Cancro: contro le false cure vince il dialogo

Stefania Gori, direttore dell’Oncologia: “Solo le cure convenzionali danno risultati scientifici e la chemioterapia oggi fa meno paura, grazie ai farmaci che controllano gli effetti collaterali”

Solo le terapie oncologiche hanno evidenze scientifiche nella lotta contro il cancro. Contrariamente alle cosiddette cure alternative, a causa delle quali anche oggi registriamo decessi evitabili”. Scandisce le parole la dottoressa Stefania Gori, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria e presidente eletto dell’Aiom, l’associazione che comprende circa 3mila oncologi italiani.

Decessi evitabili come quelli di Eleonora Bottaro, morta a soli 18 anni per una leucemia linfoblastica acuta, che poteva essere curata se la ragazza non avesse rifiutato la chemioterapia per affidarsi al “metodo Hamer”. O quello di Alessandra Tosi, colpita da tumore al seno, una delle neoplasie per le quali si registrano il maggior numero di guarigioni se trattate adeguatamente. Cure che Alessandra non ha accettato.

Sono questi solo gli ultimi capitoli di un tragico romanzo fantascientifico – in cui i morti però sono reali – dove trovano spazio oltre a “terapie” come il “metodo Hamer”, per cui il tumore è solo frutto di un trauma psicologico, la cura Di Bella, quella dello scorpione di Cuba, Stamina e tante altre che la dottoressa Gori ha incontrato lungo la sua professione di medico-oncologo.

Il problema è che noi oncologi il più delle volte non sappiamo se il paziente in trattamento antitumorale assume anche farmaci o terapie fitoterapiche “alternative” – sottolinea -. Il paziente può comunicarcelo solo se si stabilisce un forte rapporto di fiducia. E’ molto importante che il paziente informi il medico, perché le cosiddette cure alternative potrebbero interferire con i trattamenti oncologici standard. Come AIOM, ci stiamo occupando di questa problematica, sia in ambito di congressi sia pianificando una survey conoscitiva tra i pazienti oncologici, per capire l’entità del fenomeno”.

Pochi decenni fa, molti tipi di tumori risultavano incurabili: oggi, da almeno 15 anni, la mortalità è in costante diminuzione ed alcuni tumori, come il cancro al seno, se diagnosticati precocemente e trattati adeguatamente, possono avere un’altissima percentuale di guarigione. Inoltre sono oltre 3 milioni le persone che vivono in Italia con una pregressa diagnosi di tumore. Tutti dati che dimostrano come una diagnosi sempre più precoce ed una terapia farmacologica antitumorale (chemioterapia, ormonoterapia, terapia a bersaglio molecolare), insieme all’evolversi della chirurgia oncologica e della radioterapia, rappresentino armi efficaci contro il cancro. Allora perché un paziente rifiuta le terapie convenzionali e si affida a “cure” che non hanno mai dato risultati?

Si affidano a “cure alternative” alcuni pazienti per i quali si sono esaurite tutte le opzioni terapeutiche – risponde la dottoressa Gori – dopo essere stati trattati con chirurgia, radioterapia o chemioterapia. Sono persone che non vogliono perdere la speranza, e che comunque vogliono essere sottoposti ad un qualche tipo di terapia, non importa quale sia. In rari casi, ci sono atteggiamenti di rifiuto del trattamento standard sin dall’inizio: ma sono casi veramente molto molto rari”.

Permane oggi il timore della chemioterapia, tanto da indurre il paziente a rifiutarla? “La paura verso questa forma di trattamento, che resta comunque impegnativa per il paziente, si è fortemente ridimensionata negli ultimi venti anni. Grazie ad alcuni farmaci riusciamo a controllare gli effetti collaterali degli antiblastici, tipo la nausea ed il vomito. In varie forme metastatiche, possiamo utilizzare un solo farmaco antitumorale, riducendo al massimo le tossicità associate“.

Casi, come quelli recenti, quali riflessioni devono sollevare nella classe medica? “Il caso Di Bella, che scoppiò alla fine degli anni Novanta, fu una lezione per noi oncologi. Siamo infatti stati “costretti”, in senso positivo, a rivalutare l’importanza del rapporto con il paziente: un rapporto che deve essere non solo professionale, ma anche umano. Se il paziente non viene considerato una persona, con tutte le sue fragilità, può sentirsi solo, non compreso e rivolgersi a coloro che invece sono pronti a comunicargli questa vicinanza umana, come per esempio i propinatori di cure alternative”.

