Giornata mondiale dell'igiene delle mani: un gesto semplice che salva le vite

Venerdì 5 maggio ricorre la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, promossa dall’OMS per ribadire quanto sia importante questo semplice per la salute comunitaria.  Lavarsi le mani correttamente impedisce infatti la trasmissione dei microrganismi responsabili di molte malattie infettive, dalle più frequenti, come l’influenza e il raffreddore, a quelle più severe, come le infezioni correlate all’assistenza. l’IRCCS aderisce alla Giornata con un convegno che illustra le strategie dell’ospedale per la prevenzione delle infezioni ospedaliere.

Venerdì 5 maggio ricorre in tutto il mondo la Giornata per l’igiene delle mani, promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per celebrare l’importanza di questo gesto semplice ma essenziale per la prevenzione delle malattie infettive, sia in comunità che nelle strutture di assistenza e cura.

Il tema proposto per l’edizione 2023 è “Insieme possiamo fare di più per prevenire le infezioni e la resistenza agli antibiotici nell’assistenza sanitaria. Promuoviamo la cultura della sicurezza e della qualità delle cure. Diamo la massima priorità all’igiene delle mani”, unitamente allo slogan “Agiamo subito insieme -Salva vite: igienizza le mani”.

In ambito assistenziale e in comunità, lavarsi le mani correttamente, con acqua e sapone per almeno 40-60 secondi, oppure, se non disponibili, igienizzarle con soluzione idroalcolica per almeno 20-30 secondi (fonte WHO), impedisce la trasmissione dei microrganismi responsabili di molte malattie infettive, dalle più frequenti, come l’influenza e il raffreddore, a quelle più severe, come le infezioni correlate all’assistenza (ICA).

Guarda i video:

Lavaggio delle mani con acqua e sapone 
Igiene delle mani con il gel idroalcolico

L’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria aderisce a questa giornata con un evento formativo per gli operatori dal titolo “Lotta alle infezioni correlate all’assistenza: la strategia di Negrar” (clicca qui per il programma) con lo scopo di rafforzare e responsabilizzare gli operatori sanitari a migliorare la prevenzione e il controllo delle infezioni assistenziali.

Come indicato a livello nazionale e internazionale, anche all’ospedale di Negrar opera un comitato multidisciplinare, il Comitato Infezioni Ospedaliere, che ha pianificato, coordinato e integrato nel tempo numerosi programmi di prevenzione e controllo della trasmissione di infezioni e di contrasto all’antibiotico-resistenza. Sono stati implementati programmi di sorveglianza delle infezioni ospedaliere e del consumo di terapia antibiotica, sistemi di segnalazione rapida dei microrganismi multiresistenti e cluster epidemici, protocolli diagnostico-terapeutici e attivazione di programmi di buon uso degli antibiotici, progetti di formazione sul campo.

 

 

 


"Dopo 50 anni lascio le corsie, ma continuerò a curare i bambini"

Il 31 marzo il dottor Antonio Deganello ha passato il testimone di direttore della Pediatria al dottor Paolo Bonetti.  Ventisei anni di primariato al “Sacro Cuore Don Calabria” e 50 anni di professione medica, che continuerà ad esercitare in libera professione. “Lascio al mio successore un reparto di eccellenza”.

Dr. Antonio Deganello

Lo scorso 31 marzo il dottor Antonio Deganello ha varcato per l’ultima volta come primario la porta della Pediatria, al quarto piano del “Sacro Cuore”, dopo 26 anni di servizio all’IRCCS di Negrar. Ma il giorno in cui il famoso chiodo lo vedrà appendere il camice bianco è ancora lontano: i bambini e la loro salute sono da 50 anni le sue grandi passioni professionali, che continuerà a coltivare nel suo studio privato.

