 giugno, sono state chiuse la Terapia neonatale, quella pediatrica e l’Ostetricia dell’Ospedale della Donna e del Bambino dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, che nell’ultimo anno ha registrato 3600 parti. Questo ha comportato un notevole aumento dell’attività in tutti i restanti punti nascita della provincia scaligera. Anche di quello dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar.
L’Ostetricia, diretta dal dottor Marcello Ceccaroni, ha visto dal 12 giugno la nascita di 170 bambini, con un incremento, rispetto al mese precedente, del 186%.
Per far fronte all’emergenza in Ostetricia sono stati prolungati i turni dei medici e raddoppiato il numero dei ginecologi di guardia e i reperibili di notte. Per quanto riguarda le ostetriche non solo è stato prolungato l’orario di servizio, ma sono stati rafforzati i turni con 1 o 2 unità in più per turno, introducendo anche altro personale ostetrico per incrementare il supporto alle neo mamme all’inizio dell’allattamento. Anche la Pediatria sta sostenendo uno sforzo straordinario. Infatti oltre ad aver messo a disposizione i propri posti letto a seconda delle esigenze per accogliere le puerpere, ha esteso per tutto l’arco della settimana l’attività dell’ambulatorio di Neonatologia (prima attivo solo due giorni) per consentire in tutta sicurezza le dimissioni precoci del neonato (entro le 48). Inoltre al Nido è stata rafforzata l’assistenza infermieristica e medica con un’infermiera e un medico in più anche il sabato e la domenica.. Infine anche l’attività del Dipartimento di Anestesia è stato rimodulata in mondo da garantire h24 la partoanalgesia.
Tuttavia, nonostante tutte le forze messe in campo, può succedere (ed è già accaduto) che si presenti la necessità di trasferire le partorienti in altri punti nascita della provincia. Questo per garantire la massima sicurezza e assistenza alla donna e al nascituro.
In proposito vorremmo tranquillizzare tutte le mamme e dare anche delle indicazioni.
I punti nascita della provincia di Verona sono in rete, cioè costantemente in collegamento per accogliere nel modo migliore e in qualsiasi momento le partorienti. Quindi in ogni punto nascita è garantito lo stesso livello di assistenza e tecnologico.
E’ consigliabile prima di recarsi in ospedale telefonare sempre allo 045.6013358 per avvisare del proprio arrivo e per assicurarsi della disponibilità delle sale parto in quel momento. Sarà poi il personale in base all’imminenza del parto e alla situazione logistica contingente se consigliare o meno alla futura mamma di rivolgersi ad un’altra struttura. Tutti parti in urgenza sono garantiti e il costante collegamento con il 118 consente di dirottare in tempo reale la partoriente che arriva in ambulanza nella struttura con maggiori disponibilità.
Tutto il personale dell’Ostetricia è perfettamente consapevole quanto questa emergenza provochi comprensibilmente molta ansia nelle donne che stanno per dare alla luce il loro bambino. Ma nello stesso tempo assicura il proprio impegno nel far sì che l’evento unico della nascita sia vissuto dai genitori con la massima serenità e sicurezza.
Melanoma allo stadio avanzato: la metà dei pazienti guarisce
Il melanoma fa meno paura: l’87% dei pazienti sopravvive a 5 anni e la metà di coloro che hanno avuto una diagnosi di malattia avanzata guarisce. “Ma sul piano della prevenzione è necessario fare di più, facendo attenzione al sole”, ammonisce la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia Medica.
E’ da sempre uno dei tumori più temuti, ma oggi i dati dimostrano che può essere curato con successo: l’87% dei pazienti affetti da melanoma sopravvive a cinque anni. Questo grazie alla diagnosi e ai trattamenti chirurgici precoci e all’introduzione di farmaci di nuova generazione che dimostrano la loro efficacia nei pazienti affetti da malattia avanzata. “Ma si deve fare di più sul fronte della prevenzione”, ammonisce la dottoressa Stefania Gori, direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria e presidente della Fondazione AIOM. Fondazione che da poco ha dato alle stampe proprio un Quaderno informativo sul melanoma. (scarica il Quaderno)
Aumentano i casi tra i giovani: serve più prevenzione
Di fronte a un dato positivo, ce n’è un altro infatti che preoccupa gli oncologi: delle 12.300 diagnosi registrate in Italia nel 2019, il 20% riguarda pazienti al di sotto dei 40 anni.