Quanto i mass media possono aiutare le persone a decidere un corretto percorso terapeutico? “Moltissimo. Sappiamo quanto i giornali, televisione e web influenzino oggi la popolazione nel campo sanitario. Ma ci deve essere uno sforzo comune a diffondere notizie corrette dal punto di vista scientifico e comunicate senza sensazionalismi. Chi legge o ascolta può essere una persona ammalata che ha il diritto di essere informata, ma non illusa da false speranze: ecco perché come AIOM e come Fondazione AIOM dal 2015 abbiamo iniziato a parlare, insieme ai giornalisti medico-scientifici, di etica della notizia.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Il trigemino non fa più male se c'è... calore

Si chiama termorizotomia trigeminale ed è un intervento di chirurgia percutanea per la cura della nevralgia del trigemino effettuato da tempo e con ottimi risultati dal Servizio di Terapia Antalgica del “Sacro Cuore”

Un ago e un po’ di calore e il viso, insieme alla vita, torna a sorridere. E’ quello che accade alle persone affette dalla nevralgia del trigeminoche si sottopongono alla termorizotomia trigeminale, una tecnica di chirurgia percutanea applicata da tempo, e con ottimi risultati, dal Servizio di Terapia Antalgica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria, di cui è responsabile il dottor Gerardo Serra.

“I pazienti hanno un beneficio immediato – spiega lo specialista -, soprattutto coloro che presentano una nevralgia persistente e tollerano male la terapia farmacologica”.

La nevralgia del trigemino è un dolore neuropatico a livello di uno dei nervi facciali, che, come indica il nome, ha tre branche: oftalmica, mascellare e mandibolare. Nella maggioranza dei casi la nevralgia colpisce una o due brache, molto raramente tutte e tre. Ne è colpita una persona ogni 15mila e i pazienti sono in prevalenza ultrasessantenni, quindi destinati a crescere di numero con l’aumento della vita media.

“Nonostante la nevralgia del trigemino si manifesti con sintomi ben precisi (un dolore descritto come una pugnalata o una scossa elettrica al volto che dura pochi istanti ma può ripetersi più volte al giorno) – prosegue il dottor Serra – capita non raramente che i pazienti prima di una diagnosi si rivolgano a più specialisti e siano sottoposti a numerose rimozioni dentarie, perché si attribuisce erroneamente la causa del problema a un dente malato”.

In realtà la forma più comune di nevralgia del trigemino non ha una causa e viene definita idiopatica. “Il problema deriva tuttavia da una demielizzazione del nervo – spiega ancora il medico anestesista – per questo colpisce non di rado le persone malate di sclerosi multipla”.

Il primo approccio terapeutico è quello farmacologico con la somministrazione di farmaci antiepilettici, in particolare la carbomazepina. “Purtroppo sono farmaci che hanno pesanti effetti collaterali soprattutto su anziani e malati di sclerosi multipla con nevralgia persistente nel tempo – dice il dottor Serra -. Nei primi provocano stordimento, instabilità, vertigini e perdita di memoria. Nei secondi difficoltà deambulatoria in particolare: se prima della somministrazione del farmaco sono autonomi nel camminare, iniziata la terapia spesso si riducono su sedia a rotelle. Per poi ricominciare a deambulare se il farmaco viene sospeso”.

L’alternativa terapeutica in questi casi è quello chirurgica. Uno degli interventi è la decompressione micro-vascolare, indicata solo per i pazienti per i quali la nevralgia è provocata da un conflitto vascolo-nervoso, rilevato dalla risonanza magnetica. “Si tratta di un intervento neurochirurgico che prevede l’apertura del cranio per raggiungere la radice del trigemino. Qui viene posto un patch che impedisce all’arteria di comprimere il nervo”.

Per gli altri casi, più comuni, è indicata appunto la termorizotomia trigeminale. “E’ una tecnica di chirurgia percutanea consolidata da anni – sottolinea – che si effettua ambulatorialmente con sedazione. L’obiettivo è l’eliminazione del dolore tramite una lesione termica controllata della branca del nervo interessata, che lascia inalterata la sensibilità del viso”.

Al paziente viene introdotto nel viso un ago dotato di un elettrodo, che ha il duplice scopo: quello di sottoporre il paziente a dei test elettrici per capire se la zona da trattare è quella giusta e di effettuare la lesione termica. “Il timore dei pazienti è di perdere la sensibilità del viso, di non riuscire a masticare o a trattenere la saliva. Questa tecnica riduce al minimo tali rischi. Grazie a particolari farmaci ipnotici che hanno un’azione veloce e altrettanto velocemente regrediscono, il paziente collabora per modulare a seconda della necessità la somministrazione del calore”.

Il Servizio di Terapia Antalgica – che fa parte del dipartimento di Anestesia Rianimazione e Terapia Antalgica diretto dal dottor Luigi Giacopuzzi – tratta ogni anno dai 40 ai 50 pazienti, molti provenienti da fuori regione. Il servizio dispone di una linea dedicata (045.6013947) attiva dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 14. L’équipe è formata dal dottori Gerardo Serra, Luisa Terziotti e Giorgio Merci.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Carenza di sangue: è emergenza, non solo in estate

Il numero delle donazioni rimane stabile, ma cresce l’attività chirurgica complessa in tutta la regione. A Negrar nel primi mesi del 2016 sono state trasfuse il 23% di unità di sangue in più rispetto allo stesso periodo del 2015

Lo chiamano l’oro rosso e diventa ancora più prezioso in estate, quando i donatori vanno in vacanza e tra le cose da fare prima di chiudere le valigie non sempre scrivono: “donare il sangue”.