Veronese, classe 1949, il dottor Deganello vanta tre specializzazioni: Pediatria, Gastroenterologia e Igiene e Medicina preventiva. Ha iniziato ad esercitare nel 1973 presso la Clinica pediatrica di Borgo Roma (Verona) che ha lasciato nel 1992 per assumere l’incarico di primario della Pediatria dell’Ospedale di Isola della Scala e di Villafranca. Nel 1997 è approdato a Negrar fino a quando ha passato il testimone al dottor Paolo Bonetti, dirigente medico della Terapia Intensiva pediatrica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona dal 2004.

L’ingresso della Pediatria al IV piano del “Sacro Cuore”
La pediatria? Un amore da sempre

“Quando ho iniziato l’Università nutrivo già un certo interesse per la pediatria – racconta – tanto che al quinto anno ho deciso di lavorare nel reparto dell’Ospedale di Borgo Trento, come era possibile 50 anni fa. Quando si è presentato il momento della specializzazione mi è sembrato naturale proseguire sulla stessa strada. Ho avuto la fortuna di avere due grandi maestri: il professor Dino Gaburro e il professor Giuseppe Zoppi”.

Cinquant’anni fa eravamo nella “preistoria” della medicina

Sono gli anni Settanta del secolo scorso, ma dai racconti del dottor Deganello si ha l’impressione di fare un viaggio in un’era preistorica, come lui definisce quell’epoca ridendo. Erano tempi in cui un medico si basava prevalentemente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Non avevano ancora inventato l’ecografia, la neuroradiologia, l’endoscopia e i test di laboratorio si contavano su poche dita…

Quelle biopsie gastriche sotto raggi X…

“A Verona siamo stati tra i primi ad interessarci di celiachia, ma le diagnosi non erano molte, perché non erano stati

La Patologia neonatale

ancora sviluppati test indicativi di laboratorio – racconta – Quando la clinica faceva emergere un sospetto effettuavamo la biopsia. L’esame endoscopico tuttavia non aveva nulla a che fare con quello di oggi. Introducevamo attraverso la bocca una capsula speciale (definita di Crosby Kugler) attaccata a un lungo tubo. Quando la capsula raggiungeva la sezione dello stomaco desiderata, si innescava una sorta di aspirazione che apriva la capsula da dove usciva un piccolo bisturi per biopsia. Il tutto avveniva sotto scopia (raggi X): ho smesso quando mi sono accorto che la mano destra, con cui tenevo il tubo, era diventata completamente glabra!”.

Le malattie infettive scomparse grazie ai vaccini e i nuovi virus

Lontani erano anche molti vaccini il cui avvento ha radicalmente cambiato l’ambito delle malattie infettive pediatriche. “Oggi sono del tutto scomparse o fortemente diminuite le malattie virali come il morbillo, la rosolia, alcune meningiti, la pertosse… – spiega -. Sono invece comparse patologie da virus che non si conoscevano come il West Nile virus, lo Zika e il Chikungunya… Durante l’anno accedono al nostro reparto diversi casi di bambini migranti arrivati in Italia per la prima volta o tornati dopo aver fatto visita ai parenti o bambini italiani andati in viaggio all’estero. Ricordo che la Pediatria di Negrar comprende anche un Centro per la salute del bambino adottato, tra i più accreditati in Italia, reso possibile grazie al grande lavoro del collega Giorgio Zavarise e alla collaborazione con il reparto di Malattie Infettive e Tropicali”.

La collaborazione tra reparti? Una caratteristica strutturale di questo ospedale

La collaborazione tra i vari reparti, sottolinea Deganello, “è una caratteristica strutturale di questo ospedale, improntata dall’amministrazione. E ha avuto la sua massima espressione durante le fasi acute della pandemia da Covid. Fortunatamente i bambini e gli adolescenti non hanno avuto gravi manifestazioni provocate dal Sars Cov2, così tre medici e altrettanti infermieri del mio reparto si sono resi disponibili volontariamente per dare supporto nei reparti Covid. La Pediatria è stata ricambiata dell’aiuto nel corso dell’emergenza Citrobacter che ha portato la chiusura dell’Ospedale della Donna e del Bambino di Verona. Al “Sacro Cuore Don Calabria” vi è stato un afflusso di bambini anche critici notevolmente superiore alla media, per rispondere al quale gli altri reparti ci hanno concesso posti letto ed attrezzature”.

