Malattie reumatiche: attenzione alle "bandierine rosse"
Le “Red Flags” in Reumatologia sono i sintomi specifici che indicano la probabile presenza di malattie reumatiche. Quali sono? Se ne parlerà in un incontro al “Sacro Cuore” sabato 11 maggio
Le malattie reumatiche sono tra le patologie più diffuse nella popolazione generale – si stima che ne soffrano in Italia 5 milioni di persone – ed anche tra le più complesse da diagnosticare. Ma ci sono delle “red flags”, cioè delle bandierine rosse, intese come sintomi specifici che devono “mettere in allarme”, soprattutto il medico di medicina generale a cui solitamente il paziente si presenta in prima battuta.
Di “Red Flags in Reumatologia” si parlerà sabato 11 maggio all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, nel tradizionale seminario primaverile (giunto alla XII edizione) organizzato dal dottor Antonio Marchetta (nella PhotoGallery), responsabile della Servizio di Reumatologia del nosocomio di Negrar, e rivolto principalmente ai medici di medicina generale (programma in allegato). Ma quali sono i “campanelli di allarme” più comuni?
Artriti croniche
Le artriti croniche rappresentano le forme più frequenti e invalidanti di malattia reumatica. Per quanto riguarda l‘artrite psoriasica vi è sempre un’associazione strettissima con la psoriasi cutanea. La caratteristica manifestazione di questa patologia della pelle molto spesso non è evidente e quindi deve essere ricercata nelle zone meno comuni come le unghie, il cuoio capelluto o i genitali. Nei casi di familiarità può essere anche totalmente assente e la presenza di psoriasi emerge da un’attenta anamnesi. La difficoltà di diagnosi è dovuta al fatto che sono forme sieronegative, con l’assenza del fattore reumatoide e degli anticorpi anti-citrullina nel sangue. Tuttavia un mal di schiena persistente in un giovane adulto, soprattutto se si manifesta di notte o al risveglio, in presenza di psoriasi cutanea o disturbi intestinali, deve fare sospettare una spondiloartrite. Dolori articolari alle mani e ai polsi, gonfiore e ingommamento al risveglio possono essere invece sintomi di un’artrite reumatoide, se accompagnati da alterazioni degli indici di infiammazione, dalla positività del fattore reumatoide e dagli anticorpi anti-citrullina nel sangue.
Un ruolo importante nella diagnosi precoce e nel follow up delle artriti croniche lo riveste l’ecografia osteoarticolare a cui il Centro di Negrar ha attivato da tempo un servizio dedicato. Sempre nell’ambito delle artriti croniche, una sessione dell’incontro è dedicata all’esperienza del Servizio di Reumatologia del “Sacro Cuore Don Calabria” relativamente all’utilizzo dei farmaci biologici e dei loro biosimilari, farmaci che hanno radicalmente cambiato la vita dei pazienti consentendo periodi di remissione della malattia anche di molti anni. Tra i farmaci più innovativi vi sono le “piccole molecole”, proteine che agiscono a livello intracellulare con meccanismi completamente diversi dai farmaci biologici e proprio per questo rappresentano delle nuove opportunità terapeutiche per i pazienti che non hanno risposto al trattamento proprio con i biologici. Inoltre sono assumibili per via orale.
Il fenomeno di Raynaud
E’ una condizione molto frequente nelle giovani donne e si manifesta con le caratteristiche mani bianche o blu, dovute a esposizione alla basse temperature o a forti emozioni. Meno frequentemente è causato da farmaci o attività lavorative particolari (uso di martello pneumatico). Al pallore cutaneo intenso (ischemia ) segue una fase di cianosi (colore violaceo da vasodilatazione brusca). Il paziente avverte una sensazione dolorosa intensa con formicolio, perdita temporanea della sensibilità alle estremità delle mani e dei piedi, ma talora anche a livello del naso, delle orecchie e persino della lingua. Il fenomeno di Raynaud deve sempre essere indagato e non può essere considerato come qualcosa di innocuo o incurabile. Infatti molto spesso rappresenta il sintomo di esordio delle connettiviti e della sclerodermia, una condizione molto invalidante se non riconosciuta e trattata precocemente. Molto spesso la sclerodermia può essere diagnosticata con un semplice esame strumentale, la videocapillaroscopia, e la ricerca nel sangue di autoanticorpi specifici.
La gotta
La gotta è una forma di artrite che si manifesta più comunemente negli uomini di media età ed è caratterizzata da episodi di artrite acuta (che si manifesta con forti dolori all’alluce del piede) accompagnati da elevati livelli di acido urico nel sangue. L’eccesso di acido urico è dovuto a una alimentazione ricca di carne e grassi, a un consumo elevato di alcol, di bevande gassate e zuccherate. Influiscono molto uno scarso apporto di acqua durante la giornata e l’assunzione quotidiana di farmaci, quali i diuretici o la aspirina.
Il dottor Ceccaroni docente di anatomia negli stessi luoghi di Leonardo
Il direttore della Ginecologia sarà protagonista di un grande evento all'Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze: una lezione di anatomia chirurgica nella stanza dove Leonardo dissecava i cadaveri per capire le funzioni del corpo umano
A 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci, la sala settoria dell'Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze, dove il genio fiorentino compiva i sui studi autoptici, sarà riaperta per ospitare una moderna lezione di anatomia su cadavere, sulle orme di quanto accadeva nel 1500.
Ad indossare i panni di un moderno Da Vinci, sarà il dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) e presidente dell'International School of Surgical Anatomy (ISSA School).