Ma la disponibilità di sangue sta diventando un problema durante tutto l’arco dell’anno, anche in una regione da sempre virtuosa sul fronte delle donazioni come il Veneto.

Un esempio è la stessa provincia di Verona che vanta ben 59 donazioni ogni mille abitanti, ma nei primi cinque mesi dell’anno se da un lato le donazioni sono rimaste in linea con quelle del 2015 (22.749 ovvero +1,2%), le trasfusioni di sangue sono aumentate del 6,4.%. Una sofferenza registrata giornalmente da tutto il Dipartimento trasfusionale della provincia scaligera di cui fa parte anche l’ospedale di Negrar, insieme a quello di Bussolengo, Legnago, San Bonifacio e l’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.

Raramente, ma è già capitato di dover posticipare un intervento chirurgico per carenza di sangue”, afferma il dottor Stefano Ciaffoni, direttore del Laboratorio di analisi cliniche e Medicina trasfusionale del ‘Sacro Cuore Don Calabria. “Il numero dei donatori e delle donazioni resta pressoché stabile – prosegue – ma ciò che è in continua espansione è l’attività sanitaria, soprattutto chirurgica. Come ospedale di Negrar nel primo semestre del 2016 abbiamo avuto un incremento di sangue trasfuso del 23% rispetto allo stesso periodo del 2015, anno in cui abbiamo utilizzato oltre 5.700 unità di sangue. Questo perché sono aumentati gli interventi, in particolare quelli ortopedici, urologici e oncologici. Nella nostra provincia poi si effettuano operazioni complesse come il trapianto di fegato, che richiede dalle 80 alle 100 unità di sangue, o a quello di midollo.Verona e Padova, dove l’alta specializzazione chirurgica è all’ordine del giorno, fanno fatica a rispondere al fabbisogno, relativo anche ad interventi di pazienti provenienti da fuori regione”.

A complicare ulteriormente la situazione in estate sono le febbri estive. “In particolare quella provocata dal virus West Nile – spiega il dottor Ciaffoni – trasmesso da zanzare infette presenti anche in molte zone italiane. Tramite un sistema di sorveglianza regionale, il ministero della Salute indica settimanalmente le zone pericolose eobbliga la sospensione del donatore per almeno 28 giorni se ha soggiornato anche per una sola notte in quei luoghi oppure, come sta accadendo nella nostra provincia dallo scorso 30 luglio poiché sono stati rilevati alcuni focolai di virus, tutti i donatori ad ogni donazione devono essere sottoposti obbligatoriamente ad un test di screening specifico per questo virus. Se risulta positivo, il sangue non viene utilizzato”.

A questi donatori ‘fuori gioco’ si aggiungono quelli che, durante tutto il tempo dell’anno, si recano per lavoro o turismo in Paesi dove è presente, per esempio, la malaria, il Dengue, il Chagas o il virus Zika, infezioni a causa delle quali il donatore viene fermato anche per sei mesi.

Diventa quindi sempre più importante diffondere la cultura della donazione di sangue, soprattutto tra le giovani generazioni, ambito in cui da sempre si concentrano gli sforzi delle associazioni dei donatori. A una di queste, precisamente alla Fidas, appartiene il Gruppo donatori Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, presieduto da Pietro Aldrighetti. Il Gruppo è nato nel luglio del 2008 e aderiscono ad esso oltre cento volontari, la quasi totalità dipendenti o familiari di dipendenti della struttura calabriana. Il Gruppo contribuisce con circa 200 donazioni, alle circa duemila che vengono effettuate presso al Centro trasfusionale di Negrar.

Ma chi può donare il sangue? “Tutti gli uomini e le donne in un età compresa tra i 18 e 65 anni – risponde il medico -. Naturalmente in buona salute e con uno stile di vita sano, che non contempla l’uso di stupefacenti e comportamenti sessuali a rischio. Prima di effettuare la sua prima donazione, il volontario viene sottoposto ad anamnesi, visita medica e una serie di esami. Se tutto risulta nella norma, il donatore viene ‘arruolato’. Se è un uomo può donare ogni tre mesi, se è un donna in età fertile ogni sei mesi per il sangue intero, ogni tre per il plasma, donazione che però non è possibile fare qui a Negrar”.

Il sistema trasfusionale di Verona è configurato in modo tale che il donatore può recarsi in qualsiasi punto di raccolta del Dipartimento, essendoci un unico sistema gestionale che contiene tutti i dati dei donatori.

Il Centro di raccolta del ‘Sacro Cuore Don Calabria’ effettua i prelievi dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 10.30 e ogni seconda domenica del mese con gli stessi orari. Da circa un anno è possibile – come in tutti i Centri del Dipartimento di Verona – prenotare il giorno e l’ora della donazione telefonando al numero verde gratuito 800 310611 oppure al cellulare a pagamento 339 3607451.

Il sangue una volta prelevato viene convogliato in un’unica sede, al Policlinico di Borgo Roma, dove viene lavorato e con esso realizzati tutti gli emoderivati.