Lascio al dottor Paolo Bonetti un reparto di eccellenza

Dottor Deganello, che reparto lascia al suo successore? “Una Pediatria che ha raggiunto livelli di eccellenza  innegabili, grazie al supporto dell’amministrazione e al lavoro di tutti i miei colleghi – risponde -. Il reparto, di 22 posti letto con Sezione di Patologia Neonatale, ricovera mediamente dai 1.600 ai 2mila pazienti pediatrici che vanno dagli zero ai 18 anni. L’anno scorso gli accessi diretti al Pronto Soccorso pediatrico sono stati circa 5mila. Nel 2018 abbiamo ottenuto il riconoscimento Unicef di Ospedale Amico dei Bambini che ha richiesto un percorso di sei anni da parte di un’ottantina di persone di reparti e servizi diversi. E’ stato un lavoro complesso, ma che mi ha reso particolarmente orgoglioso perché ci ha permesso di uniformare la metodologia operativa nella cura dei piccoli pazienti. Direi che in questi 26 anni non mi sono fatto mancato nulla – conclude – grandi soddisfazioni, tanto lavoro e pure due epidemie. Ora lascio l’Ospedale, ma per lasciare la pediatria c’è ancora tempo e tanto entusiasmo”.

Nella foto da sinistra: il dottor Antonio Deganello e il dottor Paolo Bonetti
(foto Luigi Pecora)

 

 

 

 


Pedana o cicloergometro: ecco come funziona il test che mette il cuore sotto sforzo

Il test ergometrico, noto anche come “prova da sforzo”, è l’esame che permette di valutare il comportamento del cuore durante uno sforzo fisico. In pratica si tratta di un elettrocardiogramma eseguito mentre il paziente si sottopone ad un esercizio intenso, pedalando su un cicloergometro opportunamente adattato o camminando su una pedana a velocità crescente.

Lo scopo principale del test è valutare eventuali anomalie che non sarebbero visibili con il cuore a riposo, ad esempio nel ritmo dei battiti, nella pressione arteriosa e nel comportamento delle arterie coronarie.

Ma come si svolge esattamente il test? Qual è il tipo di sforzo richiesto e quale la preparazione necessaria? Che differenza c’è tra cicloergometro e pedana? Per chi è indicato e quali sono i preziosi dati che il medico può ricavare da questo esame?

Nel video qui sotto, il cardiologo Francesco Castagna risponde a queste e altre domande, mostrando come avviene l’esecuzione del test nell’ambulatorio di ergometria presso la Cardiologia del Sacro Cuore, diretta dal dottor Giulio Molon.


Pubblicati i risultati della prima ricerca realizzata grazie alle donazioni del 5xmille

Si tratta di una ricerca effettuata in Ecuador dal Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e microbiologia al fine di verificare l’accuratezza e l’applicabilità in contesti a risorse limitate di alcuni test attualmente disponibili per la diagnosi della strongiloidosi, per la quale l’IRCCS di Negrar è centro colloboratore dell’Oms. Lo studio è stato infatti possibile grazie ai quasi 95mila euro donati dai cittadini attraverso la Dichiarazione dei Redditi del 2019. (clicca qui)

E’ stato pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Global Health il primo studio finanziato con le donazioni del 5xmille a favore della Ricerca Sanitaria dell’IRCCS Sacro Cuore Don Calabria. “The Estrella study” (Evaluation of Strongyloidiasis in Ecuador: a field Laboratory Accuracy study) è stato infatti possibile grazie ai quasi 95mila euro donati dai cittadini attraverso la Dichiarazione dei Redditi del 2019. (clicca qui)

Si tratta di una ricerca effettuata in Ecuador dal Dipartimento di Malattie infettive e tropicali e microbiologia al fine di verificare l’accuratezza e l’applicabilità in contesti a risorse limitate di alcuni test attualmente disponibili per la diagnosi della strongiloidosi, per la quale l’IRCCS di Negrar è centro colloboratore dell’Oms. Si stima che colpisca in tutto il mondo oltre 600 milioni di persone, appartenenti soprattutto a comunità svantaggiate in aree tropicali e subtropicali.