L'evento di giovedì 9 maggio rientra nel programma dell'International Congress dell'AAGL, l'associazione mondiale di ginecologia laparoscopica che si terrà nel capoluogo toscano dall'8 all'11 maggio e richiamerà a Firenze i più importanti e rinomati ginecologi, chirurghi e ricercatori per seguire la tre giorni del "Rinascimento Chirurgico". Ad oggi sono oltre ottocento i professionisti che si sono iscritti.
Il dottor Ceccaroni - 46 anni, romagnolo originario di Cesena, direttore a Negrar dal 2014 - è uno dei maggiori esperti internazionali nel trattamento chirurgico dell'endometriosi severa, di cui il "Sacro Cuore Don Calabria" vanta una delle più alte casistiche a livello mondiale. Appassionato fin da bambino di anatomia ("mia nonna quando uccideva i conigli per il pranzo della domenica mi mostrava e spiegava la funzione degli organi"), è autore dell'unico Atlante di Neuroanatomia della pelvi femminile, scritto dopo alcuni anni di studi su cadavere all'Università René Descartes di Parigi. E' stato anche uno dei pochi chirurghi italiani a fare parte del Consiglio direttivo dell'AAGL in rappresentanza dell'Europa, Medio Oriente e Africa.
"E' un grande onore e una grande emozione poter tenere una lezione in un luogo simbolo del genio di Leonardo, dove egli ha dato un grande impulso alla medicina moderna - commenta il dottor Ceccaroni -. Prima di Leonardo le dissezioni di cadavere erano solo a scopo didattico per mostrare agli studenti e ai medici l'anatomia umana, un'anatomia ancora legata a teorie mediche aristoteliche ed ippocratiche. Con Leonardo, invece, nasce una anatomia moderna basata su cause ed effetti e sullo studio delle funzioni. A lui dobbiamo alcune scoperte importanti e la nascita delle prime vere autopsie, avendo tra i suoi obiettivi anche quello di ricercare la causa della morte o della longevità di una persona".
Nella lezione magistrale sarà mostrato un intervento laparoscopico eseguito con le più recenti tecnologie chirurgiche, che oggi consentono di preservare molte funzionalità (vescicale, sessuale, intestinale) dell'apparato genitale femminile anche in presenza di gravi patologie (tecniche nerve-sparing).
La suggestiva sala dove il dottor Ceccaroni terrà la sua lezione di anatomia chirurgica laparoscopica, si trova all'interno della "stanza delle vasche di Leonardo", situata a sua volta nei sotterranei del "Santa Maria Nuova", l'ospedale più antico del mondo ancora in funzione, fondato nel 1288 da Folco Portinari, padre della Beatrice cantata da Dante Alighieri. In questa sala, mai aperta al pubblico, Leonardo ha dissecato una trentina di cadaveri, dando inizio allo studio autoptico sistematico dell'anatomia umana. Delle sue dissezioni all'Ospedale Santa Maria Nuova, Leonardo scrive in numerosi suoi manoscritti, uno dei quali in particolare, è entrato a far parte della Royal Library del Castello di Windsor. Sempre nella stessa sala Leonardo eseguì la dissezione di un uomo morto centenario, per scoprire il segreto di tale longevità.
Con il dottor Ceccaroni nella sala settoria saranno presenti il dottor Alberto Mattei, direttore della struttura aziendale di chirurgia ginecologica minivasiva dell'Azienda Usl Toscana centro, alcuni assistenti chirurghi e i tecnici per il collegamento in diretta con il Centro Congressi di Firenze e con i più prestigiosi ospedali del mondo.
L'IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria sarà protagonista di altri momenti del Congresso. Insieme al dottor Ceccaroni, (co-chair meeting scientifico), i dottori Roberto Clarizia, Daniele Mautone, Giovanni Roviglione, Francesco Bruni e la dottoressa Anna Stepniewska, terranno alcune relazioni e due corsi di anatomia.
Sabato 11 maggio, invece, il dottor Ceccaroni effettuerà in diretta dalle sale operatorie di Negrar uno degli interventi di "live surgery" previsti durante il Congresso. Gli altri interventi saranno effettuati presso le sale operatorie dello stesso Ospedale Santa Maria Nuova, del "Gemelli" di Roma, del "San Raffaele" di Milano e del Centro di Ginecologia endoscopica avanzata Malzoni di Avellino.
Quello effettuato a Negrar sarà un intervento di eradicazione laparoscopica di endometriosi pelvica severa con probabile resezione intestinale, a cui parteciperanno anche il dottor Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia generale, e il chirurgo urologo Giuseppe Caleffi.
A Negrar i maggiori esperti europei di Medicina tropicale e dei viaggi
TropNet, il network che comprende 75 Centri europei, è coordinato dal 1° aprile dal professor Zeno Bisoffi. Il tema della due giorni è la schistosomiasi, una patologia tropicale che interessa tutti i viaggiatori
Giovedì 9 e venerdì 10 maggio l'Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico per le malattie infettive e tropicali, ospiterà l'incontro di TropNet, il network europeo di cui fanno parte 75 Centri di Malattie infettive e tropicali e/o di medicina dei viaggi. Dal 1° aprile il coordinamento del network è stato affidato al professor Zeno Bisoffi, direttore del Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e di microbiologia, coadiuvato dai dottori Andrea Angheben e Federico Gobbi, sempre dell'Ospedale di Negrar.