“Ad ogni struttura sanitaria deve essere garantita una quantità minima stabilita in base al pregresso storico a cui si aggiunge una quota variabile a seconda delle necessità”, spiega ancora il medico. Ma il sangue in Italia è sicuro? “Assolutamente sì – risponde Ciaffoni – sebbene un margine di rischio esista sempre quando si tratta di prodotti biologici. Basti solo pensare che l‘autotrasfusione oggi è consentita per legge a pochissimi casi selezionati perché si ritiene che il rischio di questa procedura sia superiore a quello che il paziente potrebbe incorrere se trasfuso con sangue del donatore. Ancora oggi si sente di persone risarcite per avere contratto l’epatite C e l’HIV da trasfusione – conclude -. Ma si tratta di casi che risalgono prima degli anni Novanta quando non esistevano i test per individuare tali virus. Oggi si può stare tranquilli”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Sempre più pazienti utilizzano i servizi on line

Sono quasi 50mila le persone registrate sul sito www.sacrocuore.it e abilitate a consultare il proprio dossier sanitario elettronico. Centinaia i referti scaricati ogni giorno on line e attraverso i “totem” presenti in ospedale

Sempre più persone utilizzano i servizi on line messi a disposizione sul sito www.sacrocuore.it, garantendosi la possibilità di consultare i propri referti comodamente su pc, tablet o smartphone ed evitando spostamenti o eventuali attese allo sportello. I numeri parlano chiaro. Dal novembre 2012, anno in cui è partita la possibilità di consultare il proprio dossier sanitario elettronico, previa registrazione sul sito Internet dell’ospedale, sono quasi 50mila i pazienti ad essersi registrati. E ogni giorno questo numero cresce in modo significativo (mediamente con 50 nuove registrazioni nei giorni feriali e una quindicina nei giorni festivi).

Parallelamente cresce e si rafforza l’offerta dei servizi on line, con un progressivo ampliamento dei documenti consultabili e scaricabili. Attualmente, tra i servizi disponibili, c’è la possibilità di scaricare i seguenti referti: laboratorio, microbiologia, radiologia (radiografia, tac, risonanza magnetica, ecografia), medicina nucleare, cardiologia (ecg, ecocardio, visite). Per la radiologia sono disponibili anche le immagini da scaricare e mettere su cd. I referti scaricati ogni giorno sono mediamente oltre 200 nei giorni feriali, 70/80 nei giorni festivi.

L’accesso al proprio dossier sanitario elettronico è molto semplice: basta andare sul sito www.sacrocuore.it e cliccare sul pulsante “servizi on line” posto nel menu in alto. Solo per la prima consultazione è necessaria la registrazione compilando i campi richiesti, tra cui il Codice individuale di accesso che si trova sul foglio di ritiro del referto, il Codice fiscale e l’indirizzo di posta elettronica. Nelle consultazioni successive sono sufficienti il numero di Codice fiscale e la password indicata al momento della registrazione.

Da alcuni mesi, inoltre, sono presenti presso la portineria del Sacro Cuore e del Don Calabria tre Totem, ovvero apparecchiature elettroniche dalle quali è possibile stampare i referti del laboratorio e di microbiologia. Anche in questo caso la novità ha avuto un impatto importante sui pazienti, visto che ogni giorno i referti stampati dai totem sono 120/130. Per scaricarli è sufficiente seguire la procedura indicata sulla distinta verde consegnata per il ritiro. Naturalmente anche in questo caso restano possibili le altre modalità di ritiro dei referti (on line, recandosi allo sportello oppure per posta).

Un altro servizio on line ormai sempre più consolidato è quello per richiedere la spedizione a casa dei barattoli per la raccolta dei campioni necessari per gli esami parassitologici da effettuare presso il Laboratorio di Parassitologia del Centro per le Malattie Tropicali. Si tratta di un servizio nato nel marzo scorso e che ha permesso la spedizione finora di 184 kit. L’accesso al servizio, come per il dossier sanitario, si effettua cliccando sul menu “servizi on line” posto sulla home page www.sacrocuore.it.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Volontari in ospedale sulle orme di don Calabria

Compie 15 anni il gruppo di volontariato dell’Opera Don Calabria presente nella Cittadella della Carità. Un anniversario nel segno della formazione e del servizio “in punta di piedi” al fianco degli ammalati

Compie 15 anni il gruppo di volontariato dell’Opera Don Calabria operante all’interno della Cittadella della Carità di Negrar. La sezione venne infatti fondata nel 2001 per iniziativa dei due religiosi calabriani don Elvio Damoli e fratel Matteo Ponteggia (che al tempo era vice presidente dell’ospedale).

Oggi il gruppo del volontariato è composto da 44 persone che a turno mettono a disposizione il loro tempo libero per svolgere una serie di preziosi servizi nelle varie strutture dell’ospedale. In particolare i volontari sono presenti tutti i giorni nelle tre residenze dell’area socio-sanitaria della Cittadella della Carità: Casa Perez, Casa Clero e Casa Nogarè. Alcuni di loro prestano servizio anche presso i reparti di Riabilitazione e di Geriatria, rispettivamente al terzo e al quarto piano dell’ospedale Don Calabria. Inoltre viene garantita una presenza presso la Speciale Unità di Accoglienza che ospita le persone in stato vegetativo. Il gruppo fa parte dell’Associazione di Volontariato Calabriano “Francesco Perez”, ente al quale sono iscritti oltre 700 volontari che prestano servizio nelle varie Case italiane dell’Opera Don Calabria.