“Se riconosciuto precocemente, il melanoma può essere curato con successo anche solo con l’intervento chirurgico. E la diagnosi precoce è possibile perché il melanoma, a differenza di altri tumori, è visibile. Invece con il passare del tempo può diffondersi ad altri organi ed essere fatale – spiega la dottoressa Gori -. Per questo è fondamentale far attenzione alla propria pelle e rivolgersi subito allo specialista per qualsiasi cambiamento dell’aspetto della cute. Si deve fare di più per la prevenzione anche con un’esposizione solare accorta e protetta: purtroppo i rischi legati alle radiazioni ultraviolette naturali e anche ai lettini abbronzanti sono ancora troppo sottovalutati in particolare dai più giovani, con un numero crescente di nuovi casi al di sotto dei 40 anni”.
Prendere il sole fa bene ma non senza protezione
Il sole fa bene alla nostra salute e al nostro umore, ma deve essere preso con moderazione (evitando le ore centrali della giornata) e mai senza la protezione delle crema solare. Non esiste una crema a schermo totale. Soprattutto per coloro che corrispondono al fototipo cutaneo chiaro (capelli biondi o rossi, pelle e occhi chiari) è raccomandabile utilizzare un fattore di protezione non inferiore a 50+. Con l’accortezza di ripetere l’applicazione almeno ogni due ore. Così come una visita dermatologica annuale è altamente raccomandata per le persone che presentano un elevato numero di nevi e/o nevi atipici.
Malattia avanzata: nella metà dei casi si guarisce
“La diagnosi precoce resta la prima arma vincente per configgere questo tumore – sottolinea l’oncologa -. Tuttavia non bisogna dimenticare che nel 10% dei casi, il melanoma è di difficile riconoscimento perché si manifesta in maniera anomala. Sono infatti circa 2000 i pazienti che ogni anno ricevono una diagnosi di malattia avanzata o vengono sottoposti a intervento chirurgico per una neoplasia che può essersi estesa anche ai linfonodi loco-regionali. Per questi pazienti oggi possiamo fare molto, tanto che la metà di loro va incontro a guarigione”.
Grazie a farmaci di nuova generazione
“Anche nei casi in cui la malattia è stata asportata chirurgicamente ma c’è un elevato rischio di recidiva, si possono infatti impiegare terapie adiuvanti che dimezzano la probabilità di ricadute – spiega Alessandro Minisini del Dipartimento di Oncologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli Centrale-Udine e curatore del Quaderno Melanoma – . Si tratta di utilizzare farmaci a bersaglio molecolare, mirati a specifici target presenti sulle cellule tumorali, oppure immunoterapici anti PD-1 che potenziano la risposta del sistema immunitario del paziente nei confronti del tumore. Entrambe le categorie di farmaci si sono dimostrate efficaci nel migliorare la sopravvivenza libera da ripresa di malattia nei pazienti operati radicalmente e con linfonodi interessati dalla malattia. Questi farmaci hanno anche aumentato la sopravvivenza globale nei pazienti con melanoma in stadio avanzato”.
Per ogni caso una terapia “su misura”
“La scelta della terapia dipende dall’analisi dettagliata delle caratteristiche del tumore, che può identificarne i ‘punti deboli’ della neoplasia, consentendo trattamenti mirati e più efficaci – conclude la dottoressa Gori – Le terapie adiuvanti vengono impostate dopo un’analisi dettagliata e multidisciplinare del tumore. Per esempio, la mutazione del gene BRAF è riscontrata in circa il 50% dei casi e se presente può indicare l’opportunità di usare specifici farmaci a bersaglio molecolare; gli immunoterapici, invece, possono essere scelti indipendentemente dalla presenza della mutazione”.