TropNet il network dei Centri europei di Medicina Tropicale sotto la guida di Negrar
Il fine principale di TropNet è quello di costituire una piattaforma di ricerca e di sorveglianza delle patologie d'importazione, di creare protocolli standardizzati per la gestione dei pazienti con tali patologie e di favorire la formazione in medicina tropicale e in medicina dei viaggi a livello europeo.
La schistosomiasi, la patologia tropicale negletta ma non rara
In occasione dell'incontro di Negrar, i maggiori esperti europei in malattie tropicali faranno il punto sulla schistosomiasi, una delle patologie "neglette" su cui il Dipartimento diretto dal professor Bisoffi ha concentrato maggiormente negli ultimi anni la ricerca epidemiologica, fisiopatologica e diagnostica con pubblicazioni su Lancet e Eurosurveillance (programma in allegato). In otto anni sono stati diagnosticati più di 800 casi, una delle casistiche più alte in Europa.
Non è la patologia dei migranti, interessa anche i turisti
La schistosomiasi è una malattia infettiva, non contagiosa, endemica in particolare nei Paesi dell'Africa Subsahariana, ma presente pure in alcune zone dell'Asia e del Sud America. Tuttavia non è una patologia esclusivamente dei migranti. Ma interessa anche i turisti ed gli espatriati che si immergono in fiumi o laghi contaminati dalla presenza dello schistosoma, il parassita responsabile dell'infezione. Inoltre nel dal 2012 al 2016 si sono verificati casi di schistosomiasi anche in Corsica, in persone che si erano bagnate nel fiume Cavu.
Il contagio avviene immergendosi in fiumi e laghi subsahariani ma non solo
"Il serbatoio del parassita è l'uomo - spiega il dottor Gobbi, responsabile scientifico dell'incontro di Negrar - che con l'urina o le feci deposita le uova di schistosoma in acque dolci dove sono presenti dei molluschi gasteropodi (delle piccole conchiglie) necessari per completare il ciclo vitale del parassita. L'infezione avviene con la penetrazione dello schistosoma attraverso la cute integra. Non esistono né profilassi né vaccino, l'unica prevenzione possibile è di non immergersi in acque dolci in zone tropicali". Tuttavia sulla schistosomiasi ci sono ancora degli aspetti non completamente definiti, su cui si discuterà nell'incontro del "Sacro Cuore Don Calabria". "Per esempio permangono diverse aree grigie sulla fisiopatogenesi delle lesioni polmonari durante la fase acuta, sulla classificazione della schistosomiaisi (certa, probabile, possibile) sulla durata del trattamento e sulla standardizzazione del follow-up".
Se non viene curata può comportare complicanze gravi
Inoltre è aperto un dibattito scientifico sulla definizione di patologia acuta e cronica. Attualmente viene considerata acuta se entro 90 giorni vengono sviluppati sintomi come tosse, febbre ed eosinofilia (cioè aumento dei globuli bianchi eosinofili). Dopo i 90 giorni viene definita cronica. "Fondamentale è che venga riconosciuta (spesso è asintomatica) e curata - sottolinea -. Nel caso contrario si può andare incontro a complicazioni, anche molto gravi, a danno dell'apparato uro-genitale e gastroenterico". La terapia di 1-3 giorni con pranziquantel è necessaria per non incorrere in patologie importanti e potenzialmente mortali come il carcinoma della vescica o l'idronefrosi (una condizione patologica causata da un accumulo di urina nel rene, ndr) oppure come una forma di fibrosi epatica simile alla cirrosi, ma reversibile, che può portare a epatosplenomegalia e a varici esofagee. Purtroppo il pranziquantel è tra i farmaci non registrati in Italia che devono essere importati dall'estero con procedure complesse e onerose, sostenibili solo da grandi centri di malattie tropicali, come quello di Negrar.
Ecco come viene diagnosticate
Come avviene la diagnosi? " Il gold standard diagnostico è la ricerca delle uova del parassita nelle urine e nelle feci - risponde Gobbi -. Un risultato negativo però non significa assenza di infezione, in quanto le uova possono essere così poche da rendere difficile la rilevazione al microscopio. In questi casi diventano fondamentali l'esame sierologico, per trovare gli anticorpi nel sangue del paziente e la ricerca di antigeni nel sangue o nelle urine".
L'importanza e i vantaggi dello screening sui migranti
Se da un lato mancano gli studi a livello europeo che definiscano esattamente lo standard diagnostico, dall'altra le nuove linee guida del ministero della Salute italiano hanno introdotto tra gli screening indicati per i migranti anche quello per la schistosomiasi. "I benefici dello screening sono superiori ai costi - prosegue il medico -. Il pranziquantel può scongiurare complicanze pesanti per il paziente che hanno anche una ricaduta sul Sistema sanitario in quanto si tratta di patologie complesse che richiedono trattamenti costosi". Lo screening sui migranti per la schistosomiasi viene effettato da anni a Negrar su tutti i pazienti provenienti dall'Africa Subsahariana. Questo ha reso possibile la pubblicazione nel 2018 su Eurosurveillance di un studio di prevalenza in collaborazione con l'Ulss 9 Scaligera e il Cesaim (Centro salute immigrati) che ha riguardato oltre 300 migranti. Dalla ricerca è emerso che il 21% dei migranti era affetto da schistosomiasi con punte del 70% in quelli provenienti dal Mali.
elena.zuppini@sacrocuore.it
L'isterectomia radicale e qualità di vita della donna
Ha compiuto 120 anni il trattamento chirurgico cardine del tumore alla cervice uterina, che nel tempo ha subito un’evoluzione in senso conservativo: un incontro a Negrar ne ripercorrerà la storia con i maggiori esperti italiani
Compie 120 anni l’intervento cardine per il trattamento chirurgico dei tumori del collo dell’utero: era infatti il 1898 quando il dottor Ernst Wertheim eseguì la prima isterectomia radicale a Vienna. In oltre un secolo di storia questa tecnica chirurgica ha subito un’evoluzione in senso conservativo e le acquisizioni anatomiche nate con l’isterectomia sono diventate fondamentali anche per il trattamento chirurgico di patologie benigne, quali l’endometriosi, e sono alla base di interventi rivoluzionari, come il trapianto dell’utero.