Allo studio hanno collaborato l’Università Centrale di Quito e il CECOMET (Centro de Epidemiologia Comunitaria y Medicina Tropical), un’istituzione privata senza fini di lucro che opera nel Paese sudamericano dal 1996 occupandosi di attività di ricerca e formazione in epidemiologia comunitaria, alla cui fondazione ha contribuito anche la dottoressa Mariella Anselmi, medico dell’Ospedale di Negrar dal 1998 al 2010. Mentre uno dei soci fondatori del CECOMET è stata la Fondazione Don Calabria per le Malattie Tropicali.

Per il “Sacro Cuore Don Calabria” la ricerca “sul campo” il Ecuador è stata condotta dalla dottoressa Francesca Tamarozzi, che nel settembre 2021 ha operato per tre settimane nella zona di San Lorenzo, al confine con la Colombia.

Dr.ssa Francesca Tamarozzi

Dottoressa Tamarozzi, da dove nasce l’idea di questo studio?

L’Organizzazione mondiale della sanità si è recentemente impegnata a promuovere il controllo della strongiloidosi nei Paesi endemici, con l’obiettivo di stabilire entro il 2030 efficaci programmi di controllo dell’infezione nei bambini in età scolare, tramite la somministrazione del farmaco ivermectina. Ricordiamo che la strongiloidosi è causata da un geoelminta Strongyloides stercoralis, con cui l’uomo può venire in contatto toccando o camminando a piedi nudi su terreno inquinato da feci umane. L’infezione cronica è asintomatica o si manifesta con disturbi respiratori, gastrointestinali, dermatologici, malnutrizione, anemia ed eosinofilia (aumento di un tipo di globuli bianchi nel sangue ndr). Tuttavia nei pazienti immunodepressi, anche a causa di una terapia con cortisone, può causare una sindrome ad elevato tasso di mortalità. Da qui l’obiettivo dell’OMS. Obiettivo che però richiede strumenti diagnostici appropriati quando invece al momento non esiste un test gold standard per la diagnosi della strongiloidosi e ciò limita la capacità di sorveglianza e di controllo dell’infezione.

I test diagnostici sono proprio il “cuore” del vostro studio…

Lo scopo di questo progetto era infatti quello di fornire informazioni sull’accuratezza diagnostica e l’applicabilità “sul campo” di diversi metodi diagnostici, in quanto l’attenzione dell’OMS si focalizza soprattutto su Paesi in via di sviluppo, dove si concentra la maggior parte dei casi di infezione.

Come si è sviluppato lo studio?

I test rapidi usati

Uno dei bambini arruolati per lo studio

I bambini arruolati sono stati 778. Tutti hanno fornito un campione di feci e una piccola quantità di sangue tramite la puntura di un dito. Una parte del sangue è stata usata immediatamente per l’esecuzione di un test rapido (simile a un test di gravidanza), l’altra è stata raccolta su carta filtro ed essiccata all’aria per l’esecuzione di due test sierologici di laboratorio effettuati dall’Università locale. Entrambi i test sono disponibili in commercio: uno è usato di routine da numerosi laboratori, tra cui quello di Negrar;  l’altro solo a scopo di ricerca.
Lo stesso è accaduto per il campione di feci: una parte è stata utilizzata per un test parassitologico (“Baermann modificato”), riguardo al quale ho contribuito all’esecuzione e alla lettura per la prima metà dei campioni, formando gli operatori locali affinché lo applicassero alla seconda metà. L’altra parte del campione fornito dal bambino è stata conservata in alcol e poi sottoposta a un test di biologia molecolare (PCR) eseguito sempre dall’ateneo di Quito.