Il lavoro dei volontari all’interno dell’ospedale consiste prima di tutto nel far compagnia agli ammalati, offrendo loro la possibilità di dialogare ed essere ascoltati. Poi ci sono vari altri servizi, sempre concordati con il personale dei reparti. Spesso i volontari trasportano i pazienti che non possono muoversi da soli, ad esempio portandoli in giardino oppure a fare esami e visite quando necessario. In altri casi danno un supporto agli operatori durante i pasti o fanno attività di animazione. Alla domenica ci sono poi da eseguire i trasporti per portare gli ammalati a Messa.

Il volontariato all’interno di un ospedale è molto diverso da altri tipi di volontariato – dice Francesco Nordera, segretario del gruppo – Infatti qui non si tratta solo di fare dei piccoli servizi, ma di comprendere nel profondo gli ammalati che abbiamo davanti, cogliendo la sofferenza che li affligge e cercando di entrare in empatia con loro. Inoltre bisogna saper entrare in contatto con i familiari e con il personale del reparto. Non è un lavoro facile e c’è bisogno di essere preparati. Per questo cerchiamo di dedicare tempo ed energie alla formazione“.

Proprio la formazione rappresenta un tratto distintivo del gruppo di volontariato calabriano. Durante l’anno vengono organizzati incontri con cadenza mensile, nei quali si promuove la riflessione sugli aspetti psicologici e spirituali del servizio in ospedale, grazie anche all’aiuto dei formatori Camilliani.

A livello di spiritualità il modello al quale i volontari si richiamano è quello di san Giovanni Calabria – dice don Gaetano Gecchele, religioso calabriano e assistente ecclesiastico del gruppo – Non solo don Calabria diceva che, all’interno di un ospedale, l’ammalato è dopo Dio il nostro vero padrone, ma anche compiva azioni di carità concreta verso i malati. Ad esempio sappiamo che una delle sue prime azioni caritative da giovane fu di fondare la Pia Unione per il sollievo degli ammalati poveri, creata insieme al conte Francesco Perez“.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Il "Sacro Cuore" partner nella preparazione dei nuotatori olimpici

Grazie a un’applicazione innovativa della densitometria, l’ospedale di Negrar ha condotto un progetto pilota che ha orientato la preparazione atletica di dieci nuotatori azzurri, otto sono presenti alle Olimpiadi

L’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar ha collaborato con la Federazione italiana nuoto per la preparazione atletica di alcuni fra i più importanti componenti della Nazionale che scenderanno in vasca alle Olimpiadi di Rio de Janeiro.

Dieci nuotatori del Centro federale di Verona e di quello di Bolzanosono stati protagonisti di uno studio innovativo sottoponendosi periodicamente a una Densitometria Total Body, un esame tradizionalmente conosciuto per lo studio del metabolismo osseo al fine di prevenire l’osteoporosi.

Nel caso degli azzurri, grazie a un progetto pilota che ha utilizzato un densitometro di ultima generazione – apparecchio che il “Sacro Cuore Don Calabria” dispone sia in ospedale sia nel Centro diagnostico di via San Marco a Verona – è stato possibile valutare la composizione corporea di ogni atleta, cioè la percentuale di massa grassa e di massa magra (muscolo, liquidi corporei e massa ossea) e orientare di conseguenza la preparazione atletica e l’alimentazione degli sportivi. Si tratta del primo studio di questo genere in Italia su nuotatori professionisti.

L’équipe medica della Diagnostica per immagini, diretta dal dottor Giovanni Carbognin, ha iniziato la raccolta dei dati nel giugno del 2015 al Centro diagnostico Ospedale Sacro Cuore di via San Marco in accordo con la Federazione italiana nuoto, sottoponendo all’esame dieci atleti. Ben otto si sono qualificati ai Giochi Olimpici di Rio. I dati sono stati forniti allo staff medico-sportivo della Federazione che li ha utilizzati per perfezionare la forma fisica degli azzurri.

“Si tratta di un’applicazione innovativa dell’esame densitometrico – spiega il dottor Carbognin – che permette di valutare l’efficacia delle diverse fasi di allenamento in base alla misurazione della massa magra e grassa. Essendo in grado di misurare la composizione per ogni distretto corporeo, il densitometro rileva anche eventuali asimmetrie, per esempio tra un arto e l’altro, consegnando ai preparatori dati importanti per eventuali modifiche dei carichi in palestra o in vasca”.

“Questo utilizzo della densitometria è uno strumento prezioso anche per capire se l’atleta si alimenta in modo corretto”, prosegue il dottor Andrea Nardi, ideatore e realizzatore del progetto. “Abbiamo pianificato le tappe di effettuazione del test in relazione a particolari esigenze del singolo atleta e prima delle varie fasi di avvicinamento all’evento olimpico (Campionati italiani, europei, World Series) in modo da correlare i dati fisici con i risultati agonisti”.