La storia di questa tecnica e le applicazioni nella chirurgia moderna saranno al centro dell’incontro promosso dal dottor Marcello Ceccaroni, direttore del Dipartimento per la tutela della salute e della qualità di vita della donna dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria, che si terrà all’ospedale di Negrar lunedì 29 aprile. (programma in allegato)
Un evento che vedrà la presenza dei padri dell’onco-ginecologica moderna come i professori Umberto Bianchi e Costantino Mangioni insieme ai maggiori esperti in questo ambito: il professor Giovanni Scambia (Policlinico Gemelli-Università Cattolica di Roma), il professor Pierluigi Benedetti Panici (Policlinico Umberto I-Università La Sapienza), il professor Massimo Franchi (AOUI- Università di Verona), professor Piero Sismondi (già ordinario dell’Università di Torino), il professor Fabio Landoni (Ospedale San Gerardo-Università di Monza) e il dottor Angelo Maggioni (Istituto Europeo di Oncologia di Milano).
Spetterà al dottor Ceccaroni chiudere la giornata di studio con una lettura magistrale, la stessa che ha tenuto lo scorso novembre a Las Vegas in occasione della cerimonia di apertura del 47° AAGL Global Congress, il congresso annuale della società mondiale di laparoscopia ginecologica. Un excursus sull’evolversi dell’intervento di isterectomia visto all’interno dei cambiamenti della società, della cultura e dell’arte.
Grazie ai programmi di screening (pap-test) e l’introduzione negli ultimi anni del vaccino contro il virus umano dell’HPV, nei Paesi industrializzati il tumore al collo dell’utero è in progressiva diminuzione. Tuttavia l’isterectomia radicale rimane il trattamento più efficace contro questa neoplasia quando è limitata alla sola cervice uterina e consiste nell’asportazione dell’utero unitamente al parametrio. Quest’ultimo è il tessuto connettivo che avvolge il terzo inferiore della cavità uterina, composto da terminazioni nervose e canali linfatici, attraverso i quali il tumore può diffondersi anche in altri organi.
“Possiamo paragonare l’evoluzione dell’isterectomia radicale a quella dell’intervento chirurgico oncologico della mammella, grazie alla quale si è arrivati a soluzioni altrettanto radicali contro il cancro ma meno aggressive, quindi più conservative”, spiega il dottor Ceccaroni. “Questo è stato reso possibile grazie al progressivo cambiamento del concetto di salute della donna – prosegue il medico -. Nel 1898 la priorità del chirurgo era estirpare il tumore per salvare la vita delle pazienti, non importava quanto mutilante fosse l’azione chirurgica. Poi grazie anche agli antibiotici (prima della scoperta della penicillina più della metà delle donne moriva in seguito all’intervento) e di terapie aggiuntive (radio o chemioterapia) che hanno consentito un aumento della sopravvivenza, la chirurgia si è evoluta con l’obiettivo di salvaguardare anche la qualità di vita della pazienti dopo l’isterectomia”.
Sono nate così fin dagli anni Sessanta in Giappone tecniche chirurgiche in grado di asportare il parametrio risparmiando terminazioni nervose fondamentali per il funzionamento fisiologico della vescica, dell’intestino e dell’attività sessuale. “Si tratta di tecniche chirurgiche definite nerve-sparing, che noi a Negrar abbiamo traslato nella terapia chirurgica dell’endometriosi severa. Esse sono state favorite dall’evoluzione tecnologica in sala operatoria, con l’introduzione della laparoscopia prima e della robotica poi”, sottolinea Ceccaroni.
Proprio sull’isterectomia per via laparoscopica – con cui vengono eseguiti la gran parte degli interventi – si è aperto negli ultimi mesi un dibattito nella comunità scientifica internazionale. A dare il via è stata la pubblicazione sulla rivista “New England Journal of Medicine” di uno studio statunitense multicentrico e prospettico dal quale emerge che la prognosi delle pazienti trattate laparoscopicamente sembrerebbe essere peggiore di quelle sottoposte a tecnica tradizionale, cioè sono più a rischio di recidiva. In risposta sono stati avviati in tutto il mondo degli studi al fine di correggere dei presunti vizi formali nella raccolta dei dati da parte dei ricercatori americani. Uno di questi è stato proposto dall’International School of Surgical Anatomy (ISSA School), diretta dal dottor Marcello Ceccaroni e con sede all’IRCCS di Negrar, a cui partecipano anche altre prestigiose realtà italiane.