Quali risultati avete ottenuto?

I campioni di sangue fatti essicare all’aria

La combinazione di un esame di laboratorio sul sangue, in particolare del test commerciale, associato a un test fecale è risultata la migliore in termini di capacità di definire la prevalenza di strongiloidosi nella popolazione scolastica considerata, che è risultata di circa il 10% in questa zona. Abbiamo tuttavia riscontrato problemi relativi alla fattibilità di alcuni test nel luogo in cui eravamo: lo smaltimento della plastica per Baermann e test rapido, il tempo molto lungo richiesto per eseguire e leggere il Baermann, la difficoltà a reperire alcuni reagenti per la PCR ed i loro costi a livello locale.

I bambini infetti sono stati trattati?

Sono stati trattati con ivermectina tutti i bambini che sono risultati positivi ad almeno un test, quindi prima di aver stabilito quale fosse il test più affidabile. Abbiamo agito in base al principio di precauzione, anche alla luce del fatto che il farmaco è ben tollerato e non provoca effetti collaterali importanti. I veri programmi di prevenzione non si basano però su questo principio. Testare una comunità non ha come obiettivo quello di sapere chi tra i suoi membri è affetto o meno dalla patologia, ma conoscere se la malattia è presente sopra o sotto una determinata soglia. Risultato che determina l’avvio o meno della terapia per tutti i membri della comunità, anche per quelli ‘sani’. In questo studio la soglia non è stata fissata, perché per farlo l’OMS avrà appunto bisogno di essere in possesso dei dati di sensibilità di ciascun test, o della combinazione di test, che noi abbiamo fornito.

Oggi la strongiloidosi è diffusa soprattutto nei Paesi tropicali e subtropicali, ma un tempo era presente anche in Italia, in particolare nella Pianura Padana, infatti era conosciuta come la malattia delle mondine…

L’infezione cronica autoctona in Italia è ancora presente, ma in soggetti anziani che erano abituati a camminare da bambini a piedi nudi o in giovane età a lavorare su terreno concimato da feci umane. Da quando questa procedura è stata vietata intorno agli anni Settanta per ovvi motivi igienici, le nuove infezioni sono scomparse o ridotte drasticamente, ma persistono quelle croniche in persone in età avanzata. Il problema della strongiloidosi sono le sue manifestazioni che sono totalmente aspecifiche. Il nostro Dipartimento ha condotto una review sistematica della Letteratura scientifica per cercare di capire quali fossero i sintomi più direttamente associati all’infezione, che ha confermato questo scenario: i sintomi associati alla strogiloidosi sono causati anche da molte altre condizioni, il che complica la diagnosti differenziale. Lo stesso aumento degli eosinofili nel sangue, che rappresenta uno sei segni tipici di infezione parassitaria con elminti, non è presente nel 50% dei casi. A questo si aggiunge il fatto che la strongiloidosi è una malattia negletta, poco conosciuta anche da molti clinici, per cui difficilmente il prurito o i dolori addominali in un anziano portano all’inclusione di questa infezione all’interno di una diagnosi differenziale. Questo comporta il rischio che nel caso di immunodepressione, anche dovuta a una terapia cortisonica, l’infezione diventi disseminata (diffusa) e porti ad esiti letali.  In Sudamerica questa possibilità è notevolmente più elevata in quanto è diffuso il virus HTLV-1 (Virus Umano Linfotropo delle Cellule T), che è un fattore di rischio dell’aggravamento dell’infezione. Quindi diventa fondamentale stabilire quali sono gli strumenti diagnostici efficaci per consentire il controllo dell’infezione anche nelle aree più disagiate.