Qual è lo stato di forma dei nuotatori azzurri? “La prima misurazione è avvenuta poche settimane prima degli ultimi Campionati del mondo che si sono tenuti a Kazan’ l’anno scorso – risponde Nardi -. Poiché in questa occasione la squadra azzurra ha fatto incetta di medaglie (3 ori, 3 argenti e 8 bronzi) lo stato di forma degli atleti in partenza per la Russia è stato fissato come il valore top da raggiungere per Rio de Janeiro. E direi che in questo senso è stato fatto un buon lavoro”.


Anche la bella stagione porta i suoi mali

Sbalzi di pressione, inconvenienti dovuti all’aria condizionata, gastroenteriti, colpi di sole e di calore. L’estate con le belle giornate porta anche i suoi acciacchi. Dal Pronto Soccorso di Negrar alcune regole per prevenirli e contrastarli

Ogni stagione porta le sue malattie. Se d’inverno impazzano l’influenza, le infiammazioni e le infezioni delle vie respiratorie e i virus intestinali, d’estate a “primeggiare” nei Pronto Soccorso sono le conseguenze causate dalle alte temperature che, soprattutto se associate a tassi alti di umidità, provocano un aggravarsi di patologie già esistenti e malesseri anche in persone in buona salute. I soggetti più a rischio restano i bambini e gli anziani, i quali, rispettivamente per il basso peso e per l’attenuarsi dello stimolo della sete, vanno incontro più facilmente alla disidratazione.

Attenzione alla pressione

“Contrariamente a quanto si pensa – spiega il dottor Maurizio Pozzanidirettore del Pronto Soccorso dell’ospedale “Sacro Cuore Don Calabria” – sono soggetti a episodi presincopali o sincopali non tanto le persone con la pressione arteriosa bassa, ma quelle ipertese in terapia, le quali con il caldo possono subire un brusco calo di pressione, sentendosi male, fino allo svenimento“. La regola aurea è sempre quella che impone al paziente un consulto con il medico prima di decidere su qualunque variazione della terapia. Anche quando si è in vacanza. “Al mare la pressione del sangue subisce sempre una certa diminuzione – prosegue il medico -. Sia perché la pressione barometrica è più alta, sia perché c’è un clima caldo e ventilato che favorisce la vaso-dilatazione. Soprattutto se si percepisce del malessere, è bene misurarla spesso, magari in farmacia, e poi, se risulta particolarmente bassa rispetto alla consuetudine, rivolgersi al medico”. Lo stesso se si sale in montagna oltre i 900 metri, dove invece la pressione tende ad aumentare, manifestandosi spesso con il sintomo del mal di testa. Anche qui il “fai da te” farmacologico è largamente sconsigliato.

Colpi di sole e di calore

Il sole è una fonte di benessere per il nostro organismo e per il nostro umore. Ma quando ci si espone direttamente ai raggi solari a lungo, senza protezione della pelle e del capo si può incorrere in un colpo di sole: la temperatura corporea può salire oltre i 38° e possono verificarsi delle scottatureIl colpo di calore invece si manifesta quando la temperatura esterna è alta e la persona non riesce a disperdere sufficientemente calore attraverso la sudorazione. I soggetti più a rischio sono i bambini e gli anziani. I sintomi del colpo di sole e di calore, che spesso sono associati, sono febbre alta, cefalea, nausea, irritabilità, confusione mentale, e, nei casi più gravi, perdita di coscienza e collasso cardio-circolatorio. Quando accade è necessario abbassare immediatamente la temperatura della persona colpita portandola in un luogo fresco, avvolgerla in panni bagnati e rivolgersi a un medico.

Gli sbalzi di temperatura

Se il caldo provoca disagio, la via del benessere non è quella di ingerire cibi e bevande ghiacciate quando si è accaldati o rendere gli ambienti dei veri circoli polari abbassando eccessivamente l’aria condizionata. “I colpi di freddo causati dagli alimenti o dalla temperatura esterna – prosegue il dottor Pozzani – sono spesso causa di una forma diarroica improvvisa, che si risolve in poco tempo. Ma anche di congestione,cioè il blocco della digestione, che associa assieme mal di stomaco, sudori freddi, vomito, capogiri fino allo svenimento e nei casi più gravi all’arresto cardiaco. Ai primi sintomi è consigliabile ripristinare la temperatura dell’addome coprendosi e ingerendo dei liquidi caldi o a temperatura ambiente“. L’aria condizionata tenuta a basse temperature è anche causa di vertigini: infatti il passaggio dal luogo freddo a quello caldo può essere all’origine di un disequilibrio dell’orecchio interno che si manifesta con un senso di malessere e di capogiro. “Come in tutte le cose anche in questo caso la regola è quella del buon senso – sottolinea il direttore del Pronto Soccorso -. L’aria condizionata è una risorsa quando ci sono giornate torride, ma va tenuta a una temperatura di pochi gradi inferiore a quella esterna. Si hanno benefici immediati attivando anche il solo deumidificatore, cioè togliendo l’umidità presente nell’ambiente”.