Il “Love Protocol” (questo il nome dello studio) è stato messo a punto dal dott. Stefano Uccella (Policlinico Gemelli Università Cattolica di Roma, Nuovo Ospedale degli Infermi di Biella), già docente all’interno della ISSA School, assieme al Dott. Ceccaroni. “La nostra casistica e quella dei maggiori centri internazionali non confermano quanto emerso dallo studio americano, anzi sono favorevoli per la laparoscopia. Ma è positivo che sia nato questo confronto nella comunità scientifica, potremmo avere così dati incontrovertibili a tutto vantaggio delle pazienti”, conclude il dottor Ceccaroni.
elena.zuppini@sacrocuore.it
Morso di zecca: ecco cosa fare e non fare
I morsi di zecca non sono dolorosi e quindi è possibile non accorgersi immediatamente, ma una volta individuata la zecca è fondamentale toglierla assumendo determinati accorgimenti per non aumentare il rischio di un’eventuale infezione
Bastono piccoli e semplici accorgimenti per fare in modo di non incorrere in uno degli aspetti meno piacevoli delle passeggiate in montagna o in zone rurali: i morsi di zecca. Di per sé non sono eventi dolorosi, perché la zecca – che fa parte degli aracnidi ematofagi, come i ragni – libera delle sostanze anestetizzanti al fine di rimanere più a lungo attaccata e nutrirsi con la maggiore quantità di sangue.
Ma sono le conseguenze del morso di zecca ad essere rischiose, perché, se infetta, può trasmettere il batterio Borrelia burgdorferi responsabile della malattia di Lyme (che viene infatti chiamata anche Borreliosi) e il virus della TBE (Tick-borne Encephalitis) che causa l’encefalite da zecche.
Si tratta di patologie presenti soprattutto nel nord-est dell’Italia(Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige e Veneto). Recenti studi entomologici hanno rilevato zecche infette da nuove rickettsie anche nelle stesse aree rurali, ma il cui morso provoca sull’uomo manifestazioni cliniche completamente diverse da quelle finora conosciute dalla febbre bottonosa del Mediterraneo, malattia che si credeva diffusa solo nell’Italia centro-meridionale ed insulare.
Nella maggior parte dei casi la malattia di Lyme può essere trattata con successo attraverso la somministrazione di antibiotici per due settimane. Tuttavia se non viene riconosciuta e curata in rari casi la malattia può arrivare a colpire il cuore, le articolazioni e il sistema nervoso nei mesi e negli anni successivi. Per la TBE non è disponibile nessuna terapia e di solito si risolve da sola, ma nella fase avanzata può colpire il sistema nervoso, con sintomi simili a quelli della meningite. La mortalità è inferiore al 2%, ma il rischio di complicanze neurologiche permanenti (da lievi tremori agli arti fino alla paralisi) a lungo termine è del 20%. L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria per le Malattie infettive e tropicali, insieme all’ospedale di Belluno, è centro accreditato della Regione Veneto per le malattie rare infettive, tra cui quelle trasmesse dalle zecche.
Come proteggersi dal morso di zecca
L’abbigliamentoLe zecche prosperano nei terreni boschivi ombrosi e umidi, sulle radure e sui prati, sui campi aperti e sui cespugli. Pertanto se si visita una zona dove la presenza di zecche infette è endemica, è consigliabile adottare un abbigliamento protettivo (pantaloni lunghi, scarponi) su cui spruzzare repellenti specifici.
ll vaccino per la TBE
Per la TBE è in commercio un vaccino, ad oggi somministrato gratuitamente solo in Friuli Venezia Giulia, zona endemica della malattia, ma consigliabile a tutti coloro che frequentano spesso anche le aree montane e rurali del Trentino Alto Adige e del Veneto.
Cosa fare dopo una passeggiata in zone a rischio
Proprio per la mancanza di dolore, è facile non accorgersi di essere stati morsi. Per questo dopo essere stati in aree dove potrebbe registrarsi la presenza di zecche è importante controllare attentamente la propria persona, eventuali bambini e gli indumenti. La zecca può variare come dimensioni (dipende se adulta, ninfa o larva) dalla testa di uno spillo alla grandezza di una gomma applicata dalla matita. Il morso ha solitamente l’aspetto di una piccola lentiggine in rilievo che non si riesce a staccare.
Se si è stati morsi
Togliere la zecca
Non è necessario recarsi al Pronto Soccorso ma è fondamentale togliere immediatamente la zecca: esistono in commercio delle apposite pinzette a punta fine, ma ciò che è importante è tirare verso l’alto senza schiacciare o stringere il corpo della zecca, provocare torsioni o strattoni. Non si devono applicare unguenti o somministrare calore in quanto questo indurrebbe un riflesso di rigurgito del sangue succhiato, con un forte aumento di rischio di infezioni.
Disinfettare la ferita
Se all’interno della ferita rimane il rostro, cioè il “gancio” con cui la zecca si attacca, non è pericoloso perché l’eventuale infezione è nel corpo della zecca
Lavare la ferita con acqua calda e sapone e applicare un antisettico come alcol o iodio sull’area interessata.
Attenzione all’insorgenza di sintomi entro 30 giorni
Segnare sul calendario il giorno del morso e recarsi in un Centro di malattie infettive se nell’arco di 30 giorni sorgono sintomi come rash cutaneo rossastro attorno alla sede del morso, febbre, mal di testa, male alle ossa, difficoltà di movimento. Se si è stati in area tropicale dove sono molto diffuse numerose malattie dovute alle zecche infette da vari batteri riconducibili alla famiglia delle rickettsie e sorgono sintomi di vario tipo è fondamentale rivolgersi a Centri che curano anche le malattie tropicali.
Come escludere l’infezione
Non tutte le zecche risultano infette per cui nella maggior parte dei casi non compare alcun disturbo. L’assenza di infezione può essere definitivamente documentata effettuando una sierologia per Borrelia burgdorferi e per TBE virus dopo almeno 6-8 settimane dal morso. Un esame sierologico effettuato prematuramente potrebbe risultare erroneamente negativo in quanto gli anticorpi non hanno avuto ancora il tempo di formarsi.