 

 

 


Tutto ciò che c'è da sapere sul nuovo corso di Laurea magistrale in Farmacia

Ha preso forma il Corso di Laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia. Ora si attendono le date ufficiali della prova obbligatoria di ammissione (TOLC). Dopo una prima presentazione alle possibili matricole, il ciclo di studi sarà illustrato anche durante l’Open Week dell’Università di Verona dall’8 al 17 maggio. A questo link tutte le informazioni relative alle novità rispetto ai corsi di laurea in Farmacia stradizionali e agli bocchi lavorativi di un titolo magistrale che abilita alla professione

Manca ancora l’approvazione formale del ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione dell’Università e della Ricerca) e poi il nuovo Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico, nato dall’accordo tra l’Università di Verona e l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria, avrà tutte le carte in regola per iniziare già dal prossimo anno accademico.

Il Corso è ad accesso programmato (60 posti) e prevede una prova obbligatoria di ammissione (TOLC), le cui date non sono state ancora ufficializzate. E’ possibile trovare le informazioni a questo link.

Inoltre dall’8 al 17 maggio si terrà l’edizione primaverile dell’Open Week dove vengono presentate tutte le offerte formative dell’Ateneo scaligero, tra cui il ciclo di studi quinquennale in Farmacia.

Una prima presentazione alle possiibili future matricole si è svolta tuttavia giovedì 20 aprile, durante la quale sono state illustrate le caratteristiche del nuovo ciclo di studi e i possibili sbocchi professionali.

Al microfono si sono susseguiti non solo i vertici dell’Università e dell’IRCCS di Negrar – rispettivamente il direttore generale, Federico Gallo, e l’amministratore delegato, Mario Piccinini – , ma anche coloro che ogni giorno svolgono la professione del farmacista, tra cui, per il “Sacro Cuore Don Calabria”, Giancarlo Gorgoni, direttore della Radiofarmacia, e Teresa Zuppini, direttore della Farmacia Ospedaliera.

Era presente anche l’Ordine dei Farmacisti di Verona (con il presidente Federico Realdon) il cui apporto è fondamentale per la realizzazione del progetto non solo per gli aspetti didattici, ma soprattutto perché il titolo magistrale abilita alla professione.

A Cristiano Chiamulera, docente di Farmacologia del Dipartimento di Diagnostica e Sanità Pubblica e referente del corso, è spettato il compito di illustrare gli obiettivi dei 5 anni di insegnamento che esordiranno a Verona, nelle strutture Universitarie, nell’ottobre del 2023, mentre a partire dall’anno successivo le lezioni si svolgeranno in una nuova palazzina collocata nell’area della Cittadella della Carità di Negrar, accanto all’ospedale. Palazzina che sarà dotata di aule didattiche e di studio, oltre che di laboratori.

A questo link le slide l’intervento del professor Chiamulera che contengono tutti contenuti del corso: l’innovazione che lo contraddistingue, gli obiettivi e gli sbocchi professionali. Inoltre vengono spiegati i criteri di accesso e di iscrizione.

 

 

 


35 anni fa don Calabria veniva proclamato Beato da papa Giovanni Paolo II

Il 18 aprile 1999, 24 anni fa, don Calabria veniva proclamato santo da papa Giovanni Paolo II. Esattamente 11 anni prima, il 17 aprile 1988, il fondatore dell’Opera era stato beatificato con una solenne celebrazione allo stadio Bentegodi di Verona, sempre da papa Wojtyla che in quei giorni era in viaggio apostolico nella diocesi scaligera.

Proprio quel giorno si svolse anche la storica visita del Pontefice all’ospedale Sacro Cuore di Negrar, dove incontrò gli ammalati, i religiosi, le religiose e gli operatori sanitari per una memorabile visita (vedi le immagini e i dettagli della visita a Negrar)

Nel video qui sotto due religiosi dell’Opera, fratel Mario Bonora (per 24 anni presidente dell’ospedale) e fratel Mario Grigolini, ricordano con emozione quelle giornate e in particolare la celebrazione che si svolse allo stadio gremito in ogni ordine di posti.