Le gastroenteriti

Un capitolo a parte meritano le gastroenteriti, patologie a livello dello stomaco e dell’intestino, che causano nausea, vomito e diarrea. “D’estate la natura delle gastroenteriti può essere virale e batterica – afferma il dottor Pozzani – dovuta soprattutto all’assunzione di bevande e cibi non conservati adeguatamente. In particolare quando c’è caldo è consigliabile evitare, se non si è sicuri di come è avvenuta la conservazione, alimenti facilmente deteriorabili come per esempio creme, salse e latticini“. Di solito “la gastroenterite si risolve in pochi giorni: l’importante è contrastare la disidratazione assumendo liquidi e sali minerali per compensare quelli persi“.

Di diversa causa sono le cosiddette gastroenteriti del viaggiatore. Nella maggior parte dei casi il responsabile è l’Escherichia coli enterotossigeno, un patogeno presente nelle acque per uso domestico di zone prive di sistemi di depurazione: Africa, Asia, America Latina, Messico e Medio Oriente. Bere solo acqua e bevande confezionate in bottiglia, assumere esclusivamente alimenti cotti e frutta da sbucciare sono gli unici modi per evitare di rovinarsi la sognata vacanza esotica.

elena.zuppini@sacrocuore.it


EBUS, la sonda ecografica per la stadiazione del tumore al polmone

Un videobroncoscopio di ultima generazione, dotato di una piccola sonda ecografica, permette di vedere dall’interno le strutture adiacenti alla trachea e ai bronchi. Un filmato descrive il modo in cui questo esame innovativo viene eseguito al Sacro Cuore

Si chiama EBUS (Endobronchial Ultrasound) ed è un videobroncoscopio di ultima generazione capace di visualizzare dall’interno le strutture adiacenti alla trachea e ai bronchi come i linfonodi, i vasi, l’esofago e il cuore. Tutto questo grazie a una piccola sonda ecografica che si trova all’estremità dello strumento usato per l’esame.

EBUS rappresenta una tra le più moderne metodiche diagnostiche endoscopiche ed è disponibile già da oltre due anni al “Sacro Cuore Don Calabria”, presso il Servizio di Endoscopia Toracica, diretto dal dottor Carlo Pomari. Nel 2015 sono stati effettuati oltre 100 esami di questo tipo, mentre nel corso del 2016 siamo già a circa 50, con una sensibilità diagnostica del 98,5% e un’idoneità dei campioni prelevati pari al 99,95%.

Il valore aggiunto di questo esame è dovuto al fatto che grazie alla guida ecografica è possibile effettuare agoaspirazioni mirate di linfonodi e neoformazioni sospette, anche esterni all’albero bronchiale, con grande precisione e con la possibilità di studiare e stadiare in modo completo eventuali patologie tumorali a carico dei polmoni. Inoltre tale procedura viene usata nella diagnosi di altre patologie quali: metastasi linfonodali di altri organi, linfomi, sarcoidosi, tubercolosi ed altre malattie infettive.

Ma come funziona in concreto EBUS? Com’è composta l’equipe multidisciplinare presente in sala durante questo esame eseguito in Day Hospital? Cosa deve sapere il paziente? Lo spiegano il dottor Carlo Pomari e la dottoressa Simona Paiano nel filmato allegato alla videogallery, dove l’esame viene mostrato in modo dettagliato nei suoi vari passaggi.

matteo.cavejari@sacrocuore.it


Diabete mellito: la vita è più dolce contando i carboidrati

I carboidrati sono il nutriente che influenza maggiormente la glicemia dopo i pasti. Il Servizio di diabetologia propone dei corsi teorico-pratici per imparare a contarli e regolare di conseguenza l’assunzione di insulina

Quanti grammi di carboidrati contiene un etto di pasta con le verdure? Una fetta di pane oppure una brioche? È una domandainteressante per una dieta equilibrata, ma che diventa fondamentale per coloro che sono affetti da diabete di tipo 1, il cosiddetto diabete mellito che colpisce anche i bambini, e sono costretti ad assumere insulina. Perché i carboidrati risultano essere il nutriente che maggiormente influenza la glicemia nelle due ore che seguono il pasto.

Ma come si “contano” i carboidrati? Lo hanno illustrato nel primo corso teorico-pratico che si è tenuto lo scorso 1° luglio, il dottor Luciano Zenari, responsabile del Servizio di diabetologia del “Sacro Cuore Don Calabria” affiancato dalle dietisteChiara Anselmi e Giselle Flores che hanno coordinato la parte relativa al laboratorio. Il gruppo di lavoro, a cui hanno partecipato una decina di pazienti con i loro familiari, sarà ripetuto il prossimo 30 settembre per chi fosse interessato.