Pasqua è la gioia di dire al mondo: "Ho visto il risorto"
In un video-messaggio il Casante dell’Opera Don Calabria, padre Miguel Tofful, rivolge il proprio augurio di buona Pasqua a tutti i collaboratori della Cittadella della Carità, a tutti gli ammalati e ai loro cari
“La Pasqua sia la gioia di fare davvero l’esperienza di Gesù Risorto nella vita di tutti i giorni e in special modo nelle corsie e negli ambienti della Cittadella della Carità dove ogni giorno si vivono i sentimenti della sofferenza e della speranza”. E’ questo il cuore del video-messaggio che padre Miguel Tofful, superiore generale dell’Opera Don Calabria, rivolge a tutti i collaboratori e gli ospiti della Casa di Negrar in questa Pasqua 2019 (vedi video-messaggio).
Un’esperienza, quella proposta dal Casante, che si ispira al modello di Maria Maddalena, la quale incontrò il Risorto nella mattina di Pasqua e vide la sua vita trasformata da questo incontro. “Come Maria Maddalena – prosegue padre Tofful – anche noi siamo chiamati, partendo dalla gioia pasquale, a essere testimoni dell’incontro con il Risorto alla luce dei valori che ci ha trasmesso san Giovanni Calabria”.
Proprio questi valori, come annunciato dal Casante nell’incontro con i collaboratori di Negrar che si è svolto mercoledì 17 aprile, saranno al centro del grande raduno della Famiglia calabriana chiamato Agorà che si svolgerà a San Zeno in Monte nel giugno prossimo e coinvolgerà tutte le persone vicine all’Opera Don Calabria in Italia e in Europa (vedi testo completo dell’intervento).
20 anni fa don Giovanni Calabria veniva proclamato Santo
Il 18 aprile 1999 migliaia di persone affollarono Piazza San Pietro per la solenne celebrazione presieduta da Papa Giovanni Paolo II. Anche alla Cittadella della Carità di Negrar in tanti seguirono l’evento in diretta televisiva
La mattina del 18 aprile 1999, esattamente 20 anni fa, don Giovanni Calabria veniva proclamato santo da papa Giovanni Paolo II con una solenne celebrazione in Piazza San Pietro. Un evento memorabile, tuttora scolpito nel cuore delle migliaia di persone che poterono essere presenti a Roma o che comunque vissero l’avvenimento guardando la diretta televisiva dalla Casa Madre di San Zeno in Monte e da tante altre parti d’Italia e del mondo, fra le quali la Cittadella della Carità di Negrar che venne fondata da don Calabria nel 1933.
Ecco le parole con cui il Papa, oggi a sua volta santo, descrisse l’umile sacerdote veronese nell’omelia di quella giornata:
“L’esistenza di Giovanni Calabria è stata tutta un Vangelo vivente, traboccante di carità: carità verso Dio e carità verso i fratelli, specialmente i più poveri. Sorgente del suo amore per il prossimo erano la fiducia illimitata ed il filiale abbandono che nutriva per il Padre celeste. Ai suoi collaboratori amava ripetere le parole evangeliche: «Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta»”. (vedi testo completo dell’omelia)
In videogallery è possibile vedere in un filmato i momenti salienti della canonizzazione insieme ad un’altra importante ricorrenza, di cui ricorreva ieri il 31mo anniversario, ovvero la visita di papa Giovanni Paolo II a Verona e al nostro ospedale nel 1988, in occasione della beatificazione dello stesso don Calabria e di don Giuseppe Nascimbeni (vedi video).
Tornando a quel 18 aprile 1999, oltre alla celebrazione ci furono altri momenti di grande intensità dedicati alla Famiglia calabriana. Come dimenticare, ad esempio, la benedizione impartita uno ad uno dal Papa ai rappresentanti dei vari Paesi del mondo dove l’Opera era ed è presente? Memorabile anche la S. Messa di ringraziamento presieduta dal card. Camillo Ruini la mattina del 19 aprile a San Giovanni in Laterano, seguita dall’udienza papale in Piazza San Pietro. La cronaca completa di quelle giornate, insieme a tante foto, documenti e riflessioni, si trova puntualmente nel numero speciale de «L’Amico» del maggio-giugno 1999 che è possibile leggere in allegato a questo articolo (vedi L’Amico Speciale).
I protagonisti di "Viaggio Italia" fanno tappa all'Unità Spinale di Negrar
I loro viaggi su “due ruote” sono protagonisti della trasmissione “Kilimangiaro”: Danilo e Luca sono in carrozzina da 20 anni ma non si sono arresi di fronte alle difficoltà, perché “la disabilità è la possibilità di una vita autonoma in modo differente”
La loro ‘missione’ è dimostrare che è possibile vivere pienamente nonostante la disabilità. Lo fanno viaggiando dal 2015 su ‘due ruote’, lungo l’Italia e all’estero, e praticando sport cosiddetti estremi. Sono Danilo Ragona, progettista e designer, e Luca Paiardi, architetto e musicista, che venerdì 12 aprile hanno raccontato le loro ‘imprese’ ai pazienti dell‘Unità Spinale dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, diretta dal dottor Giuseppe Armani. I loro viaggi alle Canarie, sull’Himalaya, a 5.300 metri, lungo la strada “carozzata” più alta del mondo, e in Kenya, solo per citare alcuni Paesi, sono stati più volte protagonisti della trasmissione di Rai3, “Kilimangiaro”.