Alcune foto della storica visita di Giovanni Paolo II al “Sacro Cuore”


Gli operatori di Oculistica "nei panni di..." ipovedenti e non vedenti

Cinquanta operatori dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica per quattro ore si sono messi “nei panni di…” al fine di apprendere le tecniche di accompagnamento e di comunicazione necessarie per approcciarsi nel modo migliore con i pazienti ipovedenti e ciechi. Il corso è stato tenuto da due insegnanti d’eccezione: Fabio Lotti e Marco Andreoli del Progetto Yeah, ramo della cooperativa sociale QUID

Accompagnare una persona con disabilità visiva all’interno di un ospedale non consiste semplicemente “prenderla sottobraccio”, ma mettersi “nei panni di…”, come recita il titolo dell’innovativo percorso di aggiornamento professionale a cui hanno partecipato nelle scorse settimane gli operatori sanitari dell’Unità Operativa Complessa di Oculistica dell’IRCCS di Negrar, diretta dalla dottoressa Grazia Pertile.

Cinque incontri a cui hanno aderito in totale 50 persone, tra infermieri, operatori socio-sanitari ed ortottisti, impegnati per quattro ore in una full immersion nel mondo delle persone non vedenti e ipovedenti. Infatti oltre alla parte teorica, il corso prevedeva anche una dimostrazione pratica con i corsisti che a turno si alternavano nel ruolo dell’accompagnatore e in quello dell’accompagnato, bendato con apposite mascherine.

Anima e docenti del corso sono Fabio Lotti e Marco Andreoli, entrambi disabili visivi, fondatori del Progetto Yeah, della Cooperativa sociale Quid, che si occupa di inclusione a favore di chi è affetto da disabilità di tutti i tipi, offrendo attività di consulenza, progettazione e formazione.

“Supportare in maniera adeguata una persona non vedente o ipovedente durante la sua breve o lunga presenza in ospedale non è così scontato”, afferma la dottoressa Pertile. “Paradossalmente è meno complesso l’approccio con un paziente cieco rispetto a un ipovedente, riguardo al quale è difficile comprendere cosa riesca a fare autonomamente e in cosa invece necessita di aiuto. Ci sono inoltre le persone che prima del ricovero vedevano e che poi, a causa per esempio del distacco della retina dell’unico occhio sano, si trovano improvvisamente a non vedere nulla. Di solito si tratta di una condizione temporanea che comporta comunque la gestione, anche psicologica, di questa grave disabilità”.

In tutti questi casi è importante che l’operatore sia sufficientemente informato e conosca le tecniche di accompagnamento, “ma anche sia dotato di una certa empatia, affinché sia in grado di supportare senza però mettere la persona disabile in una condizione di sentirsi umiliata o avere difficoltà a chiedere aiuto. Il corso simulando la condizione di chi deve affrontare le attività quotidiane senza il supporto della vista è un mezzo efficace per mettersi nei panni dei non vedenti ed è di particolare aiuto per i più giovani e coloro che da poco sono stati assegnati al reparto”, sottolinea il primario.

L’errore più comune che viene fatto è quello di voler guidare i movimenti di un non vedente con le logiche spazio-temporali di chi vede”, spiega Lotti. Per esempio tenere la persona sottobraccio senza considerare lo spazio attorno, si rischia che al primo ostacolo, come lo stipite di una porta, lo si porti a sbattere. “Esistono invece delle tecniche specifiche universalmente riconosciute che se vengono apprese permettono di mettere a proprio agio i non vedenti o gli ipovedenti. Corsi simili sono già stati effettuati anche nelle Università, nelle scuole e nell’ambito dei trasporti. Il corso che si è svolto all’ospedale di Negrar è stato presentato al congresso nazionale Prisma della riabilitazione visiva che si è tenuto il 17 il 18 marzo a Firenze”.