La conta dei carboidrati – spiega la dottoressa Anselmi – è una strategia utilizzata in ambito diabetologico per una gestione più flessibile dell’insulina. Essa supera i vecchi schemi a dose fissa del farmaco che obbligavano il paziente all’assunzione di una quantità costante di carboidrati che si andava ad adattare all’insulina in uso”.

L’obiettivo della conta dei carboidrati è proprio quello di portare il paziente insulino-dipendente a capire cosa sono i carboidrati, quali alimenti li contengono, a saperli quantificare “nel piatto” e di conseguenza a variare la dose di insulina in relazione ai carboidrati contenuti nel singolo pasto. Si va quindi ad identificare il “rapporto insulina-carboidrati” che permette di stabilire quanti grammi di carboidrati vengono “metabolizzati” da un’unità di insulina. Un valore che viene fornito inizialmente dal diabetologo e poi rivalutato nel corso della terapia dalla dietista. Esso varia in relazione all’età, al peso corporeo e alla sensibilità personale all’insulina.

Per facilitare la “conta”, viene fornito ai pazienti del materiale informativo tra cui un dietometro, in versione anche etnica per i cittadini stranieri. Qui l’interessato trova il tipo di alimento, la porzione di riferimento e i grammi di carboidrati contenuti in essa. Per esempio 60 grammi di pasta all’ortolana condita con 100 grammi di verdure contiene 52 grammi di carboidrati.
Quindi se il “rapporto insulina-carboidrati” ha stabilito che per quel paziente è necessaria un’unità di insulina per metabolizzare 10 grammi di carboidrati significa che dopo 60 grammi di pasta all’ortolana lo stesso paziente deve assumere cinque unità di farmaco.

Per gli alimenti confezionati tutto è molto più semplice, perché il quantitativo di carboidrati viene indicato sulla scatola insieme agli altri componenti del prodotto.
Un po’ più complicato è invece quando il pasto viene consumato fuori casa. “Per questo durante il corso invitiamo il paziente ad allenare l’occhio e toccare con mano gli alimenti per capire senza l’aiuto della bilancia quanto consiste una porzione di pasta o una fetta di pane. Con un po’ di impegno e attraverso delle strategie che mostriamo, il calcolo diventa poi una semplice abitudine”, sottolinea Anselmi.

La soluzione fuori casa potrebbe essere quella di limitarsi a della carne ai ferri e a un po’ di insalata… “Non è una soluzione, perché il nostro corpo può estrarre zuccheri anche dalle proteine e dai grassi – conclude la dietista -. Se il pasto non è bilanciato il 60% delle proteine può trasformarsi in zuccheri, facendo salire la glicemia. È un meccanismo di difesa che il nostro organismo mette in atto, perché il cervello e i globuli rossi traggono alimento dal glucosio.Un po’ quello che succede nelle diete ipocaloriche: privandolo degli zuccheri, il nostro corpo va ad acquistarli nel tessuto adiposo o nella parte magra, cioè nel muscolo, dove ci sono molte proteine. Anche per i diabetici, come per tutti del resto, una dieta equilibrata resta fondamentale”.

elena.zuppini@sacrocuore.it


Accreditamento istituzionale: il "Sacro Cuore" promosso a pieni voti

Si è conclusa con l’assegnazione del massimo punteggio la visita degli ispettori regionali per il rinnovo dell’Accreditamento regionale, la verifica dei requisiti che deve avere una struttura per operare nel Ssn. Un risultato che è sinonimo di qualità

Promosso a pieni voti. 100/100 è infatti il punteggio complessivo finale assegnato all’ospedale Sacro Cuore Don Calabria dal Gruppo tecnico multidisciplinare di valutazione della Regione Veneto per il rinnovo dell’Accreditamento istituzionale.

Dal 13 al 15 giugno un gruppo di 17 valutatori regionali dell’Ulss 20, 21 e 22 ha effettuato la verifica sia con la direzione sia recandosi personalmente in ogni Unità operativa. Il massimo punteggio conferma il risultato raggiunto tre anni fa, quando è avvenuta l’ultima verifica come stabilisce la legge.

L’Accreditamento istituzionale è il processo con il quale le strutture autorizzate, pubbliche e private, e i singoli professionisti che ne facciano richiesta, acquisiscono lo status di soggetto idoneo ad erogare prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e sociali per conto del Servizio sanitario nazionale.

Secondo i criteri stabiliti dalla legge regionale 22/2002, l’Accreditamento è la verifica di tutti i requisiti necessari a una struttura per operare nella rete sanitaria pubblica del Veneto.

A conclusione della tre giorni, i valutatori hanno espresso personalmente alla direzione un giudizio ampiamente positivo, sia per la soddisfazione dei requisiti regionali, sia per l’accoglienza e la professionalità riscontrata durante la visita in tutto il personale.

“È senza dubbio un ottimo risultato – afferma l’amministratore delegato, Mario Piccinini – raggiunto con la partecipazione e la collaborazione di tutto il personale, nessuno escluso. Per noi è la conferma del buon lavoro finora svolto e un incentivo a proseguire in questa direzione. Per le persone che scelgono di curarsi nella nostra struttura si tratta un’ulteriore garanzia di qualità”.