Danilo e Luca si sono conosciuti vent’anni fa in un momento tragico per entrambi, vittime di due gravi incidenti a causa dei quali hanno perso l’uso delle gambe. Dalla loro amicizia e dalla voglia di non arrendersi di fronte alle difficoltà, è nato “Viaggio Italia” (www.viaggioitalia.it), un progetto dove “la disabilità non è più vissuta come peso sociale, ma come possibilità di una vita autonoma in modo differente”, hanno detto a chi come loro si serve di una carrozzina per muoversi. Un cambio di prospettiva che cercano di diffondere nel tessuto socialeanche contribuendo attivamente a progetti, come quello finanziato dalla Regione Basilicata per rendere la “Matera dei sassi” città accessibile, in occasione della sua designazione a “Capitale europea della cultura”.
Per i disabili, secondo Danilo e Luca, nulla è precluso. Infatti nei loro viaggi si cimentano in sport come il deltaplano e utilizzano per gli spostamenti barche a vela, downhill e canoa. “Abbiamo fatto perfino serf”, hanno raccontato sottolineando che queste imprese sono possibili grazie a realtà che pochi conoscono, ma che esistono anche in Italia e forniscono questo tipo di supporto ai disabili.
Le tappe del loro “Viaggio Italia” comprendono le Unità Spinali che accolgono e riabilitano le persone vittime di lesioni midollari a causa delle quali hanno perso la mobilità degli arti inferiori e superiori o di entrambi.
L’Unità Spinale del “Sacro Cuore Don Calabria” fa parte del Dipartimento di riabilitazione, diretto dal dottor Renato Avesani, e ricovera ogni anno da tutta Italia circa 25 pazienti con lesioni midollari. Dotato di apparecchiature di ultima generazione, come l’esoscheletro e del percorso per la riabilitazione dell’arto superiore, il Dipartimento è diventato anche dal punto di vista tecnologico un centro di riferimento riabilitativo a livello regionale e nazionale.
Anche grazie alla presenza attiva e costante dei volontari del Galm, l’associazione delle persone con lesione midollare nella provincia di Verona, i pazienti ricoverati vengono coinvolti in iniziative per l’avvio alla vita autonoma, come lezioni di guida o corsi di cucina. Lo scorso settembre il Dipartimento di riabilitazione ha stipulato un accordo con il Comitato Italiano Paralimpico per favorire la pratica di sport a livello anche agonistico tra i pazienti con disabilità motoria acquisita.
Dare "scacco matto" al dolore oncologico si può
S’intitola “Scacco matto al dolore in dieci mosse” il progetto elaborato dall’Oncologia Medica che prevede il coinvolgimento di più specialisti al fine di controllare il dolore nel paziente oncologico
Il controllo del dolore è un elemento fondamentale del trattamento del paziente oncologico e richiede un approccio multidisciplinare “al fine di sollevare la persona ammalata da una condizione che annulla la vita e non permette di pensare ad altro, se non alla propria sofferenza”, afferma il dottor Roberto Magarotto, responsabile della Sezione Cure Palliative dell’Oncologia Medica.
A questo scopo l’Unità Operativa diretta dalla dottoressa Stefania Gori ha elaborato un progetto dal titolo “Scacco matto al dolore in dieci mosse”, che sarà presentato nel corso del convegno “Il dolore nel paziente oncologico: dalla fisiopatologia al trattamento”, in programma mercoledì 10 aprile all’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria (vedi programma).
“Il dolore è una condizione che può accompagnare il paziente oncologico in tutto il percorso della malattia – spiega il dottor Magarotto -. Può essere più frequente in alcune neoplasie, è quasi sempre presente nella fase metastatica, soprattutto se colpisce le ossa, e in quella terminale. Oggi disponiamo di molti farmaci e con meno effetti collaterali rispetto a quelli del passato, ma non sempre la terapia medica è sufficiente. Spesso è necessario l’intervento di altri specialisti“.
Il controllo del dolore inizia dalla sua valutazione da parte del paziente. “Con la legge 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore, la valutazione del dolore è stata introdotta tra i parametri obbligatori da registrare assieme alla diuresi, temperatura, alvo, pressione arteriosa e frequenza cardiaca – prosegue il dottor Magarotto – . Il nostro reparto aveva già iniziato con questa prassi, chiedendo al paziente ricoverato il grado di intensità del dolore (da 1 a 10) nel corso della giornata e nel momento della riacutizzazione. Questo prima della somministrazione della terapia e dopo, per capire quanto i farmaci siano stati efficaci e le eventuali criticità. Tra queste la componente emotiva che spesso amplifica la comunicazione del dolore da parte del paziente e pertanto deve essere anch’essa valutata”.
“La particolarità della malattia tumorale scatena stati emotivi molto intensi nel paziente ma anche nei familiari che vivono condizioni psicologiche ambivalenti tra il desiderio di rassicurazione e il peso di fingere un’altra realtà – interviene il dottor Giuseppe Deledda, responsabile del Servizio di Psicologia Clinica -. La sofferenza psicologica del “sistema famiglia” influisce in modo determinante anche sulla percezione del dolore da parte del paziente. La possibilità del paziente e dei familiari di confrontarsi con lo psicologo per cercare un nuovo equilibrio consente anche agli oncologi di intervenire in modo ancora più efficace “.