Nella foto di copertina: da snistra la dottoressa Grazia Pertile,. Fabio Lotti e Marco Andreoli, Stefano Zullo e Roberta Foladori, rispettivamente coordinatore infermieristico del Reparto e del Servizio di Oculistica

Sotto il servizio del tg di Telearena


"Uniti nella ricerca più forti nella cura": come destinare il 5xmille a favore dell'IRCCS Sacro Cuore

Con l’inizio della compilazione della Dichiarazione dei redditi, riprende la nostra campagna “Uniti nella ricerca, più forti nella cura” per la donazione del 5xmille a favore della Ricerca Sanitaria dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di cui sopra riportiamo lo spot promozionale.

Per avere  informazioni su come destinare il 5xmille al “Sacro Cuore Don Calabria” è disponibile anche il sito 5xmille.sacrocuore.it che quest’anno ha una nuova veste grafica e si è arricchito di ulteriori contenuti. Qui potete trovare anche i progetti di ricerca che sono stati sviluppati grazie alla raccolta fondi 5xmille del 2019 e del 2020.

Donare il 5xmille è molto semplice. E’ sufficiente porre la firma nel riquadro “Finanziamento della Ricerca Sanitaria” della Dichiarazione dei redditi, specificando il codice fiscale 00280090234 – IRCCS Sacro Cuore Don Calabria

La scelta per il 5xmille non comporta aggravio sulle imposte del contribuente, non rappresenta un’alternativa a quella per l’8xmille ed è un gesto che si concretizza, se indirizzato a un IRCCS come il nostro, nello sviluppo di nuove terapie e di nuovi strumenti diagnostici a vantaggio dei pazienti affetti da varie patologie.

Hanno collaborato: Elena Zuppini/Matteo Cavejari (Ufficio stampa IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria)


"Buona Pasqua di vero cuore a tutta la Famiglia Calabriana!"

“Il contrario della morte non è la vita, ma è l’amore! Compiamo opere di amore tra di noi e con le anime a noi affidate e vedrete che la luce del Mattino di Pasqua entrerà anche nelle nostre case, nelle vite, nelle comunità”.

E’ in queste parole il cuore del messaggio che il Casante don Massimiliano Parrella rivolge a tutta la Famiglia Calabriana per questa Pasqua 2023, direttamente da quella che un tempo fu la stanza di San Giovanni Calabria. Un pensiero di incoraggiamento e di speranza, riportato nel video qui sotto, che facciamo nostro per augurare una serena Pasqua di Risurrezione a tutti coloro che collaborano con il nostro ospedale, agli ammalati e alle loro famiglie.


Il 20 aprile a Verona la presentazione del nuovo corso di laurea magistrale in Farmacia

SAVE THE DATE: Giovedì 20 aprile dalle 15 alle 17, all’Università di Verona si terrà la presentazione del nuovo corso di laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia che partirà il prossimo anno accademico nelle sedi dell’ateneo scaligero per poi spostarsi nell’ottobre del 2024 nella nuova struttura all’interno della Cittadella della Carità di Negrar

Giovedì 20 aprile avrà luogo la presentazione del nuovo corso di laurea magistrale a ciclo unico in Farmacia, nato dalla collaborazione tra Università di Verona e IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria  (vedi articolo). Durante l’iniziativa saranno presentati gli aspetti innovativi del corso e gli sbocchi professionali.  Tra i relatori anche il dottor Giancarlo Gorgoni e della dottoressa Teresa Zuppini, rispettivamente direttore dell’Officina Radiofarmaceutica e della Farmacia ospedaliera dell’IRCCS di Negrar

L’appuntamento è al Polo Zanotto, Viale dell’Università di Verona, 4. Dalle ore 15 alle ore 17

Guarda l’intervista del prof. Cristiano Chiamulera, referente del Corso: https://www.univr.it/it/iniziative/-/evento/10925