Un ruolo fondamentale nel monitoraggio del dolore lo assume il personale infermieristico a contatto costante con il paziente e parte attiva al meeting quotidiano con i medici. Durante l’incontro la rivalutazione del paziente con dolore è condivisa da tutta l’équipe oncologica. Giorno per giorno viene discusso come rimodulare la terapia antalgica del singolo paziente .
“Quando ci troviamo in di fronte a metastasi ossee – prosegue il medico – la sola terapia medica non basta in quanto il dolore viene scatenato anche dal movimento e dal carico del peso sulla struttura ossea. In questo caso viene coinvolto l‘ortopedico e/o il radioterapista oncologo. L’adozione di presidi ortopedici e/o di trattamenti radioterapici antalgici insieme ai farmaci hanno spesso successo nel riportare il paziente all’autonomia di movimento”.
“Ma sono anche altri gli specialisti oltre agli oncologi che hanno un ruolo nella terapia del dolore: gli anestesisti, per esempio, nell’applicazione di accessi venosi stabili (Midline- PICC-CVC )afferma Magarotto -. Nei pazienti che hanno difficoltà a deglutire la terapia orale, l’adozione di dispositivi che consentono accessi venosi periferici e centrali a medio-lungo termine sono necessari affinché il dolore del paziente venga trattato adeguatamente con tutte le possibilità farmacologiche a disposizione”.
Gli specialisti antalgici, invece, intervengono per il dolore poco responsivo agli oppioidi o con caratteristiche specifiche di infiltrazione locale e i neurologi sono coinvolti quando il dolore è di natura neuropatica.“In presenza di dolore cronico può verificarsi un meccanismo a livello del sistema nervoso centrale in base al quale, anche in mancanza di una reiterazione di una intensa causa specifica, il paziente continua a sentire dolore ed, anzi, la sofferenza aumenta: in questi casi farmaci di tipo antiepilettico a giusto dosaggio possono spegnere questo effetto paradosso”, conclude il dottor Magarotto.
Il dottor Molon revisore a Bruxelles di un progetto europeo di cardiologia
Il medico fa parte dell’elenco degli esperti di alto livello selezionati dalla Commissione Europea per la valutazione di programmi relativi alle politiche sanitarie dell’Europa
Il dottor Giulio Molon, responsabile della Struttura Semplice di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione, è stato chiamato nelle scorse settimane a Bruxelles a far parte di un pool di esperti internazionali incaricati di valutare un progetto vincitore di un bando del Programma Horizon 2020.
Il progetto si chiama RITMOCORE (http://www.ritmocore-ppi.eu) ed è finanziato nell’ambito del bando H2020 “PPI for deployment and scaling up of ICT solutions for active an healthy ageing” (Acquisizione pubblica per lo schieramento e l’estensione delle soluzioni delle Tecnologie dell’Informazione e Comunicazione per un Invecchiamento Attivo e Salutare). http://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/opportunities/h2020/topics/sc1-pm-13-2016.html .
Il progetto mira ad affrontare l’evoluzione nel trattamento dei pazienti che utilizzino o abbiano bisogno di utilizzare un pacemaker impiantabile (PM). L’approccio proposto ha come scopo difatti la promozione di un modello di assistenza che includa: la responsabilizzazione dei medici di medicina generale e l’integrazione dei percorsi di cura attraverso una adeguata condivisione delle informazioni; il monitoraggio remoto dei pacemaker; il monitoraggio domestico dei segni vitali mediante dispositivi portatili (App); l’attivazione del paziente ed incremento dell’allineamento degli obiettivi delle varie parti in gioco (providers, medici, manager ospedalieri, pazienti). Inoltre vi è la previsione di un Centro di supporto per il monitoraggio remoto dei pacemaker, la erogazione di un set predefinito di informazioni a tutte le parti interessate (stakeholders) ed ai professionisti coinvolti nel percorso terapeutico, l’integrazione e classificazione di qualità dei dispositivi, anche portatili, in grado di monitorare a casa i predetti segni vitali e di supporto per la attivazione dei pazienti.Il servizio si basa sul cosiddetto ‘risk sharing’, la condivisione del rischio.
I partner del consorzio progettuale, oggetto della revisione, rappresentano alcune strutture ospedaliere leader nell’ambito dell’assistenza cardiologica: il Sant Pau di Barcellona (Spagna), il Liverpool Heart and Chest NHS Hospital (UK), l’Elisabeth-TweeSteden Hospital (Olanda) ed il Fondo Sanitario Regionale delle Marche, rappresentato dall’Ospedale di Fermo.
In sintesi il progetto revisionato punta ad un incremento della qualità dell’assistenza, monitorando le performance dei pacemaker con un miglior utilizzo di tutti i dati registrati ed una conseguente responsabilizzazione anche del paziente.
Il dottor Molon è stato selezionato in qualità di revisore da parte della sezione “E-Health, Wellbeing and Ageing” (Sanità elettronica, benessere ed invecchiamento) della Direzione Generale delle Reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie (DG CONNECT) della Commissione Europea con sede a Bruxelles https://ec.europa.eu/info/departments/communications-networks-content-and-technology_it , in virtù della sua registrazione nel ‘Database degli esperti’ della stessa Commission (https://ec.europa.eu/research/participants/portal/desktop/en/experts/index.html)..Tale elenco consente ai medici registrati di essere contattati per valutare le proposte, monitorare le azioni ed occuparsi della preparazione, attuazione o valutazione dei programmi e delle politiche sanitarie del Vecchio Continente. Previo attento esame della Commissione Europea vengono quindi selezionati esperti di alto livello nel rispettivo campo di competenza per incarichi valutativi e di revisione.
Enrico Andreoli